Fontana delle Teste di Lupo


La Fontana delle Teste di Lupo si trova in Piazza Tommaso De Cristoforis, nella parte del Quartiere Tiburtino nota come Casal Bertone, all'interno del complesso del Palazzo dei Ferrovieri. La fontana consiste in un pilastro con tre teste di lupo, dalle quali sgorgava l'acqua nella conca sottostante.
Venne costruita a partire dal 1929, anno della realizzazione del Palazzo dei Ferrovieri.

Monumento ai caduti di tutte le guerre dei Quartieri Appio-Latino e Tuscolano


Il monumento in questione si trova in Piazza Casalmaggiore, nel Quartiere Tuscolano, e commemora i caduti di tutte le guerre dei Quartieri Tuscolano ed Appio-Latino.
Il monumento consta in un parallelepipedo marmoreo, qui posto dal Comune di Roma nel 1964.

Madonna del Divino Amore in Via Orvieto


L'Edicola Sacra in questione si trova in Via Orvieto, nel Quartiere Tuscolano, e rappresenta la Madonna del Divino Amore con in braccio il Bambino.

Madonna del Divino Amore di Via Prenestina


L'Edicola Sacra in questione si trova in Via Prenestina all'angolo con Via Raimondo Montecuccoli, nel Quartiere Tiburtino, e rappresenta la Madonna del Divino Amore con il Bambino e di fronte reca una scritta metallica "Ave Maria".

Colonna di San Lorenzo


La Colonna di San Lorenzo si trova in Piazzale del Verano, di fronte alla Basilica di San Lorenzo, nella parte del Quartiere Tiburtino nota come San Lorenzo.
Nel XVIII Secolo Papa Clemente XI Albani (1700-1721) decise di erigere una colonna sormontata da una croce di fronte alla Basilica di San Lorenzo. Con il Pontificato di Papa Beato Pio IX Mastai Ferretti (1848-1878) venne abbattuta la limitrofa collina del Pincetto, dando uno spazio molto più ampio al piazzale di fronte alla Basilica di San Lorenzo.
Questo fatto rese la colonna esistente sproporzionata rispetto al nuovo spazio, e si decise di sostituirla con una nuova. Il primo Aprile 1864, Monsignor Marinelli benedisse la posa della prima pietra del nuovo monumento. Nel 1865 venne inaugurato il nuovo monumento, una colonna di 21 metri di altezza sormontata da una statua di 3 metri raffigurante San Lorenzo con in mano una graticola, lo strumento con cui fu martirizzato.
La statua venne realizzata dallo scultore Stefano Galletti e da Francesco Lucenti, mentre il capitello da Sante Cianfaroni ed il piedistallo da Francesco Vitti. Lo stemma del Beato Pio IX, invece, è stata realizzata dallo scultore Carimini.
La Colonna di San Lorenzo non fu colpita nel corso del bombardamento del 19 Luglio 1943 che danneggiò la Basilica di San Lorenzo e colpì duramente il quartiere.

Targa in memoria dei caduti dei Quartieri Appio-Latino e Tuscolano nella Prima Guerra Mondiale


La targa in questione si trova in Viale Castrense, nel Quartiere Tuscolano, e ricorda i caduti dei Quartieri Appio-Latino e Tuscolano durante la Prima Guerra Mondiale.

Targa in memoria dei caduti della Sesta Zona del Partito d'Azione


La targa in questione si trova in Viale Castrense, nel Quartiere Tuscolano, e ricorda i partigiani del Partito d'Azione della Sesta Zona caduti durante l'occupazione tedesca di Roma.
I nomi ricordati sono:
- Pilo Albertelli (ricordato anche in una targa nel Quartiere Nomentano)
- Bruno Annarumi (ricordato anche in una targa nel Rione Esquilino)
- Manlio Bordoni
- Antonio Gallarello (ricordato anche in una targa nel Rione Esquilino)
- Giorgio Giorgi
- Pietro Lungaro
- Benedetto Pittorri
- Umberto Rossi
- Felice Salemme
- Luigi Selva (ricordato anche in una targa del Quartiere Tuscolano)

Targa in memoria di Virgilio Bianchini


La targa in questione si trova in Piazza Tommaso De Cristoforis, nella parte del Quartiere Tiburtino nota come Casal Bertone, e ricorda il partigiano Virgilio Bianchini, morto a Narni nel 1944 e che viveva presso questo palazzo, nel cui androne la targa è situata.

Via Carlo Randaccio


Via Carlo Randaccio si trova nella parte del Quartiere Ostiense nota come Garbatella, compresa tra Piazza Edoardo Masdea e Largo Carlo Randaccio ed oltre.
La strada venne istituita nel 1925 nell'ambito dello sviluppo della nuova area della Garbatella: non a caso rispecchia la stessa tipologia edilizia del nucleo originario del quartiere, con le abitazioni suddivise in lotti e dotate di giardino.
La strada fu dedicata, seguendo la linea toponomastica degli ingegneri navali e degli armatori, a Carlo Randaccio (Genova 1827 - Roma 1919), capo di gabinetto di Cavour al Ministero della Marina e, successivamente, direttore generale della Marina Mercantile e Deputato.
La strada inizialmente era compresa tra Piazza Edoardo Masdea e Via Domenico Chiodo, ma nel 1954 cambiò i propri confini in seguito all'istituzione di Largo Carlo Randaccio.

Mausoleo Ossario Garibaldino



Il Mausoleo Ossario Garibaldino si trova in Via Garibaldi, nella parte del Rione Trastevere che si estende sul Gianicolo.
La necessità di raccogliere i diversi volontari garibaldini morti nei moti e nelle battaglie per unificare l'Italia nacque negli anni Settanta del XIX Secolo, quando in tutto il paese iniziarono a essere promossi i primi ossari commemorativi delle battaglie. Nel caso del Gianicolo, furono proprio Giuseppe Garibaldi ed il figlio Menotti a farsi promotori di una legge per raccogliere sul colle i resti dei caduti.
Tuttavia, individuare le salme dei garibaldini non era cosa semplice: molti giacevano tumulati nei cimiteri o vicino ai luoghi di battaglia. Fu per questo inizialmente realizzato solo un piccolo cimitero in attesa di terminare la lunga opera di ricerca.
La difficoltà di rintracciare i caduti rallentò non poco la realizzazione di un grande ossario, ma quest'idea venne ripresa negli anni Trenta del Novecento, promossa da Ezio Garibaldi, nipote di Giuseppe Garibaldi ed all'epoca a capo della Società dei Reduci Patrie Battaglie.

La batteria del Colle del Pino, ultimo baluardo assieme a Villa Spada

Il governo approvò la proposta di Ezio Garibaldi di realizzare il mausoleo nella zona del Gianicolo conosciuta come Colle del Pino, dove era posta una batteria di artiglieria, e si era svolta la parte finale della battaglia, il 30 giugno 1849.


Dopo aver accettato di sostenerne i costi la Società affidò l'incarico per la costruzione del monumento al socio architetto Giovanni Jacobucci.
Il mausoleo venne inaugurato il 3 Novembre del 1941 da Benito Mussolini dopo due anni di lavori.


È costituito da un grande quadriportico in travertino con tre archi per ogni lato, posto su una scalinata al centro di un'area recintata. Sull'attico vi è la scritta AI CADUTI PER ROMA, mentre lateralmente il motto  ROMA O MORTE.



Nel mezzo del quadriportico si trova una grande ara, realizzata in granito rosso proveniente da Baveno, in cui sono raffigurate insegne dell'Antica Roma con la lupa capitolina e l'aquila imperiale, affiancate da gladii, l'ara è sormontata da teste di leone.

La facciata posteriore con l'ingresso al Sacrario


Agli angoli del Mausoleo si trovano quattro piedistalli in travertino su cui sono posti altrettanti bracieri in bronzo. Sui piedistalli sono scritte le battaglie combattute per liberare Roma: 1849 Vascello, San Pancrazio, Palestrina, Velletri, Monti Parioli, Villa Spada; 1862 Aspromonte; 1867 Monte Rotondo, Mentana, Villa Glori, Casa Ajani; 1870 Porta Pia, San Pancrazio.
Nel Sacrario, posto al livello interrato, sono presenti 36 loculi in cui sono ricordati i nomi di 1600 caduti, la volta è rivestita di mosaici d'oro, mentre al centro è presente un grande pilastro circolare

Via di Tor di Nona

Via Tor di Nona negli anni Settanta


Via di Tor di Nona è una strada del Rione Ponte compresa tra Via della Rondinella e Vicolo dell'Arco di Parma ed oltre. 
Il nome della strada deriva dalla torre medievale che fu di proprietà degli Orsini, che a pochi metri da qui aveva il palazzo fortificato di Monte Giordano. 
Questa strada si trova molto vicina al Tevere, e fino al Medioevo erano probabilmente ancora visibili le fortificazioni Romane, parte del sistema difensivo delle Mura Aureliane, che si affacciavano lungo il Fiume, e proprio per questa ragione e per le finestrelle che da questa fortificazione prospettavano sul Tevere, la strada era detta De Posterulis, e con essa tutta la zona.

Via Tor di Nona nella mappa del Nolli

La strada inizialmente partiva dalla Piazza di Ponte Sant'Angelo e proseguiva fino a Via di Monte Brianzo, creando di fatto un unico rettifilo che da Ponte Sant'Angelo raggiungeva Trinità dei Monti.
La Torre di Nona, di origini Medievali e forse costruita proprio sulle antiche fortificazioni Romane, dopo essere stata adibita a magazzino della Grascia - per le derrate che giungevano tramite il Tevere - venne adibita a prigione nel 1410 dalla Reverenda Camera Apostolica, come è testimoniato dal Catasto del Salvatore. La proprietà era passata infatti proprio alla Reverenda Camera Apostolica come eredità di Joanni Jacomello Orsini. Il fatto che la torre, già detta del Soldano per via di un funzionario della Corte Papale, dal momento che fu soggetta all'amministrazione dell'Annona fu detta Tor di Nona per corruzione popolare.
La torre rimase adibita a carcere fino al 1655, quando vennero costruite le Carceri Nuove in Via Giulia. L'Arciconfraternita di San Gerolamo della Carità, proprietaria della torre, volle così trasformarla in teatro. Nel 1666 Papa Alessandro VII Chigi respinse questa richiesta, successivamente accolta da Papa Clemente IX Rospigliosi nel 1669. Proprio in seguito a questa decisione, nel 1670 venne costruito, su progetto di Carlo Fontana, il Teatro Tordinona, celebre per le rappresentazioni di Tiberio Fiorilli, nei panni del prode Scaramuccia. Tuttavia, nel 1781 il teatro andò distrutto in un incendio. Nel 1795 venne ricostruito e prese il nome di Teatro Apollo. In questo teatro, nel corso del XIX Secolo vennero messe in scena diverse opere di Giuseppe Verdi.

Il Teatro Apollo e le case di Via Tor di Nona nell'Ottocento 

Con l'annessione di Roma al Regno d'Italia Via di Tor di Nona fu protagonista di numerosi cambiamenti urbanistici. 
La realizzazione della nuova Via Savoia, oggi Via Zanardelli, la separò da Via di Monte Brianzo e Via dell'Orso.

Costruzione del Lungotevere nel 1893

La costruzione dei muraglioni del Tevere e dei nuovi Lungotevere portarono a porre la strada a un livello inferiore rispetto alle nuove arterie, e alla demolizione di tutte le case affacciate sul Tevere e del Teatro Apollo, avvenuta nel 1889.

Via Tor di Nona durante la demolizione del Teatro Apollo

Nel 1925, sul limitrofo Lungotevere Tor di Nona, venne realizzata una fontana in memoria del Teatro Apollo dall'architetto Cesare Bazzani.
Durante il fascismo, nella zona vennero effettuate alcune opere di diradamento tra gli stretti vicoli, spesso allargati con piccoli interventi mirati, come nelle vicine Piazza San Salvatore in Lauro, Piazzetta di San Simeone e Largo Febo. Nel 1925 fu costruita, su progetto di Vincenzo Fasolo, la Scuola Elementare Alberto Cadlolo.
L'idea degli urbanisti dell'epoca era anche allargare la stretta Via di Tor di Nona, e per questa ragione venne sgomberato il grande palazzo all'angolo con Via dell'Arco di Parma, e i loro abitanti furono inviati nelle nuove borgate. Tuttavia, il palazzo non fu demolito e rimase disabitato per alcuni decenni, finché non venne occupato alla fine degli anni Sessanta. In questa circostanza, l'edificio fu ricoperto di murales, così come fu dipinto anche il muraglione di fronte. 
Oggi di questi murales restano solo l'Asino che vola, uno dei simboli della strada, e il murales di una manifestazione che vi è davanti. Nel 2003 le case vennero sgomberate dal Comune di Roma.

Targa in memoria di Stefano Tachè Gay


La targa in questione si trova in Via Catalana, sul recinto del Tempio Maggiore di Roma, nella parte del Rione Sant'Angelo occupata dal Ghetto Ebraico, e ricorda Stefano Tachè Gay, il bambino rimasto ucciso all'età di due anni il 9 Ottobre 1982 nell'attentato compiuto da alcuni terroristi legati al palestinese Abu Nidal che lanciarono bombe a mano e spararono colpi di mitra contro la folla che usciva dalla preghiera del sabato e dalla cerimonia di alcuni bar mitzvah.
Nella targa è riportata sia la data del calendario Gregoriano dell'attentato - il 9 Ottobre 1982 - che la festività del calendario Ebraico che si celebrava quel giorno con l'anno del calendario in questione - Shemini Azeret 5743.

Bombardamento di San Lorenzo del 19 Luglio 1943

Il bombardamento di San Lorenzo visto dai bombardieri alleati

Roma, 19 Luglio 1943. Siamo nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, in una fase molto complessa per l'Italia, alleata della Germania di Hitler. Intorno al 10 Luglio le truppe anglo-americane hanno iniziato l'occupazione della Sicilia (dopo aver già preso il controllo delle isole di Lampedusa e Pantelleria), aprendo così un nuovo fronte proprio in Italia, la cui integrità territoriale fu per la prima volta minacciata.
Questo fatto, portò gli Anglo-Americani ad intensificare i loro bombardamenti sulle città italiane e sui diversi obiettivi nella penisola. Tra le persone, tuttavia, esisteva la convinzione che Roma fosse completamente immune a questa campagna di bombardamenti. Roma, infatti, per quanto fosse la capitale di un paese dell'Asse, era (come è tuttora) anche la capitale del Cattolicesimo nonché sede dello stato della Città del Vaticano - neutrale nel corso del conflitto mondiale -, e, quindi, residenza del Papa.
Tutte ragioni che rendevano piuttosto evitabile da parte degli Alleati un bombardamento su Roma.
Ma al tempo stesso, come detto, Roma era pur sempre la capitale di un paese dell'Asse, e come tale ospitava numerosi obiettivi militari.


Lunedì 19 Luglio, alle ore 11:02, l'allarme antiaereo suona a Roma. 662 bombardieri composti dalle cosiddette "Fortezze volanti" B-17 - guidate dal velivolo Lucky Lady - e dai bombardieri B-24 Liberator, scortati da 268 caccia volarono su Roma a partire dalla mattina. L'obiettivo era lo scalo merci di San Lorenzo, insieme agli altri scali ferroviari dello snodo sud-orientale di Roma.
L'area presa di mira, tuttavia, si trova esattamente a ridosso di numerosi quartieri, tra cui il popoloso San Lorenzo, quartiere popolare densamente abitato, parte del Quartiere Tiburtino. Il quartiere venne duramente colpito da numerose delle circa 4.000 bombe sganciate nell'incursione (dal peso di circa 1.060 tonnellate), causando numerosi danni al quartiere, alla Basilica di San Lorenzo, al cimitero del Verano e all'Università La Sapienza, uccidendo circa 3mila persone e ferendone circa 11mila. Circa 10mila abitazioni rimasero distrutte o inagibili in seguito al raid, lasciando circa 40mila persone senza tetto.
Tra i danni morirono anche diverse persone accorse sul luogo per soccorrere le vittime: 24 vigili del fuoco persero la vita e oltre a loro anche il generale dei Carabinieri, Azolino Hazon, e il Capo di Stato Maggiore Colonnello Ulderico Barengo, rimasero uccisi el bombardamento. I due sono ricordati in una targa.
Al momento del bombardamento, Papa Pio XII Pacelli (1939-1958) si trovava in Vaticano, il Re Vittorio Emanuele III nella sua residenza romana di Villa Savoia - oggi nota come Villa Ada - e Benito Mussolini era a Feltre, per incontrare Adolf Hitler.

La foto di Papa Pio XII a San Giovanni dopo il bombardamento del 13 Agosto 1943, ritenuta per decenni scattata a San Lorenzo

Appena terminato il bombardamento, poco dopo le 17 Pio XII volle recarsi nel quartiere appena colpito dal bombardamento. Accompagnato solo da Monsignor Giovanni Battista Montini (il futuro Papa Beato Paolo VI) e dall'autista, privo di scorta, il Papa raggiunse in breve tempo Piazzale del Verano a bordo della Mercedes che usava per gli spostamenti. Appena sceso venne circondato da una folla immensa che gridava "Santità! Pace!" e "Lunga vita al Papa!". Immediatamente, spalancò le braccia, in un'immagine che ancora oggi rappresenta uno dei simboli di quella giornata.
Circondato per ragioni di sicurezza da un cordone di polizia improvvisato dalle forze dell'ordine presenti, il Papa raggiunse la Basilica di San Lorenzo e recitò un De profundis per i morti del bombardamento.

Una delle rare foto di Papa Pio XII a San Lorenzo dopo il bombardamento sulla copertina del settimanale francese La Semaine

Nel frattempo, Monsignor Montini passò tra i superstiti, distribuendo loro soldi per aiutarli.
Per via di questa storica visita, dopo la morte di Pio XII lo si volle ricordare con una statua proprio in Piazzale del Verano.
Riguardo questa visita, per molti decenni essa è stata documentata da una serie di foto che, nel 2001, con un'inchiesta del quotidiano Metro, si sono rivelate relative alla benedizione di Pio XII di fronte alla Basilica di San Giovanni in Laterano in seguito al bombardamento del 13 Agosto 1943, avvenuto in quella zona. Nel 2017 Carlo Galeazzi, collezionista e gestore del gruppo Facebook "Roma Città Aperta" ha rinvenuto le foto relative all'arrivo del Papa a San Lorenzo sul settimanale francese La Semaine. Tali foto risulterebbero scattate dalla testata britannica Chronicle - questa la fonte indicata sul sito Alamy, dove la foto era in vendita - e pubblicate in un ampio reportage dal settimanale francese. Probabilmente l'uscita del Papa a sorpresa dal Vaticano - prima del Pontificato di San Giovanni XXIII non erano particolarmente frequenti le uscite del Papa e la macchina della sicurezza e del cerimoniale richiedeva spesso tempo - aveva preso tutti in contropiede, a partire dai fotoreporter che non sono stati in grado di organizzarsi per tempo. Si può infatti notare dalle foto, ad esempio, come il Papa arrivi a San Lorenzo privo di scorta: in quel momento l'importanza era mostrarsi come punto di riferimento dei cittadini di quel quartiere popolare che si sentiva abbandonato da Mussolini e dal Re.

Papa Pio XII distribuisce soldi tra i cittadini, altra foto relativa al bombardamento di San Giovanni ma ritenuta per decenni scattata a San Lorenzo

Anche il Re quel pomeriggio volle raggiungere il quartiere bombardato, ma la reazione fu ben diversa. I cittadini di San Lorenzo lanciarono sassi contro l'auto del Re, e quando il generale Paolo Puntoni venne inviato da Vittorio Emanuele III a distribuire soldi tra i cittadini, questi lo respinsero dicendo "Non vogliamo la vostra carità! Vogliamo la pace!".
Benito Mussolini, tornato da Feltre, si recò a San Lorenzo il 22 Luglio in incognito per vedere in prima persona i danni del quartiere.
I danni erano stati notevoli: 10mila abitazioni distrutte o inagibili, la Basilica di San Lorenzo seriamente danneggiata, gravi danni al cimitero del Verano (in cui tra l'altro viene distrutta la tomba della famiglia di Pio XII), la casa dei bambini di Via dei Marsi, fondata da Maria Montessori, è centrata in pieno così come vengono danneggiati numerosi edifici della Città Universitaria, l'orfanatrofio di Via dei Saballi è centrato in pieno e restano uccisi 78 bambini e sei suore. La Fontana Tiburtina di Pietro Lombardi, invece, è distrutta e non verrà mai ricostruita.
Nei giorni successivi al bombardamento, i militanti fascisti scrivono su diversi ruderi di edifici "opera dei liberatori". Alcuni giorni dopo, in un edificio lungo la Via Casilina, qualche ignoto scrisse invece "Meio l'americani sulla capoccia che Mussolini tra li cojoni".
Il bombardamento di Roma fu probabilmente la goccia che fece traboccare il vaso nei rapporti tra il Re e Mussolini. Fu proprio questo che portò Vittorio Emanuele III a mettere in atto la manovra che portò, il 25 Luglio, Benito Mussolini a essere sfiduciato dal Gran Consiglio del Fascismo e sostituito con Pietro Badoglio, il quale condusse le trattative per far firmare all'Italia un armistizio con gli Alleati e dichiarare guerra alla Germania.


Il bombardamento del 19 Luglio del 1943 fu il primo e il più tragico che abbia avuto luogo a Roma, città tra le meno colpite d'Italia per la sua particolare situazione di cui abbiamo scritto sopra. Tuttavia, non si trattò dell'unica incursione aerea su Roma della Seconda Guerra Mondiale: ne seguirono infatti 51 fino alla Liberazione della Capitale, avvenuta il 4 Giugno del 1944.
Il bombardamento di San Loreno è ricordato da diverse targhe all'interno del Quartiere Tiburtino: nel parco su Via Tiburtina, dedicato ai caduti del bombardamento, sono ricordati i nomi di tutti i morti conosciuti, mentre in Via dei Latini è presente una targa in memoria dell'incursione aerea.
Inoltre, il bombardamento è ricordato nella canzone di Francesco De Gregori San Lorenzo, in cui un passo dice "Cadevano le bombe come neve il 19 Luglio a San Lorenzo".

Ponte Rotto


Ponte Rotto in un quadro di Van Wittel del 1690

Con il nome di0 Ponte Rotto è noto l'antico Ponte Emilio, o Pons Aemilius in Latino, un ponte oggi ridotto a rudere sul Tevere, all'altezza dei Rioni Ripa e Trastevere.
Stando alle testimonianze di autori quali Plutarco e Tito Livio, il ponte risale al 241 a.C., quando venne costruito per volontà di Manlio Emilio Lepido, per raggiungere dalla riva sinistra del Tevere la Via Aurelia, da poco tracciata.
Nel 179 a.C. il ponte venne ricostruito per la prima volta in muratura, con il tufo delle cave di Monteverde, dai censori Marco Emilio Lepido e Marco Fulvio Nobiliore, cui talvolta viene erroneamente attribuito, forse dopo i danni subiti dalla piena del 193 A.C..
Originariamente il ponte presentava una passerella in legno, ma nel 142 a.C. fu rinnovato con la costruzione di sei arcate in muratura su iniziativa dei censori Publio Cornelio Scipione Emiliano e Lucio Mummio. Un ulteriore restauro avvenne invece sotto l'imperatore Augusto nel 12 a.C., in quest'occasione fu rinominato Pons Maximus in onore del Pontefice Massimo.

Ricostruzione di ponte Emilio all'epoca di Probo effettuata da Hermann Bender

Nel Medioevo il ponte cambiò numerose volte denominazione: da Ponte di Lepido, per via del suo costruttore, da cui per corruzione "Ponte Lapideo", fino a "Ponte Janiculense", Ponte Senatorio o "dei Senatori", Ponte Maggiore e Ponte Santa Maria, nome questo con cui fu più diffuso.
Essendo posizionato in prossimità di un'ansa, e subito dopo l'isola Tiberina, le correnti in quel punto sono sempre state fortissime, soprattutto durante le piene, è chiaro che i danni alla struttura furono spesso intensi ed erano necessari continui restauri.
Sempre nel Medioevo, però, iniziò a subire alcuni danni nel corso delle piene del Tevere, la prima volta nel febbraio 1230, costringendo il Pontefice Gregorio IX ad eseguire alcuni restauri, e un'ulteriore volta il 30 novembre del 1422, quando il Papa Martino V consolidò profondamente i basamenti dei piloni e le arcate. Ulteriori restauri furono effettuati da Niccolò V per il Giubileo del 1450.
I danni continui e le devastanti piene del 1476 e del 1495 portarono il Papa Paolo III ad affidarne il consolidamento a Michelangelo, che condusse i lavori lentamente. Successivamente Giulio III Ciocchi Del Monte (1550-1555) incaricò l'architetto Nanni di Baccio Bigio nel 1552 di ricostruire interamente un pilone crollato, posto verso Trastevere, e le due arcate da questo sostenute. L'architetto aveva proposto tempi più rapidi di realizzazione ed aveva così convinto il Papa. Tuttavia, il pilone era stato costruito in maniera troppo sbrigatìva e fu così che nel 1557, una nuova alluvione distrusse un'altra volta il nuovo pilone appena ricostruito.

Il famoso disegno di Antonio Dosio raffigurante il pilone e gli archi crollati nel 1557, e, superiormente, il ponte dopo il restauro del 1575

Una nuova ristrutturazione delle due arcate crollate fu promossa nel 1573 da Papa Gregorio XIII Boncompagni (1572 - 1585), realizzata da Matteo di Castello ed ultimata nel 1575. Il pilone ricostruito fu rinforzato con robusti frangiflutti a gradoni, ancora oggi esistenti, sovrastati da un contrafforte rotondo modanato.

Rilievo del pilone ricostruito sotto Gregorio XIII
Il ponte era rivestito di travertino e tra un'arcata e l'altra si trovava una lesena corinzia, le arcate erano decorate da bassorilievi raffiguranti draghi che richiamavano allo stemma Boncompagni.

Sezione dell'arcata ricostruita sotto Gregorio XIII

In occasione dell'ultimo restauro furono posizionate due iscrizioni l'una di fronte all'altra sulle spallette interne con il seguente testo: EX AVCTORITATE GREGORII XIII PONT. MAX. S.P.Q.R. PONTEM SENATORIVM CIVIS FORNICES VETVSTATE COLLAPSOS ET IAMPRIDEM REFECTOS FLVMINIS IMPETVS DENVO DEIECERAT IN PRISTINAM FIRMITATEM AC PVLCHRITVDINEM RESTITVIT ANNO IVBILAEI MDLXXV.
La traduzione è questa: Per volontà di Papa Gregorio XIII il Comune di Roma nell'anno giubilare 1575 restituì alla primitiva robustezza e bellezza il Ponte Senatorio, i cui fornici, caduti per l'antichità e già precedentemente restaurati, l'impeto del fiume aveva nuovamente abbattuto.

Incisione raffigurante Ponte Rotto di Gian Battista Piranesi da una veduta di metà seicento di Israel Silvestre

Tuttavia, la grande alluvione del 24 dicembre 1598 ne distrusse completamente tre arcate sul versante verso Ripa, determinando il definitivo abbandono del ponte e la nascita dell'appellativo di Ponte Rotto con cui da quel momento è chiamato.

Veduta di Camille Corot del 1827

Le arcate abbattute dai flutti non vennero mai ricostruite e, negli anni furono, a volte, rimpiazzate con costruzioni provvisorie e passerelle, in seguito il ponte fu trasformato in giardino pensile.

Ponte Rotto in una splendida foto del 1842

Il ponte, così romanticamente rovinato, divenne il soggetto preferito dei pittori stranieri in viaggio a Roma che lo hanno immortalato in una miriade di disegni, acquerelli e dipinti.

Disegno di Jan Asseliin del 1640 circa

Nel 1853, sotto Pio IX, si decise di rimettere in funzione il ponte, e furono realizzata, da una ditta francese, una passerella metallica sospesa, simile a quella del Ponte dei Fiorentini, molto interessante dal punto di vista architettonico, dall'ingegnere Pietro Lanciani, che sfruttavano i vecchi resti del ponte sulla riva Ripense e si appoggiavano per entrambi i lati su piloni metallici.

Ponte Rotto rimesso in funzione da Pio IX con la passerella sospesa nel 1870

Nel 1884, durante i lavori di costruzione dei muraglioni del Tevere, il ponte rimase privo di un'arcata sulla sponda Trasteverina, che venne arretrata. Piuttosto che creare una nuova campata metallica, anche su questa sponda, fu deciso dal Governo di costruire un nuovo ponte, Ponte Palatino.
Fu così che nel 1885 vennero demolite le due arcate della sponda Trasteverina, mentre nel 1889 fu smontata la passerella metallica, riducendo il vecchio ponte a un affascinante rudere in mezzo al Tevere.


L'arcata superstite è quella restaurata nel 1575, il pilone verso Trastevere è quello ricostruito da Matteo di Castello, mentre quello verso la riva sinistra è di età Repubblicana. Nelle lunette poste sopra l'arcata ancora oggi si trovano bassorilievi di travertino raffiguranti draghi Boncompagni. Negli archetti del pilone di Trastevere rimangono gli stemmi papali di Gregorio XIII, che erano presenti in tutti i piloni del ponte.
I blocchi di tufo del pilone di Ripa superstiti sono di età romana, mentre l'arcata spezzata verso lo stesso versante è ancora quella crollata nel 1598.

Il pilone di Trastevere è quello restaurato da Matteo di Castello con gradinate frangiflutti

Il ponte, infatti, fu sostituito dal nuovo Ponte Palatino, la cui costruzione iniziò nel 1886 e terminò nel 1891 ad opera di Angelo Vescovali.

L'arcata spezzata verso Ripa ha lo stesso aspetto di quando è crollata il 24 dicembre 1598

Stazione di posta di Via del Verano


La stazione di posta in questione si trova in Via del Verano, nella parte del Quartiere Tiburtino nota come San Lorenzo. Risale al 1886, quando venne realizzata per permettere la sosta ai pellegrini e viandanti lungo la Via Tiburtina.
La stazione a subito un restauro nel 2002, come ricorda una targa. Oggi ospita il locale ZeroZero100.


Case ATER di Ponte di Nona



Le case ATER di Ponte di Nona si trovano in Via Caterina Usai, nella parte Zona Lunghezza conosciuta, appunto, come Ponte di Nona. L'origine di queste case popolari risale al 1988, quando venne stipulato un accordo tra Regione Lazio ed Istituto Autonomo Case Popolari per la loro realizzazione.
La loro costruzione, tuttavia, ebbe inizio solo nel 2005, con un progetto affidato all'architetto Paolo Portoghesi.
Le case accolgono in tutto 112 appartamenti, di dimensioni comprese tra i 45 ed i 95 metri quadrati.
L'architetto, noto per il suo studio del barocco e per introdurre alcuni elementi di questa arte nell'architettura contemporanea, si è voluto ispirare agli edifici della Garbatella e di Testaccio, realizzati in parte non a caso quando era in voga il cosiddetto "barocchetto Romano", una rielaborazione del barocco tipica dell'architettura della Capitale.


Le case di Via Usai, infatti,
proprio come alla Garbatella dispongono di uno spazio di fronte adibito a giardino, sono dotate di arcate, abbaini e cornici marcapiano tradizionali.

Targa in memoria di Giuseppe Valadier


La targa in questione si trova in Via del Babuino, nel Rione Campo Marzio, e ricorda l'architetto Giuseppe Valadier (Roma 1762 - Roma 1839), che presso questa casa visse fino alla morte.
La targa è stata qui posta dal Comune di Roma nel 1873.

Targa in memoria della proprietà degli Aldobrandini


La targa in questione si trova nel cortile di un Palazzo di Via dei Banchi Nuovi, nel Rione Ponte, e ricorda come il Palazzo fino al 1811 sia stato di proprietà della famiglia Aldobrandini.

Santa Maria del Buon Consiglio (già San Pantaleo ai Monti)


La Chiesa di Santa Maria del Buon Consiglio (già San Pantaleo ai Monti) si trova in Via del Buon Consiglio, nel Rione Monti. Le sua origini risalgono al Pontificato di Papa Pasquale II (1099-1118), quando la chiesa venne realizzata - con il nome di San Pantaleo ai Monti) nell'area della Suburra, dove secondo la tradizione vennero traslate le reliquie di San Pantaleo, provenienti da Nicomedia.
Nel XVIII Secolo Papa Clemente XII Corsini (1730-1740) affidò il luogo di culto all'Arciconfraternita della Dottrina Cristiana. Nel 1748, invece, Papa Benedetto XIV Lambertini (1740-1758) la affidò all'Arciconfraternita della Beata Vergine del Buon Consiglio. E' proprio sotto questa nuova Arciconfraternita che la Chiesa assume il nome di Santa Maria del Buon Consiglio e viene radicalmente restaurata.
Il nuovo aspetto, ovvero quello attuale, consiste da una facciata a capanna con un piccolo portale sovrastato da una scritta dedicata alla Madonna del Buon Consiglio e i Santi Martiri Pantaleo e Biagio. All'interno, a pianta rettangolare, si trovavano due cappelle, una delle quali ospitava la copia della Sacra Immagine di Maria che si venerava nella Chiesa di Genazzano, ove è stata trasferita.
La Chiesa di Santa Maria del Buon Consiglio, infatti, risulta ad oggi sconsacrata. Dal 1988 ospita la sede dell'ACSE (Associazione Comboniana Servizio Emigranti e Profughi), nata con l'intento di aiutare gli stranieri ad integrarsi in Italia.

Targa del monnezzaro di Via dei Reti


La targa del mondezzaro di Via dei Reti, nella zona del Quartiere Tiburtino nota come San Lorenzo, fa parte delle imitazioni recenti delle storiche targhe di questo tipo. Per quanto la data riportata sia quella del 12 Novembre 1735, design, materiale e collocazione fanno capire chiaramente che si tratti di una copia successiva.

Zone Urbanistiche di Roma

Le zone urbanistiche di Roma:

Municipio I
1A Centro Storico
1B Trastevere
1C Aventino
1D Testaccio
1E Esquilino
1F XX Settembre
1G Celio
1X Zona Archeologica
17A Prati
17B Della Vittoria
17C Eroi

Municipio II
2A Villaggio Olimpico
2B Parioli
2C Flaminio
2D Salario
2E Trieste
2X Villa Borghese
2Y Villa Ada
3A Nomentano
3B San Lorenzo
3X Università
3Y Verano

Municipio III
4A Monte Sacro
4B Val Melaina
4C Monte Sacro Alto
4D Fidene
4E Serpentara
4F Casal Boccone
4G Conca d'Oro
4H Sacco Pastore
4I Tufello
4L Aeroporto dell'Urbe
4M Settebagni
4N Bufalotta
4O Tor San Giovanni

Municipio IV
5A Casal Bertone
5B Casal Bruciato
5C Tiburtino Nord
5D Tiburtino Sud
5E San Basilio
5F Tor Cervata
5G Pietralata
5H Casal de' Pazzi
5I Sant'Alessandro
5L Settecamini

Municipio V
6A Tor Pignattara
6B Casilino
6C Quadraro
6D Gordiani
7A Centocelle
7B Alessandrina
7C Tor Sapienza
7D La Rustica
7E Tor Tre Teste
7F Casetta Mistica
7G Centro Direzionale Centocelle
7H Omo

Municipio VI
8A Torre Spaccata
8B Torre Maura
8C Giardinetti - Tor Vergata
8D Acqua Vergine
8E Lunghezza
8F Torre Angela
8G Borghesiana
8H San Vittorino

Municipio VII
9A Tuscolano Nord
9B Tuscolano Sud
9C Tor Fiscale
9D Appio
9E Latino
10A Don Bosco
10B Appio-Claudio
10C Quarto Miglio
10D Pignatelli
10E Lucrezia Romana
10F Osteria del Curato
10G Romanina
10H Gregna
10I Barcaccia
10L Morena
10X Ciampino

Municipio VIII
11A Ostiense
11B Valco San Paolo
11C Garbatella
11D Navigatori
11E Tor Marancia
11F Tre Fontane
11G Grottaperfetta
11X Appia Antica Nord
11Y Appia Antica Sud

Municipio IX
12A Eur
12B Villaggio Giuliano
12C Torrino
12D Laurentino
12E Cecchignola
12F Mezzocamino
12G Spinaceto
12H Vallerano Castel di Leva
12I Decima
12L Porta Medaglia
12M Castel Romano
12N Santa Palomba
12X Tor di Valle

Municipio X
13A Malafede
13B Acilia Nord
13C Acilia Sud
13D Palocco
13E Ostia Antica
13F Ostia Nord
13G Ostia Sud
13H Castel Fusano
13I Infernetto
13X Castel Porziano

Municipio XI
15A Marconi
15B Portuense
15C Pian Due Torri
15D Trullo
15E Magliana
15F Corviale
15G Ponte Galeria

Municipio XII
16A Colli Portuensi
16B Buon Pastore
16C Pisana
16D Gianicolense
16E Massimina
16F Pantano di Grano
16X Villa Pamphilj

Municipio XIII
18A Aurelio Sud
18B Valcannuta
18C Fogaccia
18D Aurelio Nord
18E Casalotti di Boccea
18F Boccea

Municipio XIV
19A Medaglie d'Oro
19B Primavalle
19C Ottavia
19D Santa Maria della Pietà
19E Trionfale
19F Pineto
19G Castelluccia
19H Santa Maria di Galeria

Municipio XV
20A Tor di Quinto
20B Acquatraversa
20C Tomba di Nerone
20D Farnesina
20E Grotta Rossa Ovest
20F Grotta Rossa Est
20G Giustiniana
20H La Storta
20I Santa Cornelia
20L Prima Porta
20M Labaro
20N Cesano
20O Martignano
20X Foro Italico

Jean-Leon Gerome

Autoritratto di Jean-Leon Gerome, 1886

Jean Leon Gerome (Vesoul 1824 - Parigi 1904) è stato un pittore francese. Anche se a Roma non vi sono sue opere, come uomo e come artista è stato molto legato alla Città Eterna, che ha visitato e che ha ispirato notevolmente il suo lavoro, come è facilmente intuibile guardando diverse opere.
Il suo viaggio avvenne a partire dal 1843, quando non aveva neanche 20 anni e da circa tre anni aveva lasciato Vesoul, la sua città natale situata nel dipartimento dell'Haute-Saone, in Borgogna, e si era trasferito a Parigi, per studiare la pittura presso l'artista Paul Delaroche.
In quell'occasione, viaggiò in Italia, visitando Roma, Pompei, Firenze, come era abbastanza frequente all'epoca per i giovani artisti e letterati. La ricerca, come prima di lui avevano fatto molti artisti romantici, era quella di conoscere quei luoghi che avevano scritto la storia dell'Europa e ritrovarne alcuni aspetti incontaminati. L'Italia, ancora non industrializzata come altri paesi europei, manteneva in parte questo aspetto, ma Gerome trovò fonte d'ispirazione nella penisola. Al ritorno da questo viaggio, continuò a studiare presso l'atelier del pittore Charles Gleyre.
Di ritorno, come quasi tutti gli artisti francesi, cercò di concorrere per il Prix de Rome, il celebre premio che permetteva ai giovani artisti di soggiornare a spese della Francia a Roma per specializzarsi nelle loro arti. Gerome, tuttavia, non riuscì a vincerlo, dal momento che il suo modo di rappresentare la figura umana non fu considerato all'altezza.
Proprio per questa ragione, l'artista decise di dipingere l'opera Il combattimento tra galli, ambientata nel golfo di Napoli, ai tempi della Magna Grecia. L'opera, in stile "Belle Arti", come era molto diffuso nella pittura "da Salon" dell'epoca, richiama molto la pittura Neogreca di Henri Pierre Picou e Jean-Louis Amon, formatisi anche loro presso Gleyre.

Il combattimento tra galli (1846), Musee d'Orsay, Parigi
Questa opera fu presentata al Salon del 1847 e ricevette una calorosa accoglienza, tanto da ottenere una medaglia di terza classe. Questo successo portò piano piano Gerome ad abbandonare l'idea di concorrere per il Prix de Rome e concentrarsi sulla sua crescente fama in Francia. L'anno successivo, infatti, ottenne una medaglia di seconda classe al Salon, grazie alle opere La Vergine con Gesù Bambino e San Giovanni ed Anacreonte, Bacco e Cupido.
L'importante influenza dell'Italia su Gerome si può vedere notevolmente nel soggetto dell'opera Michelangelo nel suo studio, realizzata nel 1849, quando l'artista produce anche il Ritratto di donna conservato presso il Museè Ingres.

Interno greco o Il Gineceo (1850), Collezione privata New York

Nel 1852 la fama di Gerome crebbe ulteriormente, quando decorò un vaso che Napoleone III donò successivamente al Principe Alberto d'Inghilterra e che oggi è conservato presso la Royal Collection del Saint James's Palace di Londra.
Nel 1852 l'influenza che aveva subito nel conoscere una città come Roma fu messa in atto per un'importante commissione, giuntagli dal nobile Alfred Emilien Comte de Nieuwerkerke, Sovrintendente delle Belle Arti della corte di Napoleone III. Si trattava di una tela di notevoli dimensioni ambientata nell'Antica Roma, L'Età di Augusto. La Nascita di Cristo.
In questa opera, Gerome unisce scene dell'epoca augustea e la nascita di Cristo, avvenuta proprio sotto Augusto.
In questo periodo, l'artista realizza anche altre opere legate all'Italia, come Paestum e Souvenir d'Italie.
Nel 1853 Gerome iniziò a intraprendere alcuni viaggi verso oriente. Molti autori di quel tempo, soprattutto quelli che cercavano maggiormente temi simili a quelli dei romantici, intrapresero viaggi verso oriente e verso il Nordafrica per cercare realtà che fossero diverse e che in qualche modo preservassero uno stile di vita più "antico" di quello dell'Europa Occidentale.
Gerome si recò dunque a Costantinopoli, insieme all'attore Edmond Got. L'anno successivo intraprese un nuovo viaggio in Grecia e Turchia, passando anche per le sponde del Danubio.
Questi viaggi arricchirono il repertorio del pittore che iniziò a dipingere opere anche in stile orientalista.
Nel 1853, mentre era a Parigi, stabilì il proprio studio in Rue-Notre-Dame-des-Champs, nel cosiddetto Boite a The, una serie di studi che ospitava anche altri grandi nomi della scena creativa del tempo, dai compositori Brahms, Berliotz e Rossini, agli scrittori Theofile Gautier ed Ivan Turgenev, che ruotavano tutti intorno alla figura di Georges Sand.
Nel 1854, presso la Chiesa di Saint Severin, Gerome realizzò L'Ultima Comunione di San Girolamo.
Nel 1855, in occasione dell'esposizione universale, l'artista espose numerose sue opere.
Un nuovo viaggio compiuto nel 1857 portò Gerome in Egitto, aumentando il suo interesse per l'arte orientalista.
Le sue nuove opere riscontrarono un notevole successo al Salon del 1857, tenendo alta la reputazione del pittore francese al quale, nel 1858, il Principe Napoleon Joseph Charles Paul Bonaparte incaricò di decorare la propria villa in stile pompeiano.
In questi anni, nonostante i nuovi influssi orientalisti, Gerome non smise di dipingere soggetti fortemente ispirati al mondo romano, come Cesare, del 1859. Non è un caso che in questo periodo tornerà a moduli maggiormente rigidi e classicheggianti, come ad esempio in Frine di fronte all'Aeropago. Tuttavia, anche a fronte di una pittura francese che guardava in quegli anni a nuovi linguaggi, Gerome ricevette le sue prime anche se isolate critiche al Salon del 1861.

Frine di fronte all'Aeropago (1861), 
In quegli anni, Gerome sposò Marie Goupil, con cui si trasferì a vivere in Rue de Bruxelles, dove aprì un suo atelier in autonomia.

Cesare e Cleopatra (1866), collezione privata
Il mercato delle schiave, 1871
Dopo aver tentato di entrarvi per quattro volte, nel 1865 Gerome venne eletto membro dell'Institute de France. Nel 1867, inoltre, fu nominato Ufficiale della Legione d'Onore, nel 1869 membro della Royal Academy e membro dell'Ordine dell'Aquila Rossa e fu persino invitato all'inaugurazione del Canale di Suez.

Pollice Verso (1872), Phoenix Art Museum
Anche negli anni successivi a questo periodo continuò a dipingere alcune opere considerate di livello molto alto, come L'Eminenza grigia del 1873. Sempre in quegli anni, Gerome iniziò a cimentarsi anche nella scultura, riportando in forma scultorea numerosi dei suoi dipinti.
Con l'irruzione nella scena pittorica francese di Manet e, successivamente, degli Impressionisti, Gerome, diversamente da altri artisti di stampo classicista e realista, disse del primo che "non è poi così male".
Nel 1896 dipinse La Verità esce dal pozzo, uno dei suoi più celebri dipinti in cui vuole mettere in evidenza la contrapposizione tra realtà ed illusione. Nel 1902, riguardo questo dipinto - dalle fattezze molto realiste come tutta l'opera - disse che la fotografia aveva finalmente fatto uscire la verità dal pozzo.

La Verità esce dal pozzo (1896)
Gerome morì nel 1904 nel suo studio di Parigi. Chiese una cerimonia molto semplice per il suo funerale, e così fu, anche se numerose autorità vi presero parte. Fu sepolto al cimitero di Montmartre, a Parigi.