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Villa Maraini




Villa Maraini è situata tra le Vie Ludovisi, Cadore e Liguria, con ingresso in Via Ludovisi n. 48, oggi ospita l'Istituto Svizzero, è ubicata nel Rione Ludovisi.
La villa venne costruita dall'architetto ticinese Otto Maraini, autore dell'Hotel Excelsior, per il fratello e parlamentare Onorevole Emilio Maraini (1863-1944), imprenditore che aveva impiantato a Rieti un importante zuccherificio, e poi ne aveva costruiti altri in tutta Italia.

Villa Maraini appena costruita nel 1905 (foto Istituto Svizzero)

Emilio scelse come luogo per costruire la propria residenza il lotto di terreno di Villa Ludovisi posto vicino alla Chiesa di Sant'Isidoro, all'epoca privo di costruzioni e usato come discarica di materiali da costruzione.
Otto progettò e realizzò tra il 1903 e il 1905 una monumentale villa in stile eclettico, con forti richiami al barocco.


La villa sorge al culmine della collina e si sviluppa su tre piani, le facciate sono decorate da un bugnato al piano interrato, bugnati angolari, finestre architravate al primo piano e al secondo, in quest'ultimo il timpano delle finestre è spezzato e contiene una nicchia con un busto, l'attico è occupato da una balaustra sui cui pilastrini sono posti dei vasi decorati.


La facciata principale è orientata ad Ovest, ed è dotata di un portico d'ingresso su colonne corinzie, preceduto da una scalinata con balaustra, un avancorpo pentagonale ad arcate su colonne, il giardino d'inverno, a destra, e la grande torre belvedere a sinistra, che termina in una loggia a tre archi su colonne binate, sopra alla quale si trova il terrazzo panoramico, con balaustre, vasi angolari e un'elaborata asta segnavento centrale. Al primo piano un'ampia serliana su colonne ioniche conduce al terrazzo sopra al portico, con parapetto a balaustra.


Le facciate laterali sono occupate invece da bow windows di due piani, inquadrati da lesene e partiti da cariatidi.
Gli interni sono magnificamente decorati di marmi preziosi, stucchi elaborati e decorazioni ad affresco, purtroppo si sono perse tutte le sete originali e parte degli stucchi, nonchè gli arazzi appesi alle pareti.




Un grande scalone monumentale con colonne in marmo sormontate da capitelli ionici e corinzi, decorato alle pareti da lesene in marmo, e soffitti in stucco, conduce ai piani superiori, un'ampia finestra a serliana lo illumina, mentre la scala è dotata di una balaustra in marmo pavonazzo dei Pirenei costituita da volute intrecciate fra loro in breccia di Seravezza.


Il salone da ballo è decorato con un grande affresco di Giovanni Capranesi, purtroppo ha perso gran parte delle decorazioni originali, sia gli stucchi barocchi che incorniciavano l'affresco, che le cariatidi su lesene poste sulle pareti, gli arazzi, gli specchi alle pareti e gli ovali dipinti nei sopraporte. Alla parete è appeso il bel ritratto di Giovanni Boldini della padrona di casa Carolina Maraini Sommaruga.

Il salone principale con gli opulenti stucchi oggi perduti

Inoltre sono presenti il giardino d'inverno, posto nell'avancorpo pentagonale, il salottino delle signore, in stile luigi XVI e la sala da pranzo, decorata da importanti stucchi e da tre arcate su colonne binate ioniche, in origine dotata di un grande arazzo di Bruxelles sulla parete. Oggi quì è posto il ritratto che Giovanni Boldini fece ad Emilio Maraini, in origine appeso nel fumoir.

Le colonne ioniche della sala da pranzo, dietro si vede il ritratto di Emilio Maraini di Boldini

La sala da gioco è dotata di un soffitto a cassettoni, in origine bianco e oro e poi trasformato negli anni trenta come lo vediamo oggi, il fumoir è stato completamente modificato negli anni sessanta e oggi rimane solo parte del pavimento.

La sala da gioco nel suo aspetto originale (foto Istituto Svizzero)

Il soffitto a cassettoni ottagonali della sala da gioco 

Nel 1947 la vedova Carolina Maraini Sommaruga donò la residenza alla Confederazione Svizzera, per farne la sede dell'Istituto Svizzero di Cultura, che fu quì aperto nel 1949.
Dalla torre belvedere si gode un magnifico panorama sulla città di Roma.

Il fumoir oggi distrutto (foto Istituto Svizzero)


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