Targa in memoria della decisione di rendere San Crisogono Chiesa Nazionale dei Corsi


La targa in questione si trova sotto il portico della Basilica di San Crisogono, in Piazza Sidney Sonnino, nel Rione Trastevere, e ricorda lo stretto legame della Chiesa con la Corsica, tanto da essere stata scelta nel 1445 Chiesa Nazionale dei Corsi. La targa è scritta in lingua corsa, ed è stata qui posta dall'Associazione Culturale Guardia Corsa Papale in San Crisogono il 23 Luglio 2016.

Edicola Mariana in Via Margutta


In Via Margutta, nel Rione Campo Marzio, è presente un'Edicola Mariana risalente al 1858.

Via Alibert


Vicolo Alibert è una strada del Rione Campo Marzio che da Via del Babuino raggiunge Via Margutta e prosegue oltre. La strada originariamente si chiamava Vicolo del Carciofolo all'Orto di Napoli, o per via di un'insegna di osteria, o per un orto di carciofi - la zona, urbanisticamente nata nel XVI Secolo, fu per molto tempo in gran parte adibita ad orti -, o per un qualche rudere che aveva la forma simile a questo ortaggio. Fu anche detto "Vicolo sterrato che sbocca alla Chiesa dei Greci", ed in questo caso non c'è molto da ragionare su quali fossero le ragioni di questa dicitura.
La strada prese poi il nome di Vicolo Alibert perché qui l'omonima famiglia ebbe la propria abitazione ed il proprio teatro, inizialmente nato nel XVII Secolo come un campo di pallacorda e trasformato nel 1717, periodo in cui a Roma sorsero numerosi teatri. Gli Aibert nel 1725 lo cedettero al Vaini ed ai Cavalieri di Malta, e prese il nome di Teatro delle Dame. Acquistato dai Torlonia nel XIX Secolo, nel 1863 andò a fuoco e non venne ricostruito. Oggi la struttura ospita uno spazio per eventi.
Tornando al Vicolo, nel 1870 quando Roma venne annessa al Regno d'Italia, esistevano due Vicoli Alibert: questo, ovvero l'attuale Via Alibert, e l'attuale Via degli Orti d'Alibert a Trastevere.
Si decise dunque di risolvere l'omonimia, dando al vicolo trasteverino il nome "degli Orti d'Alibert", dal momento che lì era presente la villa della famiglia. Per il vicolo di Campo Marzio si era pensato di chiamarlo "Via degli Studi" per via dei numerosi studi di artisti presenti, ma la proposta non ebbe seguito.
La strada si presenta infatti confinante con Via Margutta, ritenuta la via degli artisti di Roma, e numerosi studi erano anche nel vicolo presenti. Un pittore che ebbe un importante presenza nel vicolo fu il tedesco Anselm Feuerbach, che spesso si recava all'Osteria di Nanna Liberta (corruzione popolare di "Anna dell'Alibert"), dove conobbe la proprietaria Anna Ascari che divenne la sua modella.
Nel 1924 il Comune di Roma decise di cambiare il nome della strada da Vicolo Alibert a Via Alibert per via della centralità della strada.

Via dell'Arancio


Via dell'Arancio è una strada del Rione Campo Marzio compresa tra Via del Leoncino e Via di Ripetta. Esse deve il proprio nome ad una pianta d'arancio dipinta su una parte oggi non più esiste di Palazzo Borghese, edificio costeggiato dalla strada. Per questa ragione, la strada fu detta anche Via del Merangolo. Al posto di questo arancio venne poi costruita una piccola fontanella, che venne poi anch'essa abbattuta nell'ambito dei lavori che hanno portato alla costruzione del vicino Ponte Cavour. Poco prima di essere demolita, questa parte del palazzo ospitò un bagno pubblico di proprietà dell'imprenditore Sacchi, proprietario di strutture simili in Via Belsiana e Via del Corso.
Nella strada è presente un'Edicola Mariana all'angolo con Via del Leoncino, mentre lungo la via si trova anche una delle numerose targhe del mondezzaro di Roma, risalente questa al 1740.
Nella strada, come un'iscrizione ricorda, al civico 32 ebbe sede un'ospizio per fanciulle ed al civico 56 la rinomata filodrammatica del Forzani. Il Circolo San Pietro aprì poi nella strada, al civico 63, una delle prime cucine economiche per bisognosi tra quelle che ha aperto a Roma.

Targa del mondezzaro di Via dell'Arancio


La targa del mondezzaro di Via dell'Arancio, nel Rione Campo Marzio, è stata affissa nel 1740 e fa riferimento all'editto del 21 Dicembre dello stesso anno. La targa non mostra particolarità rispetto alle altre di questo tipo, ed il suo testo recita:

"Per ordine espresso di Monsignor Illustrissimo e Reverendissimo Presidente delle Strade si proibisce espressamente a qualsivoglia persona di non gettare immondezze di sorte veruna in questo sito sotto pena di scudi dieci ed altre ad arbitrio di Sua Signoria Illustrissima in conformità dell'editto emanato sotto li XX Dicembre MDCCXL"

Edicola Mariana all'angolo tra Via dell'Arancio e Via del Leoncino


L'Edicola Mariana in questione si trova nel Rione Campo Marzio, all'angolo tra Via dell'Arancio e Via del Leoncino.

Piazza di Monte Savello


Piazza di Monte Savello si trova al confine tra il Rione Sant'Angelo ed il Rione Ripa, compresa tra il Lungotevere de'Cenci ed il Lungotevere de' Pierleoni. 
Essa si venne a creare lungo il Lungotevere negli anni Trenta, quando erano in corso lavori per la costruzione della Via del Mare nel tratto presso il Teatro di Marcello. 
Fu infatti ne 1933 che venne ufficialmente istituita, e le fu dato il nome di "Monte Savello", lo stesso che già aveva da tempo una strada limitrofa, perché così era detta la fortificazione che la famiglia Savelli nel Medioevo costruì sopra alle rovine del Teatro di Marcello.



Oggi la Piazza si presenta in gran parte come uno slargo del Lungotevere, dal momento che il giardino, dove peraltro è presente un monumento ai caduti della zona, risulta chiuso. Vi sono anche alcuni scavi archeologici ed un capolinea di autobus dell'ATAC.
All'angolo con Via del Foro Olitorio è invece presente un singolarissimo monumento, talmente piccolo da risultare quasi invisibile, chiamato "Seconda Casa, Gerusalemme - Roma" ed opera dell'artista proveniente da Israele Micha Ullmann.

Delibera sulla toponomastica dell'8 Maggio 1885

In una delle due delibere (qui l'altra) sulla toponomastica di Roma dell'8 Maggio 1885, il Consiglio Comunale di Roma assegna i nomi alle nuove strade del nascente Rione Prati (qui la versione originale). Si tratta di un'area particolarmente vasta, e per questa ragione viene divisa in cinque diverse zone toponomastiche, principalmente dedicate a personaggi ed episodi legati alla storia di Roma (e, in parte più piccola, del resto d'Italia) ma non solo.

La prima zona, infatti, è dedicata principalmente a fatti d'armi della storia d'Italia, ed è la fascia più settentrionale della zona presa in esame. Vengono qui istituite le seguenti strade:
- Viale delle Milizie
- Viale Giulio Cesare
- Via Barletta
- Via Damiata
- Via Legnano (che sarebbe l'attuale Via Carlo Alberto Dalla Chiesa)
- Via Lepanto

La seconda è dedicata a grandi condottieri e uomini di stato della Roma Antica e del Rinascimento. Le strade prendono i seguenti nomi:
- Via Vespasiano
- Via Ottaviano
- Via Catone
- Via Silla
- Via Caio Mario
- Via Fabio Massimo
- Via Paolo Emilio
- Via Attilio Regolo
- Via Duilio
- Via degli Scipioni
- Via Germanico
- Via Pompeo Magno
- Via dei Gracchi
- Via Ezio
- Via Marcantonio Colonna
- Via Alessandro Farnese
- Via Virginio Orsini
Alle due piazze che vengono comprese in questa zona sono invece assegnati i seguenti nomi:
- Piazza dei Quiriti
- Piazza dell'Unità

Alla terza zona sono invece assegnati principalmente nomi di letterati dell'Antica Roma:
- Via Adriana (oggi Via Catullo)
- Via Varrone
- Via Properzio
- Via Tibullo
- Via Terenzio
- Via Ovidio
- Via Orazio
- Via Tacito
- Via Cicerone
- Via Lucrezio Caro
- Via Plinio
- Via Boezio
- Via Cassiodoro

Le strade della quarta zona sono invece così dedicate:
- Via Pomponio Leto
- Via Lancisi (oggi parte di Via Properzio)
- Via Cancellieri
- Via Sforza Pallavicini
- Via Pietro della Valle
- Via Alberico II

Le strade della quinta zona sono invece dedicate a personalità dell'arte e della cultura di Roma dal Medioevo al XIX Secolo. Vengono attribuiti loro i seguenti nomi:
- Via Valadier
- Via E. Q. Visconti
- Via Gioacchino Belli
- Via Pietro Cossa
- Via Marianna Dionigi
- Via Vittoria Colonna
- Via dei Cosmati
- Via Mercuri
- Via Calamatta
- Via Cavallini
- Via Clementi
- Via Pierluigi da Palestrina
- Via Federico Cesi

Alle tre grandi strade che attraversano il quartiere sono invece assegnati i seguenti nomi:
- Via Cola di Rienzi (nel verbale è scritto proprio così, e non Cola di Rienzo come è oggi nella toponomastica ufficiale)
- Via Crescenzio
- Via Stefano Porcari

Alla grande piazza dove queste tre strade convergono viene invece attribuito il nome di:
- Piazza del Risorgimento

Alla strada che costeggia le Mura Vaticane:
- Via Leone IV (questa assegnazione mostra molti tratti insoliti: in primis è un raro caso di strada dedicata a un Papa in temp di profondo anticlericalismo da parte dell'amministrazione; in secundis, è venerato come Santo, ma la strada non si chiama Via San Leone IV ma solo Via Leone IV. Se questo è in parte spiegabile - forse - con l'anticlericalismo dello stato italiano di quei tempi, non è chiaro come mai nessuna successiva amministrazione abbia mai posto rimedio a questa scelta toponomastica)

Alle due strade che costeggiano il Palazzo di Giustizia, sono attribuiti i seguenti nomi:
- Via Triboniano
- Via Ulpiano

Alla piazza intorno a Castel Sant'Angelo:
- Piazza Adriana

Alla piazza situata allo sbocco del ponte all'altezza di Piazza del Popolo:
- Piazza della Libertà

Alla piazza situata allo sbocco del ponte all'altezza di Via dell'Orso:
- Piazza dei Tribunali

Alla piazza dove sarebbe sorto il monumento a Cavour:
- Piazza Cavour

Il verbale riporta poi il dibattito seguito tra i Consiglieri Comunali. Il Consigliere Righetti propone che una strada venga dedicata anche allo scultore Tenerani (ricevendo successivamente il ringraziamento del Consigliere Tenerani, discendente dello scultore).
Il Consigliere Giobbe propone poi di dedicare una strada all'architetto Benedetto Pistrucci.
Il Consigliere Libani, per evitare una possibile omonimia tra il nome di Piazza Cavour e quello della già esistente Via Cavour, propone di chiamare la nuova piazza "Piazza Camillo Benso", ricevendo tuttavia dal Presidente l'osservazione che il Benso è molto più noto ai più con il nome di Cavour.
Il Consigliere Ricci propone poi di dedicare una strada ad Antonio Canova, mentre il Consigliere Tonetti propone una strada per Nicola Salvi.
Il Consigliere Bartoccini, facendo propria la proposta del Libani di dare altro nome alla Piazza Cavour, propone per la strada i nomi di Piazza Papiniano o Piazza Virgilio.

Targa in memoria dell'arrivo a Roma della salma del Milite Ignoto


La targa in questione si trova all'interno della Stazione Termini, nel Rione Esquilino, e ricorda l'arrivo a Roma della salma del Milite Ignoto, giunta da Aquileia il 2 Novembre 1921. La targa è stata qui posta dall'allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 2 Novembre 2011.

Largo Bruno Baldinotti


Largo Bruno Baldinotti è una strada situata nel Rione San Saba, compresa tra Viale Guido Baccelli e Via Antoniniana. Essa venne istituita nel 1949 e fu dedicata alla Medaglia d'Oro al Valore Militare Bruno Baldinotti, caduto proprio in questa zona ad appena 18 anni il 10 Settembre 1943, nel tentativo di difendere Roma dalle truppe tedesche. A pochi metri dal largo, una targa ricorda Bruno Baldinotti e Carlo Lazzerini.

Fosso dell'Acqua Mariana

L'Acqua Mariana nel luogo dove oggi sorge Via Sannio

Il fosso detto dell'Acqua Mariana era un corso d'acqua artificiale che attraversava, ed in parte attraversa tuttora, quella che un tempo era la campagna di Roma, e dove oggi sorgono numerosi quartieri.
Dopo l'assedio di Roma da parte dei Goti di Vitige del 539, numerosi acquedotti vennero danneggiati, alcuni dallo stesso Vitige con l'obiettivo di tagliare i rifornimenti idrici di Roma. I Romani dovettero perciò sempre di più ricorrere ai bacini idrici naturali, a partire dal Tevere, mentre l'unico acquedotto ancora in funzione restava l'Acquedotto Vergine
Per questa ragione, nel 1122, Papa Callisto II volle realizzare un canale che rifornisse l'Agro Romano per permettere ai mulini di lavorare. 

L'Acqua Mariana un una mappa del 1870

Fu così realizzata l'Acqua Mariana, un lungo fossato che da Squarciarelli, presso Marino, attraversava Morena, passava vicino al Casale di Roma Vecchia, è ancora in parte visibile presso il Parco degli Acquedotti, seguiva poi gli antichi acquedotti, raggiungendo Porta Furba, Via del Mandrione, quindi attraversava l'Appia Nuova, correva lungo l'attuale Via Sannio ed entrava a Roma presso Porta Metronia, per poi passare lungo la Valle Murcia, il Circo Massimo e sfociare nel Tevere presso la Cloaca Massima.

L'Acqua Mariana nel Parco degli Acquedotti 

Con il XX Secolo, numerose delle zone attraversate dall'Acqua Mariana vennero urbanizzate, e per questa ragione il suo corso venne in parte cambiato, facendola confluire prima nel collettore di Via Tuscolana, poi nel 1957 nel fiume Almone, mediante una chiusa presso Roma Vecchia.
In ogni caso, l'importanza di questo fosso nella storia di Roma è stata molto elevata, al punto che il suo nome storpiato, "marana", a Roma è oggi sinonimo di fosso.

Parte del percorso dell'Acqua Mariana in una mappa del 1911

Vicolo dei Fornaciari


Vicolo dei Fornaciari era una strada un tempo esistente nel Quartiere Aurelio. Essa nacque come traversa di Via di Valle Aurelia, e si trovava nella zona del Borghetto dei Fornaciari, ovvero la zona - lungo tale valle - in cui a partire dal XIX Secolo sorsero numerose fornaci di argilla e mattoni, che furono una delle principali produzioni industriali di Roma.
Tale strada costeggiava alcune fornaci ed abitazioni dei fornaciari, e fu inizialmente chiamato Vicolo Emiliani. Tuttavia, per evitare l'omonimia con il Vicolo Emiliani che esisteva all'epoca nel Quartiere Pinciano, nel 1920 si decise di cambiare il nome di questa strada in Vicolo dei Fornaciari.
Con il passare del tempo, le fornaci - ed il limitrofo borghetto - vennero abbandonati, ed in parte distrutti, soprattutto nel 1981, anno in cui il Comune mise in atto un ampio piano di sgombero dei borghetti e degli edifici spontanei in tutta Roma. Il tutto, mentre nel frattempo tutt'intorno era sorto il nuovo Quartiere Aurelio ed i nuovi palazzi popolari di Valle Aurelia.
Vicolo dei Fornaciari cessò dunque di esistere, e nel 1984 il Comune di Roma ne prese atto, sopprimendolo.

Monumento a Ciro il Grande


Un monumento raffigurante l'imperatore persiano Ciro il Grande sarebbe dovuto sorgere nel Quartiere Europa, meglio noto come EUR, intorno al 1977, quando il governo dello Scià di Persia lo commissionò allo scultore Giuseppe Rogolino, autore negli stessi anni del Monumento a Walter Rossi.
Tale nuovo monumento sarebbe dovuto sorgere proprio in Via Ciro il Grande e sarebbe dovuto essere di ben 30 metri di altezza. Tuttavia, il rovesciamento del governo dello Scià in Persia e la nascita della Repubblica Islamica dell'Iran fecero accantonare il progetto.
Di questa scultura oggi rimane uno schizzo, pubblicato dallo scultore anche sul suo sito.

Viale Ventuno Aprile



Viale Ventuno Aprile è un'ampia strada situata nel Quartiere Nomentano, compresa tra Via Nomentana e Piazza Bologna.
La strada venne ufficialmente istituita con il nome di "Viale XXI Aprile", in numeri romani, ma successivamente si preferì cambiare la dicitura in "Ventuno" scritto in lettere, dal momento che la toponomastica della zona ricordava principalmente archeologi e studiosi di cose Romane (rerum romanarum studia). Per questa ragione, nel 1920 si decise di dedicare la strada alla data della fondazione di Roma, avvenuta il 21 Aprile del 753 avanti Cristo.

Il viale che dalla Nomentana portava a Sud nel PRG di Sanjust

Il grande viale era stato progettato nel PRG del 1908 di Sanjust per collegare Via Nomentana con la Via Tiburtina, lungo un asse Nord Sud, attraversato da due grandi piazze, le odierne Piazza Bologna e Piazza delle Province.

Lavori di sbancamento di Viale XXI Aprile nel 1920

Quando la strada venne tracciata, l'unico edificio che vi era presente, ancora in costruzione, era la grande Caserma della Guardia di Finanza, progettata nel 1913 da Arnaldo Foschini e terminata nel 1923-24.

Il nuovo muraglione di Villa Massimo su Viale XXI Aprile

Il primo tratto di strada costruito fu proprio quello tra la Caserma e Villa Massimo, sui cui giardini venne in parte scavato, e la Via Nomentana.

Il tratto del viale davanti alla Caserma della Guardia di Finanza 

Nel 1924 il viale si estendeva da Via Giuseppe Marchi fino alla Caserma Piave, terminando sui campi di Villa Koch, posti a Sud.

Viale XXI Aprile nella mappa del TCI del 1925

La svolta decisiva per il completamento della strada avvenne nel 1925 con la costruzione di otto palazzine della Cooperativa Case Ferovieri Fascisti Roberto Farinacci, in quella che sarà Via Michele di Lando, la loro progressiva realizzazione portò il Governatorato nel 1928 a realizzare il collegamento tra il Quartiere Farinacci e la Nomentana.

Viale XXI Aprile nel settembre del 1929

Gli anni Trenta furono particolarmente vivaci per l'edilizia in questa strada: vennero infatti realizzati il monumento ai Caduti della Guardia di Finanza, nel 1930 per mano di Amleto Cataldi e, tra il 1931 ed il 1937, su progetto di Mario De Renzi, per l'impresa edile Federici, venne costruito il grande complesso residenziale convenzionato detto Case Federici, al cui interno si trovava anche un cinema-teatro, il "XXI Aprile", poi trasformato in supermercato.

Il viale in una cartolina degli anni cinqanta, con Villa Paolina a sinistra

Parco Regionale di Veio


Il Parco Regionale di Veio si estende in parte del territorio dei comuni di Roma, Campagnano di Roma, Castelnuovo di Porto, Formello, Magliano Romano, Mazzano Romano, Morlupo, Riano e Sacrofano.
Si tratta di un parco istituito con una legge regionale del 1997 che comprende al proprio interno una vasta area di interesse storico-naturale, comprendente tra l'altro le rovine della città etrusca di Veio, che da nome al parco.


Oltre alle rovine di Veio, la riserva ospita la villa romana di Campetti, la zona funeraria di Veio, la Mola con annesso fosso e il Fosso Piordo con la cascata, il biotipo di Follettino ed il vulcano di Sacrofano.


Santa Maria in Grottapinta


La Chiesa di Santa Maria inGrottapinta si trova in Via di Grotta Pinta, nel Rione Parione. L'edificio di culto attualmente è sconsacrato.
La Chiesa ha sicuramente un'origine medioevale, ma è difficile darne una datazione. Per un periodo essa fu chiamata San Salvatore in Arco, probabilmente per via del vicino arco - ancora esistente - che collega la strada  con la vicina Piazza del Biscione. Tale arco faceva parte delle rovine del Teatro di Pompeo, sulle cui fondazione la chiesa e gli edifici limitrofi sorgono. Le rovine romane nel medioevo erano dette infatti "grotte", e secondo l'Armellini questo arco sarebbe potuto essere dipinto: da qui il nome di "grotta pinta".
Un'altra possibile origine del nome deriva da un'immagine della Madonna che qui sarebbe stata venerata e che sarebbe stata trovata in una cavità delle rovine del Teatro di Pompeo.
In ogni caso, nel 1186 il Papa Urbano III affiliò la chiesa alla Basilica di San Lorenzo in Damaso, cosa che ci da un termine preciso in cui Santa Maria in Grottapinta già esisteva. Da quel momento, in ogni caso, la Chiesa ha subito numerosi cambiamenti, di cui il più radicale fu quello voluto nel 1599 dalla famiglia Orsini. Per questa ragione la Chiesa, da quel momento, è talvolta detta "Cappella Orsini". Nel 1725 vennero riconsacrati l'altar maggiore e ne furono consacrati due nuovi laterali dedicati a San Giovanni Battista ed al Santissimo Sacramento.
L'attuale facciata, divisa in due ordini e caratterizzata da lesene con capitelli ionici, risale al XIX Secolo.
Nel 1926 l'Istituto Tata Giovanni si trasferì nell'isolato e la Chiesa fu sconsacrata e ridotta ad un magazzino. Attualmente è adibita a spazio per eventi pubblici, e vi è stato realizzato il club "Cappella Orsini", locale cui si accede dal limitrofo Passetto del Biscione.

Drizzagno del Tevere

Da Google Maps è ancora facilmente riconoscibile il vecchio meandro del Tevere, prosciugato in seguito alla realizzazione del drizzagno

Il drizzagno del Tevere, conosciuto anche come drizzagno di Spinaceto o drizzagno di Mezzocammino, è un'opera idraulica che ha portato alla riduzione del corso del Tevere di circa 2,7 km, eliminando un tortuoso meandro del fiume in favore di un tratto rettilineo, un "drizzagno", appunto, all'altezza delle zone Magliana Vecchia, Ponte Galeria, Mezzocammino e Torrino.
Si tratta di un'opera pubblica realizzata con l'obiettivo di arginare le inondazioni, che per secoli hanno colpito Roma soprattutto nelle zone pianeggianti. Nell'arco dei secoli, per scongiurare questo fenomeno, sono state realizzate numerose opere pubbliche, come i muraglioni del Tevere nella zona centrale della città.
Ma se i muraglioni, costruiti alla fine del XIX Secolo, riuscirono a proteggere il centro cittadino dalle inondazioni, nell'Agro Romano questo fenomeno continuò, e in certe zone continua ancora, a verificarsi. 
Nel 1936 il Ministero dei Lavori Pubblici e quello dell'Aeronautica, prepararono dei progetti per la rettifica dell'alveo in zona Spinaceto e la costruzione di un idroscalo ad esso collegato.
Il 17 Dicembre 1937 una nuova inondazione colpì l'area meridionale dell'Agro Romano e si decise di realizzare una nuova opera per ridurre ulteriormente il rischio di inondazioni.

Il corso del Tevere precedente alla realizzazione del drizzagno in una mappa del 1931

Questa piena, infatti, non solo aveva causato una serie di danni, ma aveva portato alla brusca interruzione dei lavori, iniziati pochi mesi prima, per realizzare lo scalo aeroportuale e idrico nell'area della Magliana, l'Idroscalo del Littorio, nell'ambito del progetto per espandere Roma verso il Tirreno
La necessità di fare lavori in questo senso e in tempi stretti furono dettati infatti anche da questo progetto di espansione e dal fatto che non lontano da tale area si apprestava ad essere realizzato il quartiere che avrebbe dovuto ospitare l'Esposizione Universale del 1942.

Pianta e sezione del drizzagno

Nel 1938 iniziarono dunque una serie di lavori per realizzare un canale, il drizzagno, che avrebbe eliminato un meandro del Tevere, riducendo il rischio di inondazioni dovuto all'accumularsi di acque in quell'area irregolare, grazie alla costruzione di un nuovo canale lungo circa un chilometro e con rive larghe quasi 400 metri.
Furono rimossi 1.300.000 metri cubi di terra, con l'uso di otto scavatrici e quaranta locomotive, e l'impiego di circa 400 operai.


Il 12 Agosto 1940, alla presenza del capo del Governo Benito Mussolini, gli ultimi tratti della diga furono fatti saltare e fu così inaugurato il nuovo drizzagno, che venne finalmente percorso dalle acque del Tevere.


Contemporaneamente alla deviazione del fiume sarebbe dovuto essere realizzato anche il vecchio progetto dell'Idroscalo e un nuovo ponte, il Ponte di Mezzocammino, i cui lavori furono interrotti durante la guerra. 
L'inizio della Seconda Guerra Mondiale, tuttavia, fece abbandonare il progetto dell'idroscalo e slittare la costruzione del ponte alla fine della guerra, il ponte infatti venne terminato solamente nel 1951.

La vecchia ansa del Tevere, con il drizzagno in costruzione 


Palazzo Torlonia in Via Zanardelli



Il Palazzo Torlonia di Via Zanardelli, si trova al n. 23 della Via, ad angolo con Via dei Coronari, nel Rione Ponte
La maggior parte delle informazioni di questo palazzo in stile eclettico le abbiamo dalle iscrizioni che esso presenta sulla pregevole facciata di quattro piani, con un bugnato neorinascimentale a fasce alternate, lisce e rustiche, nei primi due piani, e finestre con timpano al piano nobile e all'ultimo livello.


La soluzione d'angolo è caratterizzata da una grande colonna dorica strigilata su cui si innesta l'elegante balconata angolare del piano nobile.
Sulla fascia marcapiano che divide gli ultimi due piani è scritto come il palazzo sia stato realizzato per Augusto Torlonia, Principe del borgo viterbese di Civitella Cesi, nel 1906. 
Via Zanardelli fu infatti realizzata proprio negli anni immediatamente precedenti alla costruzione di questo palazzo, e per questa ragione gli edifici della via risalgono principalmente ai primi del Novecento.


L'architetto che ha progettato questo palazzo è noto grazie ad una targa apposta all'estrema destra della facciata, immediatamente sopra al bugnato, dove su una targa è scritto "Ing. Pietro Via architetto".
L'edificio oggi ospita diverse attività, tra cui un laboratorio di orologeria al primo piano.



Street Art con Caravaggio


In Piazza di Villa Carpegna, nella parte compresa nel Quartiere Aurelio, è presente un'opera di street art raffigurante il ritratto del pittore Michelangelo Merisi noto come Caravaggio.

Monumento ai caduti dell'Esquilino, del Viminale e del Macao nella Prima Guerra Mondiale


Il monumento in questione si trova all'interno del Giardino Nicola Calipari, in Piazza Vittorio Emanuele II, nel Rione Esquilino, e ricorda i caduti di quello che viene definito "Rione Esquilino-Viminale-Macao" nel corso della Prima Guerra Mondiale.

Via Giovanni Mingazzini


Via Giovanni Mingazzini è una strada del Quartiere Nomentano, compresa tra Via Pavia e Largo Ettore Marchiafava. Essa venne istituita nel 1942 e dedicata - in linea con la toponomastica locale, che vede molte strade dedicate a medici per via della vicinanza con il Policlinico Umberto I - al neurologo Giovanni Mingazzini (Ancona 1859 - Roma 1929).

Settizonio



Il Settizonio (in latino Septizonium) era un edificio monumentale che sorgeva lungo il lato sudest del colle Palatino, nell'attuale Rione Campitelli. Si trattava di un edificio monumentale, una sorta di ninfeo, risalente al 203 dopo Cristo - l'epoca dell'Imperatore Settimio Severo - la cui funzione non è ancora stata del tutto chiarita.
Il misterioso nome, Settizonio, è intanto di natura incerta. Alcuni studiosi hanno pensato che ciò potesse indicare una struttura divisa in sette sezioni, ma le incisioni e le ricostruzioni ci mostrano un edificio diviso in tre sezioni. Un'altra ipotesi parla invece di una struttura che contenesse le statue delle sette divinità planetari: Saturno, Sole, Luna, Marte, Mercurio, Giove e Venere.
Quello che sembra confermato, è che il Settizonio fosse una tipologia monumentale ben definita e diffusa, presente anche in altre città oltre a Roma. Si ha notizie infatti di edifici con questo nome in altre città dell'Impero Romano, soprattutto nel Nordafrica, come Cincari, Henschir Bedd e Lambaesys e anche in Sicilia, a Lilybaeum (attuale Marsala).
Anche a Roma, prima della costruzione del Settizonio del 203, esisteva con tutta probabilità un'altra versione di tale edificio, risalente al 40 dopo Cristo se non addirittura poco prima, notizia che tenderebbe a confermare che quella del Septizonium fosse una tipologia di edifici affermata.
Ad ogni modo, Settimio Severo volle realizzare un grande edificio di una lunghezza di circa 100 metri nella valle tra il Palatino ed il Celio, fornendo così una scenografia monumentale di quel lato del Colle rivolta a chi arrivava dall'Appia, idealmente in modo particolare dal Nordafrica, terra d'origine dell'Imperatore.
L'aspetto ci è noto grazie alla Formae Urbis e ad incisioni rinascimentali, e ricorda molto un fondale teatrale in cui si aprivano tre grandi nicchioni e diviso su tre piani colonnati. Lo stile ricorda molto quello dell'Asia Minore, come dimostrano le analogie con il ninfeo di Mileto.
La struttura fu anche per un certo periodo tomba di Geta, figlio di Settimio Severo, su cui però Caracalla impose la damnatio memoriae.


L'edificio iniziò ad andare in rovina nel Medioevo, e lo era sicuramente nell'VIII Secolo, in cui, come molti monumenti abbandonati, venne fortificato da una famiglia nobile. Nel caso del Settizonio, esso rientrò nel sistema di fortificazioni che i Frangipane avevano realizzato nell'area e che comprendeva anche il Colosseo. I resti erano divisi in due parti, dal momento che il settore centrale della struttura centrale era crollata, che furono chiamati Septem Solis Maior e Septem Solis Minor. Nell'ambito delle fortificazioni fu realizzata anche la Torre della Moletta, ancora esistente al Circo Massimo.
Il Settizonio nel Medioevo era sicuramente una struttura, pur se di mutata funzione, molto importante, al punto che nel 1198 vi si tenne il Conclave in cui fu eletto Papa Innocenzo III.
Nel 1223 nelle fortificazioni dei Frangipane Jacopo de' Settesoli, vedova di Graziano Frangipane e terziaria francescana, ospitò il suo amico San Francesco d'Assisi. Il nome "de' Settesoli" deriva appunto dal Settizonio, che nel Medioevo venne chiamato in questo modo.
Nel XVI Secolo, quando le fortificazioni erano state abbandonate, Papa Sisto V ebbe bisogno di materiali per il suo ambizioso programma di rinnovamento per Roma: fu così che decise di utilizzare i marmi e le pietre del Settizonio.
Tra il 1588 ed il 1589, sotto la direzione dell'architetto Domenico Fontana, i marmi del Settizonio furono utilizzati per il basamento dell'obelisco di Piazza del Popolo, per il restauro della Colonna Antonina, per la Cappella del Presepio di Santa Maria Maggiore,  per la Casa dei Mendicanti a Ponte Sisto, per il lavatore delle Terme di Diocleziano, per la facciata Nord di San Giovanni in Laterano con il cortile e la scalinata e per la Chiesa di San Girolamo degli Schiavoni.

Villino Naselli



Il villino Naselli si trovava in Via Ticino n. 3, nel Quartiere Trieste.
Le origini di questo edificio risalgono al 1930, quando venne progettato dall'ingegnere Ugo Gennari per il Conte Gerolamo Naselli; Gaetano Minnucci, all'epoca collaboratore del Gennari, partecipò alla progettazione.
La costruzione fu completata nel 1931.
La sua vergognosa demolizione è stata realizzata nell'ottobre del 2017.

Il villino Naselli nel 1949.

L'edificio in origine si presentava come un villino su due livelli di architettura neorinascimentale. Aveva un ampio tetto a spioventi coperto di coppi alla romana, un grande camino si trovava sul lato di sinistra.


Al n.1 di Via Ticino si apriva il grande cancello carrabile di ferro battuto sostenuto da due pilastri quadrangolari dorici ricoperti da una fascia bugnata e culminanti in sfere decorative. La bella cancellata era di ispirazione seicentesca e le due ante terminavano superiormente in una stella a otto punte. Accanto, al n.3 un cancello pedonale conduceva al giardino.



Al pianterreno due ampie finestre su mensole affiancavano il grande portone decorato a bugnato, preceduto da una scalinata e sovrastato da un timpano spezzato culminante in un grande stemma.

Particolare del grande stemma sul portone principale.

Lo stemma era avvolto in un doppio cartiglio, in mezzo al quale si trovava una corona comitale a nove perle, due coccarde di frutta lo raccordavano alla trabeazione sottostante. Nello scudo era presente l'emblema delle Ancelle Concezioniste del Divin Cuore, caratterizzato dal monogramma della Vergine A M, con al centro il Sacro Cuore di Gesù, sormontato da una corona di 12 stelle.

Stemma delle Ancelle Concezioniste del Divin Cuore.

Le finestre del pianterreno erano decorate da un timpano spezzato in cui si trovava un piedistallo culminante in una sfera. Al primo piano due finestre quadrangolari inquadravano un bel loggiato centrale, costituito da due colonne doriche.


Al piano terra i soffitti erano voltati, la hall d'ingresso e della camera da pranzo erano dotati di volte a padiglione, lo studio e il salotto erano avevano volte a botte, il salone aveva una grande volta a lunette.

Pianta del pianterreno dal progetto originale.

Il villino confinava a Nord con il Villino Gigli, appartenuto al noto tenore.


Nel 1947 la proprietà passò alla Congregazione delle Ancelle Concezioniste del Divin Cuore che, nel 1959, chiesero l'autorizzazione al comune per sopraelevare l'edificio. Nel 1960 fu dunque elevato il villino di due piani, alterandone l'aspetto originario ma cercando di mantenenerne gli stilemi.


Questo villino, è salito agli onori delle cronache nel settembre 2017, quando si è diffusa notizia della volontà di abbatterlo per lasciare spazio a un nuovo edificio residenziale moderno su progetto di Alessandro Ridolfi.
La scelta è stata fortemente criticata da diverse persone e associazioni, come il critico d'arte Vittorio Sgarbi o l'associazione Italia Nostra, soprattutto perché il nuovo edificio, diversamente dal Villino Naselli, non avrebbe avuto un legame con il contesto circostante, caratterizzato dai singolari edifici del Quartiere Coppedè e dal vicino villino che fu proprietà ed abitazione di Beniamino Gigli (e che, diversamente dal Villino Naselli, risulta vincolato).

Il Villino Naselli in Via Ticino, nella splendida cornice di villini, già in parte sostituiti barbaramente negli anni sessanta, come quì si vede in Via Clitunno

Secondo le associazioni contrarie all'abbattimento, anche il Villino Naselli doveva essere vincolato, dal momento che era originario degli anni '30 (quindi oltre i 70 anni che prevedono la tutela di questa tipologia di edifici) e non degli anni '50, quando venne realizzata solo una soprelevazione. La proprietà, invece, ha fatto sapere che il villino risulterebbe un falso storico degli anni cinquanta e come tale non va vincolato e che hanno preferito realizzare un nuovo edificio anziché ristrutturare un falso storico.
Il 16 Ottobre, nonostante le proteste, è iniziata la tragica demolizione del villino.

Il progetto dell'edificio di Ridolfi