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I danni del bombardamento di Porta Pia


Il 20 settembre 1870 durante l'assalto di Roma Porta Pia fu colpita da duri cannoneggiamenti da parte delle artiglierie dell'esercito Italiano.
Gli zuavi Pontifici guidati dal Generale Kanzler avevano realizzato una batteria difensiva di artiglieria davanti alla porta, che alloggiava due cannoni lisci di bronzo da campagna.
Con l'inizio del cannoneggiamento Italiano, all'alba, la batteria pontificia fu colpita in parte dalle batterie posizionate dietro Villa Macciolini, in patre da quattro cannoni posti lungo la Via Nomentana, che poi avanzarono fino a Villa Torlonia. La batteria rispose al fuoco bersagliandone le artiglierie, ma non era facile per gli zuavi manovrare i pezzi perché erano continuamente travolti dalle scheggie delle mura in frantumi.
Molte palle di cannone e molte granate danneggiarono la retrostante porta, completata da Virginio Vespignani appena nel 1869 per volontà di Pio IX.

Lo stato della porta e della breccia il 20 settembre 1870
Il bombardamento terminò alle dieci di mattina, quando dal pennone della porta fu ammainata la bandiera Pontificia e issata quella bianca.


I danni a Porta Pia furono molteplici: gli angoli del fornice furono molto deteriorati, le due colonne e i capitelli accanto al portone d'ingresso furono scheggiati, il pilastro della colonna destra fu completamente danneggiato. Le due statue di Sant'Agnese e Sant'Alessandro vennero decapitate, e una perse la mano, il timpano distrutto nella parte sommitale, mentre l'iscrizione dell'attico fu colpita ed era annerita dal fumo dei cannoni.


L'immagine della Madonna con bambino realizzata in mosaico e posta sul retro del coronamento della facciata michelangiolesca fu colpita da tre palle di cannone che fortunatamente risparmiarono la Vergine.
Anche le mura adiacenti alla porta erano crivellate dai colpi, e alcuni merli furono distrutti.



Dopo i bombardamenti, alle 10.00 partì l'attacco a Porta Pia da parte del 39° reggimento di fanteria e del 40° reggimento fanteria, guidato dal tenente Valenzani, al comando del Generale Angelino, che superarono la batteria d'artiglieria ed entrarono a Roma attraverso Porta Pia. Il tenente Valenzani, giunto sotto la porta, fu colpito mortalmente alla testa, e il patriota Nino Costa, che partecipava all'assalto, appoggiò il corpo esanime a un pilastro della porta.

L'assalto del 39° e 40° reggimento di fanteria a Porta Pia

Edmondo De Amicis, ufficiale dell'Esercito Italiano, così scrisse nel libro Le tre Capitali: "La Porta Pia era tutta sfracellata; la sola Immagine della Madonna, che le sorge dietro, era rimasta intatta; le statue a destra e a sinistra non avevano più testa; il suolo intorno era sparso di mucchi di terra; di materasse fumanti, di berretti di Zuavi, d'armi, di travi, di sassi."

Negli anni ottanta dell'Ottocento la porta fu restaurata sostituendo le parti danneggiate. Le due statue di Sant'Agnese e Sant'Alessandro rimasero per anni nei magazzini della Basilica di San Paolo e furono reintegrate e ricollocate solamente nel 1929, dopo la stipula dei Patti Lateranensi.

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