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La leggenda metropolitana del braccio alzato del Rio de la Plata nella Fontana dei Fiumi


Non si sa da quanto tempo, ma esiste una leggenda metropolitana relativa alla Fontana dei Quattro Fiumi che Gian Lorenzo Bernini realizzò tra il 1648 ed il 1651 in Piazza Navona, nel Rione Parione. Nello specifico ne è protagonista la statua che personifica il Rio de la Plata, disegnata dal Bernini e fisicamente realizzata dal suo allievo Francesco Baratta.
La figura che rappresenta il fiume, infatti, è rivolta verso la Chiesa di Sant'Agnese in Agone e tiene il braccio sinistro alzato verso di essa. Questa leggenda metropolitana vuole che il Bernini abbia voluto manifestare attraverso questa posa del fiume, che la Chiesa prospiciente, realizzata dal suo rivale Francesco Borromini, potesse crollare, come forma di spregio verso le abilità tecniche dell'architetto italo-svizzero.


La leggenda metropolitana è suggestiva e pone l'accento sulla celebre rivalità tra i due artisti, ma in realtà risulta essere falsa, tuttavia, complice la posa della statua, si è tramandata negli anni, tanto da essere considerata valida da molte persone. 
La Chiesa di Sant'Agnese in Agone, infatti, fu realizzata dal Borromini a partire dal 1652, e quando il Bernini realizzò la Fontana dei Quattro Fiumi essa ancora non esisteva. L'artista napoletano di origine toscana non poté dunque mandare in alcun modo segni di spregio al Borromini facendo alzare ad una statua un braccio.
Come numerose leggende metropolitane, tuttavia, questa ha un fondo di verità, che va ben oltre la semplice rivalità artistica tra i due artisti, assoluti protagonisti della scena barocca, attivi entrambi a Roma, ma al tempo stesso così diversi sia caratterialmente che a livello artistico.
Intanto, rimanendo sul luogo strettamente legato a questa leggenda, va detto che Papa Innocenzo X Pamphilj, che preferiva decisamente il Borromini al Bernini, quest'ultimo protetto dal suo predecessore Urbano VIII Barberini ed inizialmente emarginato dal nuovo Pontefice, aveva dato allo scultore italo-svizzero l'incarico di progettare la fontana.
Il Borromini, innovatore ed austero al tempo stesso, aveva presentato un progetto decisamente meno scenografico per la sistemazione dell'obelisco e la fontana in mezzo alla Piazza, che dopo la costruzione del grande palazzo di famiglia dei Pamphilj stava diventando quasi un monumentale cortile di corte della nobile famiglia.
La tradizione vuole che il Bernini fosse riuscito ad ottenere la commissione e rientrare nelle simpatie dei Pamphilj attraverso un espediente particolarmente astuto. L'artista avrebbe infatti fatto pervenire una copia in argento alta un metro e mezzo del progetto della fontana presso Donna Olimpia Maidalchini, influente cognata del Papa, riuscendo a convincere entrambi riguardo la validità del progetto, che approvarono e fecero realizzare.
Oltre a questo duello artistico tra i due per la commissione della Fontana dei Fiumi, c'è un altro elemento che ha sicuramente influito sulla nascita di questa leggenda metropolitana.
Gian Lorenzo Bernini, come una targa ed un busto ancora oggi ricordano, ebbe casa in Via della Mercede, di fronte al Palazzo di Propaganda Fide. Questo edificio, iniziato sotto Papa Urbano VIII Barberini, fu un altro teatro delle contese artistiche dei due grandi esponenti del barocco. Se il Pontefice toscano, grande protettore del Bernini, aveva dato a quest'ultimo l'incarico per la costruzione del palazzo, il suo successore Innocenzo X Pamphilj volle rimpiazzarlo col Borromini.
L'artista svizzero volle dileggiare il rivale scolpendo un paio di orecchie d'asino sulla facciata del palazzo proprio di fronte alle finestre del Bernini. Quest'ultimo non desistette dal rispondere al collega, e decise di scolpire sui mensoloni che reggono il tetto del suo palazzo un pene.
Queste testimonianze furono purtroppo rimosse per motivi di pudore, cosa che non ci dà prova che si tratti di una storia veritiera e non di un'altra leggenda metropolitana. Tuttavia non è da escludere che la leggenda metropolitana sulla Fonana dei Fiumi altro non sia che la versione "censurata" e pudica della storia delle orecchie d'asino e del fallo.

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