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Fontana di Trevi

Fontana di Trevi

La Fontana di Trevi si trova in Piazza di Trevi, nel Rione Trevi, ed è senza dubbio uno dei monumenti più noti e riconoscibili di Roma. Per quanto l'aspetto che rende questo luogo famoso in tutto il mondo risalga al XVIII Secolo, le origini della fontana sono ben più antiche e affondano le radici all'età dell'Imperatore Augusto, quando venne restaurato l'acquedotto dell'Aqua Virgo portando così l'acqua dal bacino di Salone al Campo Marzio, per alimentare tra le altre cose le Terme di Agrippa, realizzate per volontà del genero dell'Imperatore Augusto, Marco Vipsanio Agrippa.
Dopo l'assedio dei Goti di Vitige del 537, l'Acquedotto Vergine rimase in funzione durante tutto il Medioevo con una portata ridotta rispetto ai secoli precedenti a causa dei danni subiti durante l'evento bellico. Tale acquedotto, pur con numerose modifiche nel percorso e negli allacci, è l'unico a Roma a essere rimasto ininterrottamente funzionante dall'epoca di Augusto fino ai giorni nostri, in cui continua a rifornire d'acqua la città.
L'acquedotto aveva come punto terminale a Roma l'area del Quirinale, in modo particolare l'area del Trivium, il cuore del Rione Trevi. Fu proprio qui, nella Piazza di Trevi, che all'inizio del XV Secolo venne realizzata la prima fontana di Trevi: tre bocche che riversavano acqua in tre distinte vasche, un'opera di cui si ha la prima menzione nel 1410. Tale fontana non durò molto, perché già nel 1453 Papa Nicolò V Parentucelli (1447-1555) incaricò Leon Battista Alberti di sostituire le tre vasche con un'unica grande vasca cui si versava acqua da una parete bugnata. Una targa ricordava il ruolo del Pontefice nella realizzazione della fontana.
Nel 1570 Papa San Pio V Ghislieri (1566-1572) realizzò altri piccoli interventi, riallacciando tra le altre cose la fontana alle sorgenti originarie.
Fontana Trevi 1660
Il precedente aspetto di Fontana di Trevi in un'incisione di Giovanni Battista Falda del 1660
 
Nel XVII Secolo si iniziò a pensare a rifare la fontana in nuove forme. Papa Urbano VIII Barberini (1623-1644), che aveva molto a cuore il Rione Trevi in cui si trovava il palazzo della sua famiglia, incaricò Gian Lorenzo Bernini di ripensare completamente lo spazio, che sarebbe dovuto diventare una piazza scenografica con una grande fontana, un'ideale luogo di raccordo tra il vicino Palazzo del Quirinale, all'epoca residenza del Papa, e il Palazzo Barberini, all'epoca in costruzione. Qualcosa di simile a ciò che sarebbe avvenuto poco dopo in Piazza Navona, dove il successore di Urbano VIII, Papa Innocenzo X Pamphilj (1644-1655), volle rendere scenografica la piazza rifacendo il palazzo di famiglia, la Chiesa di Sant'Agnese in Agone e realizzando la Fontana dei Fiumi. Fu però proprio la morte di Urbano VIII e il nuovo progetto del suo successore che portarono alla mancata realizzazione della Fontana di Trevi in forme barocche.
Un po' diversa fu invece l'idea di Papa Alessandro VII Chigi, che nel 1666 pensò nuovamente alla possibilità di realizzare una mostra monumentale per l'Acquedotto Vergine senza tuttavia immaginare un rifacimento della Fontana di Trevi, ma individuando un'altra piazza, immaginando prima Piazza Colonna, di fronte al palazzo della sua famiglia, ma preferendogli poi Piazza Santi Apostoli, e incaricò dei lavori Pietro da Cortona. Lavori che tuttavia non ebbero mai inizio.
La questione, tuttavia, venne ripresa alcuni decenni dopo da Papa Clemente XI Albani (1700-1721), che incaricò Carlo Fontana prima e Bernardo Castelli (nipote di Francesco Borromini) poi di realizzare specifici progetti per la fontana e la piazza.
Il progetto di Fontana prevedeva un obelisco posto su un gruppo di rocce, una decorazione molto simile alla Fontana dei Fiumi di Piazza Navona del Bernini, e simile anche al progetto del Castelli, che prevedeva però una colonna al posto dell'obelisco e una scala a spirale.
Tuttavia, col passare del tempo la realizzazione della Fontana di Trevi sembrava farsi sempre più complicata, soprattutto dopo che i Conti Duchi di Poli, la famiglia di Papa Innocenzo XIII Conti (1721-1724), espanse le sue proprietà negli edifici a ridosso della fontana, con la volontà di realizzarvi un palazzo nobiliare.
I progetti per rinnovare la fontana, in ogni caso, proseguirono e si fecero sempre più concreti. Papa Benedetto XIII Orsini (1724-1730) chiamò numerosi artisti per progettare la nuova Fontana di Trevi. Il Pontefice, originario di Gravina di Puglia, decise di chiamare solamente artisti provenienti dall'Italia Meridionale, ma nessuno dei loro progetti convinse in modo particolare. Tuttavia, Paolo Benaglia realizzò per la nuova fontana una statua della Madonna col Bambino, della cui sorte tuttavia non si ha alcuna notizia.
La questione Fontana di Trevi divenne però sempre più sentita nel mondo artistico, e numerosi architetti e scultori presentarono i propri progetti, così come l'Accademia di San Luca lanciò concorsi a tema, cui nell'arco del tempo parteciparono tra gli altri Nicola Michetti, Luigi Vanvitelli e Ferdinando Fuga.
Dopo un secolo di progetti, nel 1731 la svolta arrivò con Papa Clemente XII Corsini (1730-1740), che volle portare a termine molte opere rimaste incompiute, compresa Fontana di Trevi. Consapevole della questione del Palazzo Poli posto alle spalle della fontana, decise di lanciare un concorso che prevedesse il mantenimento di tale palazzo e una coesistenza tra la sua facciata sulla piazza e la fontana stessa. In questo contesto, i progetti più quotati furono quelli di Ferdinando Fuga, Nicola Salvi e Luigi Vanvitelli.

Il progetto originale di Nicola Salvi

Originariamente, ad attribuirsi la vittoria del concorso fu il francese Lambert-Sigisbert Adam, il quale tuttavia dovette rinunciare all'opera perché richiamato in Francia.
Alla fine, dopo decenni di progetti che avevano visto i nomi di grandissimi architetti avvicendarsi nel proporre le proprie idee, l'incarico venne una volta per tutte affidato a un nome probabilmente meno conosciuto, ma che tuttavia realizzerà uno dei più grandi capolavori artistici presenti al mondo: Nicola Salvi.
Romano, forse di origine abruzzese, fu allievo di Antonio Canevari e collaborò con Luigi Vanvitelli, ma il suo nome è noto quasi esclusivamente per la Fontana di Trevi, un fatto quasi paradossale soprattutto se si pensa che nomi ben più noti erano stati chiamati per realizzare l'ambizioso progetto.
La principale caratteristica dell'opera è il fatto che, in maniera molto scenografica, è collocata al retrostante palazzo Poli. La famiglia Conti di Poli, per una beffa storica, trova dunque sul fronte del suo palazzo lo stemma della famiglia Corsini, di cui Papa Clemente XII era esponente.
L'opera, inoltre, nella sua scenograficità racchiude in sé gran parte della tradizione barocca romana, in gran parte berniniana, quasi come commiato di questo stile che nel XVIII Secolo si era trascinato sotto la forma del cosiddetto barocchetto romano.
I lavori iniziarono nel 1732 e vennero finanziati dal gioco del lotto, ma furono lunghi e travagliati, al punto che durarono ben 30 anni, nonostante una prima inaugurazione a lavori in corso nel 1735.
Nel 1747 erano conclusi le rocce e le statue, e dopo la morte del Salvi nel 1751 furono chiamati prima Giuseppe Pannini - rimosso dall'incarico per le variazioni che voleva apportare al progetto originale - e Pietro Bracci. Alla fine, nel 1762, Papa Clemente XIII Rezzonico (1758-1769) inaugurò la nuova fontana.

Vecchia incisione Fontana di Trevi
Fontana di Trevi in un'incisione di Carlo Antonini del 1780
 
Come dicevamo, si tratta di un'opera dal fortissimo influsso barocco. Una grande scogliera scenografica, affine sotto molti aspetti alle rocce della Fontana dei Fiumi del Bernini, occupa tutta la parte bassa del Palazzo Poli. Al centro, una nicchia è occupata dalla statua di Oceano, opera di Pietro Bracci, che domina la scena. A sinistra e a destra sono presenti due statue in altrettante nicchie, rispettivamente la Salubrità e l'Abbondanza, opera di Filippo Della Valle, sovrastate da due bassorilievi: Agrippa che approva la costruzione dell'Aqua Virgo (opera di Giovan Battista Grossi) e la vergine che secondo la tradizione avrebbe indicato la fonte ai soldati, opera di Andrea Bergondi.
Quattro grandi colonne inquadrano questa composizione centrale, sormontate rispettivamente dalle statue dell'Abbondanza della Frutta (opera di Agostino Corsini), della Fertilità dei Campi (di Bernardino Ludovisi), della Ricchezza dell'Autunno (di Francesco Queirolo) e dell'Amenità dei Giardini (di Bartolomeo Pincellotti). Al centro, una grande iscrizione celebra l'inaugurazione della fontana avvenuta nel 1735 per volontà, come ricordato, di Clemente XII, il cui stemma sormonta l'intera struttura, sorretto da rappresentazioni della Fama opera di Paolo Benaglia.
Una curiosa scultura si può notare sul lato est della balaustra, e raffigura un vaso simile a quello che compare sull'asso di coppe nelle carte da gioco. A tale scultura è collegato un curioso aneddoto: sembra infatti che in sua corrispondenza vi fosse una bottega di un barbiere, il quale era solito criticare i lavori della nuova fontana. Nicola Salvi decise dunque di punirlo, privandolo della vista della fontana con la realizzazione di tale vaso.
Col tempo, alla Fontana di Trevi si è legata una tradizione, quella di gettarvi una monetina dando le spalle alla fontana ad occhi chiusi, una gesto che vorrebbe essere un presagio per i visitatori di Roma di farvi ritorno. Non è chiaro come sia nata questa usanza, ma molti individuano nell'archeologo tedesco Wolfgang Helbig il suo iniziatore. L'uomo, che rappresentava uno dei punti di riferimento della vita mondana tedesca a Roma tra il XIX e il XX Secolo, spesso si collegava ad antichi riti per intrattenere i propri ospiti, in questo caso per rendere meno traumatica la loro partenza. L'usanza di lasciare un obolo in fonti e pozzi è infatti di origine arcaica e serviva a propiziare le divinità locali, soprattutto per i viandanti, e così sono nate usanze come i pozzi dei desideri. Da queste tradizioni Helbig potrebbe aver attinto per inventare la tradizione del lancio della monetina a Fontana di Trevi, con un notevole successo al punto che oggi è comune incontrare turisti e non praticare la nota usanza.
Questa usanza, inoltre, ha portato a far accumulare una fortuna non da poco ogni giorno nella vasca della fontana, una somma che nel 2006 era di 300.000 Euro al giorno circa. Proprio in quell'anno il Comune di Roma decise che tale somma sarebbe stata destinata alla Caritas di Roma. Non manca chi cerca di impossessarsi abusivamente di tali monetine, ma si tratta di un'irregolarità passibile di sanzione.
Un'altra tradizione è legata alla fontana, anche se ha cessato di esistere quando non è stato più possibile bere l'acqua dalla Fontana di Trevi, ritenuta un tempo tra le migliori di Roma. Quando un ragazzo doveva partire, la propria fidanzata gli faceva bere un bicchiere d'acqua della Fontana di Trevi come auspicio di buon viaggio e di fedeltà. Il bicchiere, successivamente, veniva rotto.
 
Fontana di Trevi Dolce Vita
Il celebre bagno nella Fontana di Trevi ne La Dolce Vita
 
La storia della fontana è senza dubbio un simbolo a livello internazionale anche grazie a numerose celebri apparizioni in numerosi film, una su tutte quella in La Dolce Vita, opera del 1960. La scena in cui Marcello Mastroianni e Anita Ekberg fanno nottetempo il bagno nella fontana in abiti eleganti è nota in tutto il mondo, e anche per questa ragione capita che qualcuno voglia emulare il celebre bagno, rischiando di incorrere in sanzioni.
Altra pietra miliare è senza dubbio il film del 1961 Totòtruffa 62, in cui il grande attore napoletano Totò si spaccia per proprietario della Fontana di Trevi, vendendola a un turista.
Nel 2007 la fontana fu protagonista di un singolare episodio: le sue acque vennero colorate di rosso. 
 
Fontana di Trevi Cecchini
L'acqua di Fontana di Trevi tinta di rosso da Graziano Cecchini
 
Dopo che i curiosi si radunarono intorno alla fontana per assistere al curioso episodio, venne fermato dalle forze dell'ordine Graziano Cecchini, che rivendicò il proprio gesto come un'opera d'arte futurista. Nel 2017, a 10 anni dall'evento, Cecchini decise di ripetere il gesto.

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