Villino Alatri




Il villino Alatri si trova in Via Paisiello n. 38 ad angolo con Via Vincenzo Bellini, nel Quartiere Pinciano.
Fu commissionato al giovane architetto Vittorio Morpurgo nel 1924 da Giovanni Alatri, esponente di una ricca famiglia ebraica romana.
Morpurgo progettò un elegante edificio di due piani in stile eclettico con forti richiami al seicento toscano, con pianta a L, in cui la parte più sviluppata era quella lungo Via Paisiello.
Nella facciata su Via Paisiello si aprivano varie arcate strombate su lesene, che inquadravano le finestre del pianterreno, dotate di balcone con balaustri, il primo piano aveva tre semplici finestre mentre all'angolo tra le due vie spuntava una loggia dorica dotata di balconata con balaustri mistilinei. Oltrepassato il cancello d'ingresso si apriva un bel portico sormontato da balconi e vasi ornamentali.


Il lato lungo Via Bellini era occupato da tre finestre per piano.
Sul tetto a spioventi, ricoperto in coppi, si aprivano degli abbaini, l'edificio culminava in una magnifica altana a tre arcate, sul cui attico erano posti degli obelischetti.
Terminata la guerra gli Alatri decisero di ampliare il villino, la sopraelevazione dell'edificio fu condotta da Mario Ridolfi e il giovane Mario Fiorentino. Essi elaborarono il progetto nel 1948, i lavori iniziarono nel 1949 e terminarono nel 1952.

Il progetto di sopraelevazione di Ridolfi, 1948

Il linguaggio adottato fu quello dell'architettura organica, in aperto contrasto con l'architettura tradizionale preesistente; la violenza usata sull'edificio di Morpurgo fu enorme, nessun dialogo fu instaurato tra il vecchio e il nuovo. Si trattò di un oltraggio vero e proprio all'accademismo, una provocazione architettonica che si inseriva nel dibattito sull'architettura del dopoguerra, in aperto contrasto con il tradizionale monumentalismo imperante negli ultimi anni del regime fascista.


L'edificio precedente venne considerato come un semplice basamento su cui costruire i tre nuovi piani.
Il villino fu dunque allargato assumendo una pianta quadrata, a spese del giardino, del portico d'ingresso, della fontana ninfeo.

Particolare dell'ampliamento del villino in stile dell'ala Nord


Il portico d'ingresso è stato murato e soprelevato in stile

Il portico fu soprelevato, il bel cornicione di coronamento venne demolito e sostituito da una piastra di cemento, fu dunque negata al vecchio villino la trabeazione che si meritava, umiliata la proporzione degli ordini architettonici classici; l'attico venne raso al suolo con la sua bella altana.



Nonostante l'aggressività dell'intervento resta magistrale comunque il progetto dei nuovi  piani: secondo e terzo identici, mentre l' attico è molto articolato, con due terrazze simmetriche su Via Bellini per alleggerire le volumetrie del piano. Molto interessanti sono le nuove facciate caratterizzate da pilastri e travi di cemento armato a vista, balconate continue dotate di parapetti trasparenti di vetro, con un risultato di grande leggerezza e trasparenza.



La distribuzione interna degli ambienti è stata attuata rispettando attentamente le esigenze dei committenti: le famiglie Bonetti, Golinelli e Guavento.
Sebbene dunque la qualità dell'intervento di Ridolfi sia elevata, la sopraelevazione del villino Alatri rappresenta la prima spia di un odioso fenomeno che prenderà corpo alla fine degli anni cinquanta e durante gli anni sessanta: la demolizione progressiva dei villini per costruire moderne palazzine.
Tristi anni sarebbero arrivati per gli edifici costruiti nell'ultimo secolo a Roma, il loro stile eclettico sarebbe stato considerato con disprezzo banale, lezioso, vuoto, anonimo, sarebbe stata rinnegata completamente, in ambiente accademico, la tradizione e tutto ciò che a questa apparteneva.
Presto iniziarono le tragiche demolizioni di ville e villini, con meri fini speculativi, per cui dagli intellettuali e dagli architetti non fu spesa una parola, anzi, si gioiva sadicamente nella cancellazione delle odiate architetture eclettiche, viste come una presenza imbarazzante e superflua. Per gli speculatori romani, da sempre padroni della città, iniziò un banchetto senza fine, che portò molto denaro nelle loro volgari tasche. Per la città di Roma un oltraggio incredibile, una vergogna immensa, senza che alcuna istituzione dello Stato intervenisse in alcun modo.

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