Il Cielo su Roma - Colle der Fomento

Scienza doppia H, l'album dei Colle der Fomento da cui è tratta Il Cielo su Roma
Il Cielo su Roma è una canzone del gruppo hip-hop romano dei Colle der Fomento. Si tratta di una canzone che attraverso alcuni concetti e immagini descrive Roma, ed è probabilmente, almeno a nostro avviso, una delle migliori canzoni che siano state dedicate alla Città Eterna. Probabilmente la sua diffusione non è stata pari a quella di altre canzoni su Roma anche per via del contesto underground in cui tale testo è nato, la scena rap romana anni '90, quando questo genere in Italia era mainstream solo attraverso alcuni artisti e si diffondeva attraverso canali differenti da quelli attuali. Nonostante questo, con il tempo questa canzone è divenuta un simbolo sia rispetto alla produzione dei Colle der Fomento che per le canzoni su Roma in generale. Ne riportiamo a seguire il testo e, sotto, una sua analisi passo dopo passo.



Esco di casa e ci sto dentro,
La mia città grande quanto grande il mondo,
A volte mi ci perdo non la conosco fino in fondo
Eppure so quanto Roma capoccia è splendida al tramonto
Per molti un vanto, riflessa nello specchio dei negozi
Persa in mille vizi, troppi pezzi troppi palazzi, mille facce
Mille storie mille volti hai giurato ma alla fine poi ti scordi
Qualcuno te lo scordi se lo perde per la strada
Ma Roma se ne frega in cambio dalla notte che ti invita
Fredda che quel freddo ti rimane
A volte così calda che quel freddo te lo fa scordare,
Così viziata e vissuta nello stesso tempo
Insegna quante volte ch'ai da esse svelto
Troppe volte ha visto l'amore fasse rosso su una lama de cortello
Ma dimmi quante volte hai visto il cielo sopra Roma e hai detto quant'è bello,
Viettelo a vedè dall'alto scavalca il muro al foro e viemme accanto
Eccola e stasera non farà la stupida
Darà le mejo stelle la mejo luna che me illumina.

É nella testa Tutto qua tutto qua
Comunque resta
Tutto qua tutto qua
É nella testa
Tutto qua
Restano le mejo stelle solo le mejo che dà
É nella testa
Tutto qua tutto qua
Comunque resta
Tutto qua tutto qua
É nella testa
Tutto qua
Tutto quello che mi serve sotto il cielo della mia città.

Nato in mezzo al fiume della mia città
Nel cuore della mia città chi nasce qua qua ci resta,
La gente vive nel posto nel quale abito
Intorno a me ma non ne vive neanche un attimo,
N'adà passà d'acqua sotto sti ponti prima che si risolvano e ritornino i conti
Quante ne ho viste vissute o ne ho fatte sotto questo cielo
Giorno e notte, l'ho attraversata col motorino da parte a parte
O in metropolitana sotto il suolo sottostante,
La sua forma è la mia forma,
La Roma di chi se ne va ma che tanto poi ritorna,
Tanti scenari da film per chi si ama
Quante fontane per bere in ogni angolo di Roma 
Negli anni ottanta si girava con lo special cinquanta
Qualcuno ci aveva messo il centoquaranta
I ciaetti che facevano una piotta e trenta e storie del genere
Le cose grosse più le piccole per crescere,
In mezzo a questo sotto questo cielo vivo
Ed un motivo ce sta se lo scrivo.

[ritornello]
É nella testa
Tutto qua tutto qua
Comunque resta
Tutto qua tutto qua
É nella testa
Tutto qua
Restano le mejo stelle solo le mejo che dà
É nella testa
Tutto qua tutto qua
Comunque resta
Tutto qua tutto qua
É nella testa
Tutto qua
Tutto quello che mi serve sotto il cielo della mia città.

Roma la città eterna
Non scende a patti
La Roma dei coatti
Le comitive sui muretti
Le borgate, la periferia, i palazzi
La Roma degli sguardi che finiscono in scazzi
Nei cortili qualcuno sta vendendo
Qualcuno sta comprando
Una sirena e stanno già scappando
Via di qui tocca dasse al più presto
Più presto per lasciare un segno
In mezzo a tutto questo

La Roma dei romani de Roma
De chi la vede pe la prima volta e ce se innamora
La Roma bene acchittata che pe' acchittasse paga
Le sale giochi la mattina coi pischelli che hanno fatto sega
Il fronte, i fasci, il forte, gli autonomi
Le situazioni brutte di notte Stazione Termini
Il bionno Tevere
Il cielo sopra Roma che non smette mai de vivere

L'analisi del testo di Il Cielo su Roma:

La prima strofa si apre con un chiaro "Esco di casa e ci sto dentro", raccontando l'immersione nella realtà urbana in una qualsiasi, semplice, uscita di casa, la realtà de "la mia città, grande quanto è grande il mondo", a sottolineare non solo la sua estensione, ma facendo anche intendere che la storia di Roma e della sua cultura è strettamente legata e ha strettamente influenzato quella del mondo.
Ma la sua grandezza, come dimensioni e come storia, è tale che anche i Colle der Fomento, romani e vissuti a Roma, a volte ci si perdono, come si vede nella frase successiva.
Ma, "Roma capoccia", come la chiama anche Venditti in una celebre canzone, nonostante la sua grandezza per cui anche un Romano si perde, ha dei punti di riferimento sempre presenti, come i suoi tramonti e la consapevolezza della bellezza di Roma in quel momento della giornata.
I Colle der Fomento mettono poi in fila una serie di immagini e sensazioni: il vanto di essere romani, tipico del carattere degli abitanti della Capitale, i negozi, i vizi, le innumerevoli persone che si incontrano e che, come succede nella vita di ciascuno di noi, tante volte vorrebbe mantenere accanto a sé ma la frenesia del susseguirsi delle cose porta a lasciare da parte.

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