Delibera sulla toponomastica di Roma del 14 Giugno 1907

Nella delibera sulla toponomastica di Roma del 14 Giugno 1907, il Consiglio Comunale di Roma si occupa della denominazione di una serie di strade in diverse zone di Roma.

In primo luogo, si occupa della denominazione delle strade vicino alla Camera dei Deputati. In questo senso vengono attribuiti alle strade intorno al nuovo edificio della Camera:
- Via del Parlamento, alla strada che sbocca su Corso Umberto (attuale Via del Corso)
- Si decide di mantenere i preesistenti nomi di Via della Missione e Via del Giardino (attuale Via del Giardino Theodoli) e viene mantenuto il toponimo "dell'Impresa" con il Largo dell'Impresa.

Si assegnano poi i nomi alle strade del quartiere dei Ferrovieri presso Santa Croce in Gerusalemme. Si decide di prolungare Via Umberto Biancamano anche al tratto successivo, e si assegnano nomi a una serie di nuove strade, principalmente restando in linea con la toponomastica della zona che prevede strade dedicate a figure legate alla storia di Casa Savoia e a nomi legati al luogo dove si trovano:
- Vicolo di Porta Maggiore, alla piccola via tra Via Umberto Biancamano e Via di Porta Maggiore
- Via Sessoriana
- Via Germano Sommeiller
- Via Sebastiano Grandis
- Via Saverio Grattoni

Vengono poi assegnati i nomi alle strade del quartiere della Cooperativa "Case ed alloggi per impiegati", oggi parte del Quartiere Trieste. Si decide di denominare così le strade:
- Piazza delle Isole (a margine del verbale è scritto però a matita "Piazza Caprera", ed è così che la strada oggi si chiama effettivamente, e la ragione è spiegata nel successivo dibattito)
- Via delle Alpi
- Via degli Appennini

Vengono poi dati i nomi a diverse strade in diverse aree della città.
- La strada che si immette su Corso Italia viene chiamata Via Po, ma dal momento che lì vicino era stata chiamata così una strada ancora appena abbozzata, a quest'ultima è dato il nome di Via Aniene.
- Alla strada compresa tra il Traforo e Via del Tritone si da il nome di Via dei Due Macelli (in prosecuzione dell'altro tratto), e il nome di Vicolo del Boccaccio viene prolungato anche per il nuovo tratto della strada.
- Al tratto della Via delle Mura tra il Lungotevere Flaminio e la Via Flaminia viene dato il nome di Via Luisa di Savoia.
- Alla via tra Piazza di Tor Sanguigna e Ponte Umberto I si propone invece di assegnare il nome di Via Giuseppe Verdi (ha poi invece preso il nome di Via Giuseppe Zanardelli), mentre si decide di non assegnare per il momento i nomi alle strade limitrofe (che effettivamente conserveranno poi i vecchi toponimi).
- Alla strada tra Via Torino e Via Firenze di fronte al Teatro Costanzi si stabilisce di assegnare il nome di Via del Teatro Costanzi (fa però oggi parte di Via del Viminale).
- Al largo al punto d'incontro tra Corso Umberto I, Via Condotti, Via della Fontanella di Borghese e Via Tomacelli viene dato il nome di Largo Carlo Goldoni, in memoria dell'illustre commediografo che qui abitò (come una targa ricorda).
- Alla strada tra Via Agostino Bertani e Via Luciano Manara viene dato il nome di Via Carlo Sturbinetti.
- La Via Cacciabove viene ritenuta assorbita da Via del Tritone e la denominazione è per questo soppressa.
- Via Ericina, nel Rione Sallustiano, viene assorbita da Via Collina della quale è ritenuta parte.
- Nei pressi di Via Veneto, si decide di sopprimere Piazza dei Cappuccini, ritenuta assorbita dalla nuova strada, mentre per la stessa ragione Via di Sant'Isidoro viene accorciata.
- Dal momento che nel 1906 era stava istituita una Via Lancisi al Quartiere Nomentano, ma non ci si era resi subito conto che una strada con tale nome già esisteva dal 1885 tra i Rione Borgo e Prati, si decide di annettere quest'ultima alla contigua Via Properzio.

Inizia dunque il dibattito. Il Consigliere Torlonia propone di dedicare la strada di fronte al Ponte Umberto non a Giuseppe Verdi ma a Giuseppe Zanardelli, perché da essa si sarebbe visto il Palazzo di Giustizia che lo stesso Zanardelli volle fosse edificato. Torlonia ritiene inoltre che tale via, pur senza una delibera ufficiale, era già stata assegnata a Zanardelli dall'opinione pubblica.

Anche il Consigliere Giordano Apostoli fa riferimento a quanto detto dal Torlonia, cioè che tale strada era già stata denominata Via Zanardelli dall'opinione pubblica. Lo stesso consigliere ponte il problema dell'esistenza di una Via, un Ponte e una Piazza non contigue dedicate a Cavour e invita a fare ordine a riguardo. Osserva inoltre che dal momento che la proposta Via del Parlamento passerebbe vicino alla Camera dei Deputati, che altro non è che uno dei due rami del Parlamento, propone di dare alla strada il nome di Via della Camera de' Deputati. Invita inoltre ad applicare con maggior regolarità i numeri civici e invita a non coprirli con le insegne dei negozi.

Il Consigliere Trompeo ricorda come la Commissione avesse in precedenza stabilito di dedicare a Verdi la strada presso il Ponte Umberto, ma nulla avrebbe vietato di dedicarla allo Zanardelli, tanto più che l'opinione pubblica aveva iniziato a chiamarla così. Inoltre, riguardo la denominazione di Piazza delle Isole proposta, il Consigliere fa notare che nel Rione Ludovisi vi sono già strade dedicate alle maggiori isole d'Italia (Via Sicilia e Via Sardegna), e propone perciò di dedicare la strada all'isola di Caprera, ove morì Garibaldi e per questo ritenuta gloriosa per la storia della nazione. Tale proposta verrà approvata e la piazza, infatti, oggi si chiama Piazza Caprera.

Il Consigliere Balestra ritiene sia più idoneo dedicare la strada presso Ponte Umberto a Zanardelli anziché a Verdi, dal momento che la vicinanza del Teatro Apollo, non più esistente, non è sufficiente a giustificare tale scelta.

Il Consigliere Tommasini ricorda come la scelta di Verdi per la strada presso Ponte Umberto fosse stata fatta proprio per la vicinanza con l'Apollo, ma non si oppone a dedicarla a Zanardelli come non si oppone alla proposta di Piazza Caprera.

Il Consigliere Vanni porta in Consiglio il desiderio espresso dalla Cooperativa che stava costruendo il quartiere fuori Porta Pia di dedicare una strada della zona a Trieste dal momento che aveva unito il suo statuto con quello di una società consimile di Trieste.

Il Consigliere Galli propone di chiamare il proposto Largo Goldoni Largo Bernini.

In conclusione, il Kambo ricorda come il nome di Verdi fu scelto dalla commissione di Statistica che pensò di dedicare alle future vie limitrofe nomi di musicisti.

Il Consiglio, alla fine, si dice contrario al dedicare a Zanardelli la via (ma alla fine questo nome ha avuto la meglio...) e favorevole a chiamare Piazza delle Isole Piazza Caprera.

Perché Roma non ha grattacieli

La torre Europarco e la torre Eurosky sono gli unici due grattacieli di Roma che superano i 100 metri di altezza
Roma è una città che si è sviluppata negli anni più in senso orizzontale che verticale, con poche strutture che superano i dieci piani di altezza e, in parole povere, non ha grattacieli (o meglio ne ha, ma pochi e di altezze non paragonabili a quelli più alti al mondo).
In realtà non c'è una ragione chiara, prestabilita e univoca per cui a Roma non ci sono grattacieli, ma una serie di fattori urbanistici e culturali hanno portato a fare scelte diverse. In generale, in Italia il numero di grattacieli di altezza superiore ai 100 metri è molto limitato rispetto ad altri Paesi del mondo: ne esistono appena 37, quando solo nella città di Hong Kong ne esistono ben 353 sopra i 150 metri, a New York 273 e a Dubai 190.
Nello specifico panorama italiano caratterizzato dalla presenza di pochi grattacieli, Roma ne ha ancora meno: il suo più alto, la Torre Eurosky, alta 155 metri (compresa la guglia), è superata da ben sei grattacieli nel resto d'Italia, tutti situati tra Milano e Torino. Il più alto grattacielo italiano è la Torre Unicredit di Milano, alta 231 metri (che per intenderci è quanto il 19 Dutch, il 40esimo grattacielo più alto di New York).
Sicuramente, in Italia è presente una forte volontà di tutela del paesaggio e delle sue caratteristiche, così come dei centri storici e del tessuto storico delle nostre città, fatto che porta a scelte di sviluppo in orizzontale anziché in verticale. Nel caso di Roma questo lo si vede sicuramente di più rispetto a città come Milano e Torino anche per via della conformazione urbana, che sviluppandosi in numerose aree collinari permette numerosi punti che permettono l'osservazione del panorama urbano, oltre all'indubbio valore storico e artistico dell'abitato che rischierebbe di essere alterato.
Punto focale di tale panorama è probabilmente la Basilica di San Pietro, la cui altezza è di 136,57 metri e che è visibile da gran parte dei punti panoramici di Roma. L'importanza della Basilica nello skyline è tale per cui esiste la falsa credenza per cui i Patti Lateranensi vieterebbero la realizzazione di strutture più alte della Basilica di San Pietro a Roma. In realtà non è così, tanto è vero che a Roma esistono tre strutture più alte di San Pietro, una delle quali è un grattacielo.
Alcuni ritengono invece che quella di non superare San Pietro in altezza, a Roma, sia una legge non scritta. Vero o non vero, sicuramente nelle zone centrali e semicentrali di Roma è legata ai fattori conservativi di cui abbiamo parlato.
In ogni caso, a Roma esistono in tutto sei strutture che superano i 100 metri di altezza, compresa la Basilica di San Pietro, e due di loro sono grattacieli. Al momento la struttura più alta di Roma è la Torre Telecom di Tor Pagnotta, alta 178 metri, seguita dalla Torre Eurosky (155), dalla Torre Radio di Monte Mario (146 metri), dalla Basilica di San Pietro (136,57), dalla Torre Europarco (120 metri) e dal Centro Idrico di Vigna Murata (120 metri). Come vediamo da questa lista, i grattacieli di Roma alti più di cento metri sono esclusivamente due, la Torre Eurosky e la Torre Europarco, situate nella zona dell'Europarco, a sud dell'EUR, e opera di Franco Purini la prima e dello studio Transit la seconda.
Oltre a questo, ci sono stati diversi progetti per la costruzione di grattacieli a Roma, che tuttavia non hanno avuto seguito. Il più recente, e al centro di diverse polemiche, fa parte del complesso progettato per Tor di Valle, nell'area dove oggi sorge l'Ippodromo, dove è in progetto la costruzione del nuovo stadio della Roma. Nel progetto, accantonato nel 2017, erano previsti tre grattacieli di circa 200 metri di altezza progettati dall'architetto Liebeskind. Il progetto più antico nonché più alto era però la Mole Littoria, un grattacielo pensato dall'architetto Mario Palanti nel 1924 che sarebbe dovuto essere alto 330 metri: all'epoca sarebbe stato l'edificio più alto al mondo.

Delibera sulla toponomastica di Roma del 30 Novembre 1906

Nella delibera sulla toponomastica di Roma del 30 Novembre 1906 (visibile qui) il Consiglio Comunale si occupa dei nomi delle strade del Quartiere dei Villini presso il Policlinico (oggi parte del Quartiere Nomentano) su cui aveva lasciato in sospeso la denominazione nella seduta dell'11 maggio 1906. In tale occasione, si era proposto di dedicare tali strade ai comuni dei Castelli Romani, ben visibili da quella zona, ma si era poi deciso di non procedere in tal senso.
Nel verbale è scritto che la Commissione di Statistica aveva proposto, vista la vicinanza con il Policlinico, di dedicare le strade a nomi illustri della medicina. Vengono così proposti i nomi di:
Piazza Galeno
Via Cornelio Celso
Via Antonio Musa
Via Andrea Cesalpino
Via Guglielmo Saliceto
Via Gerolamo Fracastoro
Via Bartolomeo Eustachio
Via Francesco Redi
Via Andrea Vesalio
Via Marcello Malpighi
Via Gabriele Falloppio
Via Giambattista Morgagni
Via Giovanni Maria Lancisi (una strada con questo nome all'epoca già esisteva, istituita nel 1885, tra i Rioni Borgo e Prati, ma l'omonimia venne sanata solamente nel 1907)
Via Giorgio Baglivi
Via Lazzaro Spallanzani

La commissione propone inoltre che il proseguimento di Via Galilei venga intitolato a Ruggero Bonghi.

Nel dibattito che ne segue, il Consigliere Acciaresi racconta di aver parlato con l'Assessore alla Statistica di tali denominazioni, raccomandando che strade fossero dedicate a Eustacchio e Bacci, e dicendosi rammaricato della loro assenza tra i nomi proposti. In realtà una strada a Eustachio era stata effettivamente proposta.

L'Assessore Jacovacci, infatti, fa notare all'Acciaresi che all'Eustacchio risulta essere dedicata una delle strade proposte, e solo il Bacci risulta pertanto escluso, per il quale ritiene tuttavia non vi fosse un numero sufficiente di strade da nominare.

L'Acciaresi, tuttavia, nota come il Redi avesse fama più di letterato che di medico rispetto al Bacci, ma Jacovacci nota come molti medici abbiano apprezzato il lavoro del Redi.

Il Consigliere Kambo interviene domandando come mai non si sia stabilito, come inizialmente proposto, di dedicare tali strade ai comuni dei Castelli Romani. Racconta infatti che nella commissione Statistica, di cui faceva parte, si era deciso di dedicare tali strada ai medici, ma si era anche parlato di come tale scelta, a poca distanza dal Policlinico del Cimitero del Verano, potesse imprimere un senso di melanconia, e si chiede come mai non si sia proceduto perciò a dedicarle ai Castelli Romani o a illustri artisti come anche si era proposto.

L'Assessore Jacovacci ricorda che la possibilità di dedicare le strade ai Castelli era stata respinta dal voto del Consiglio stesso. Il Consigliere Soderini propone perciò di rinviare la denominazione di tali strade a nuovi studi, ma il Presidente nota come già la Commissione si sia espressa a riguardo.

Via Tor de' Schiavi


Via Tor de' Schiavi è una strada che si trova tra il Quartiere Prenestino-Labicano e il Quartiere Prenestino-Centocelle, compresa tra Via Casilina e Via Prenestina.
Con il nome di Tor de' Schiavi venne chiamata l'aula ottagonale che si trova lungo Via Prenestina presso la Villa Gordiani: il nome è dovuto probabilmente al fatto che tale rudere appartenne a Vincenzo Rossi dello Schiavo nel 1571. Nulla ha a che fare probabilmente agli schiavi, categoria che nell'Antica Roma ebbe un ruolo molto rilevante nella società.
Tor de' Schiavi in una mappa del 1870
Per questa ragione, la tenuta che occupava la zona dell'attuale strada fu chiamata Tenuta di Tor de' Schavi. Quando nel 1920 il Comune di Roma decise di dare i nomi a una serie di strade nell'Agro Romano che collegavano diverse vie consolari tra di loro, fu deciso di optare per nomi locali, spesso legati alla tenuta attraversata, e la nuova strada prese dunque il nome di Via Tor de' Schiavi.

Una fotografia del 1960 mostra i palazzi in costruzione in Via Tor de' Schiavi
Via Tor de' Schiavi dà attualmente il nome a una zona al confine tra il Prenestino e Centocelle.

Delibera sulla Toponomastica di Roma del 3 Agosto 1900

La delibera sulla toponomastica di Roma del 3 Agosto è interamente incentrata sugli omaggi dal Re d'Italia Umberto I, che era stato assassinato dall'anarchico Gaetano Bresci a Monza il precedente 29 Luglio.
Il Consiglio, dopo l'annuncio del Presidente di aver inviato un telegramma alla famiglia, stabilisce di presentare al Re e alla Regina le condoglianze, rendendo loro noto di aver votato perché Umberto I venga sepolto presso il Pantheon dove già era stata realizzata la tomba del padre Vittorio Emanuele II.
Segue poi la volontà di dedicare a Umberto I un istituto di beneficienza o di pubblica utilità che venga designato dalla Regina Margherita cui stanziare una somma nel successivo bilancio.
Viene poi stabilito che il Consiglio Comunale prenda parte alle esequie di Umberto I con il gonfalone comunale.
Si stabilisce poi che la galleria in costruzione sotto il Quirinale venga denominata Galleria Umberto I (prenderà poi di fatto il nome di Traforo Umberto I) e che Via del Corso prenda il nome di Corso Umberto I, nome che mantenne fino all'8 Settembre 1943 quando la Repubblica Sociale Italiana volle cambiarne nome in Corso del Popolo, salvo poi riprendere provvisoriamente la vecchia denominazione e poi, dopo la fine della monarchia sabauda, tornare al precedente Via del Corso.

Strade del Quartiere Prenestino-Centocelle

A seguire, un elenco di tutte le strade attualmente esistenti nel Quartiere Prenestino-Centocelle.
 
 
 


Perché si dice "Non c'è trippa per gatti"?

Il Carnacciaro, ovvero colui che distribuiva la trippa ai gatti, in un'incisione di Bartolomeo Pinelli
"Non c'è trippa per gatti", o meglio ancora, in dialetto romano, "Nun c'è trippa pe' gatti": questo detto è molto diffuso in tutta Italia per sottolineare che un determinato obiettivo non può essere raggiunto. Ma come è nato questo detto? Perché si dice così?
Le origini, come si può immaginare, vanno trovate a Roma, nello specifico nella Roma di Ernesto Nathan, sindaco della capitale dal 1907 al 1913, sotto la cui amministrazione vennero realizzate molte opere pubbliche e, per questa ragione, il bilancio dovette spendere molti soldi. Nel rivedere quali spese potevano essere tagliate e dove invece c'era necessità, si notò una spesa relativa alle "frattaglie per gatti". A Roma, questi felini, hanno sempre avuto un ruolo molto importante, e ancora oggi se ne possono incontrare facilmente in giro, a zonzo per strada o in apposite colonie feline (come quella di Torre Argentina, ad esempio), spesso accuditi da gattare e gattari o da persone che vogliono intrattenersi con questi animali. Una volta il compito di dar da mangiare ai gatti, era affidato al carnacciaro, che distribuiva loro la carne di scarto (una volta non c'era il cibo confezionato per gli animali...).
All'epoca, inoltre, a Roma erano già molto presenti i topi, e un tema era come affrontare la loro presenza spesso invadente. Allora si decise di tagliare la fornitura di frattaglie ai gatti per fare in modo che si nutrissero degli stessi topi, prendendo letteralmente due piccioni con una fava.
Per questa ragione oggi si dice "Non c'è trippa per gatti". La frase è legata a questo provvedimento ed è attribuita allo stesso Ernesto Nathan in persona, anche se non ci sono prove per cui sia stata pronunciata dal sindaco.

Altri siti che ne parlano:
Nun c'è trippa per gatti - in Conosciamo Roma

Anfiteatro di Statilio Tauro

Una ricostruzione dell'anfiteatro di Statilio Tauro in un'incisione di Giovanni Battista Piranesi
L'Anfiteatro di Statilio Tauro si trovava nella regione augustea del Circo Flaminio, nella parte compresa nell'attuale Rione Regola. Tale anfiteatro venne edificato nel 29 avanti Cristo nell'ambito del programma augusteo di urbanizzazione della paret più meridionale della pianura del Campo Marzio. Per questo importante programma urbanistico, Augusto coinvolse numerosi suoi parenti e persone a lui vicine, tra cui il genero Marco Vipsanio Agrippa e Tito Statilio Tauro: fu quest'ultimo a finanziare la realizzazione dell'anfiteatro.
L'anfiteatro di Statilio Tauro, realizzato diversi decenni prima del Colosseo, fu il primo anfiteatro stabile a essere costruito a Roma.
 Nel grande incendio di Roma del 64 dopo Cristo, questo anfiteatro andò completamente distrutto e non venne mai ricostruito. La sua collocazione era probabilmente subito a ovest del Circo Flaminio, ma è difficile conoscerla con precisione.

Targa in memoria di Fabio Montagna


La targa in questione si trova all'interno del Parco Fabio Montagna, nella Zona Tor Sapienza, e ricorda Fabio Montagna (Latina 1966 - Nova Gaia 1993), militare caduto in una missione ONU in Mozambico. La targa è stata qui posta nel 1995 (anche se il piedistallo risale al 2011) dal  Comitato di Quartiere "La Rustica".

Targhe commemorative del Suburbio Aurelio

A seguire, suddivise per strada (elencate in ordine alfabetico), trovate l'elenco delle targhe commemorative presenti nel Suburbio Aurelio.

Piazza Cornelia
- Targa in memoria dei caduti della Borgata Montespaccato in tutte le guerre
- Targa in memoria delle vittime degli ordigni abbandonati di Montespaccato
Sulla facciata e sotto il portico della Chiesa di Santa Maria Janua Coeli:
- Targa in memoria dell'affidamento della Chiesa di Santa Maria Janua Coeli alla Congregazione dei Figli di Santa Maria Immacolata
- Targa in memoria della visita di Papa San Paolo VI
- Targa in memoria della visita di Papa San Giovanni Paolo II
- Targa in memoria delle visite dei Papi San Paolo VI e San Giovanni Paolo II
- Targa in memoria della visita di Papa San Paolo VI in occasione del cinquantenario

Targa in memoria dei caduti della Borgata Montespaccato in tutte le guerre


La targa in questione si trova in Piazza Cornelia, nel Suburbio Aurelio, e ricorda i caduti di tutte le guerre della Borgata di Montespaccato.
La targa è molto interessante dal punto di vista della toponomastica locale. La borgata in cui si trova è chiamata infatti in più modi: Montespaccato, Cornelia, Fogaccia. In tale occasione si è scelto di usare il nome Montespaccato.

Colonia felina di Torre Argentina

Tra i ruderi dell'Area Sacra di Torre Argentina, nel Rione Pigna, è presente un'importante colonia felina, la colonia felina di Torre Argentina.
L'origine di questa colonia risale a quando tra il 1926 e il 1928, nell'ambito di lavori di adeguamento stradale della zona tra Corso Vittorio Emanuele e Via Arenula, vennero alla luce i resti romani dell'Area Sacra. Da quel momento, tali ruderi divennero un luogo d'attrazione oltre che per i turisti e i curiosi anche per molti gatti, che li trovavano un luogo protetto in quanto al di sotto del livello stradale. In breve tempo, molte gattare e gattari iniziarono a portare loro cibo e fornirgli assistenza, rendendola di fatto una colonia felina.


Va detto che ovviamente in quegli anni non era ancora diffuso il cibo per animali in scatola e i gatti erano nutriti soprattutto grazie alla carne di scarto. A tale proposito, in passato a Roma esisteva il carnacciaro, un uomo che girava e distribuiva la "carnaccia", la carne di scarto, ai felini.
Va ora fatto un piccolo appunto: la colonia felina si distingue dal "gattile", che è simile a un canile ma che ospita i gatti, e dall'oasi felina, che vuole ricostruire un ambiente dove i gatti possano vivere liberamente. La colonia felina è infatti un gruppo spesso spontaneo di gatti che si riuniscono in un determinato luogo e la cui cura è affidata o a privati cittadini o ad associazioni.


Negli anni, Torre Argentina divenne una delle colonie feline più note di Roma, dove i gatti venivano accuditi da gattare e gattari di ogni tipo, compresi alcuni molto celebri quali l'attrice Anna Magnani.
Negli anni '80 l'attore Antonio Crast ottenne uno spazio all'interno del sottopassaggio pedonale di Torre Argentina (oggi chiuso) per farne un ambiente per la colonia felina, e negli anni '90 gli sforzi di Franca Stoppi, Lia Dequel e Silvia Viviani portarono a una maggiore organizzazione della colonia.
Attualmente la colonia felina di Torre Argentina è nota in tutto il mondo, complice la suggestiva posizione.

Storia dei Forti di Roma


Plastico del Forte Braschi del 1884.

I forti di Roma sono quindici strutture difensive che componevano il campo trincerato di Roma.
Questo sistema difensivo fu costruito tra il 1877 e il 1891 dallo Stato Italiano per riparare la nuova capitale dalla minaccia di un eventuale attacco straniero, soprattutto Francese, volto a restituire la città al Papa.
Il campo trincerato era completato da quattro batterie, piccole fortificazioni composte da postazioni d'artiglieria.

I forti di Roma nel 1883.

La vasta cintura di difesa si estendeva per circa quaranta chilometri intorno alla città, ad una distanza dal centro storico di 4/5 chilometri. 
Ogni forte aveva una struttura di tipo prussiano, con la pianta trapezioidale, si trovava in una posizione strategica, o su un'altura o in corrispondenza di una via consolare, da cui molti presero il nome, e mediamente alla distanza di 2/3 chilometri l'uno dall’altro.

Pianta del Forte Prenestino.

I primi sette forti furono costruiti tra il 1877 e il 1880, per rispondere ad un eventuale sbarco dal Mar Tirreno e furono i seguenti: Monte Mario, Braschi, Boccea, Aurelia Antica, Bravetta, Portuense e Appia Antica.
I lavori iniziarono nell’ottobre del 1877, la direzione fu affidata a Luigi Garavaglia, direttore del Genio Militare.
I successivi forti furono costruiti con i nuovi fondi del 1880 e terminati nel 1882, le batterie furono ultimate nel 1891.

La cinta difensiva di sinistra, 1887

Nel 1919 furono dismessi per il superamento della loro funzione di difesa dovuto alle nuove tecnologie della guerra moderna e per l'avanzare progressivo della città.
Nonostante in origine sorgessero in aperta campagna, oggi i forti sono stati inglobati nella capitale, si configurano dunque come importanti architetture d'epoca, in quartieri inurbati nel dopoguerra e dovrebbero essere adibiti a nuove funzioni. Per alcuni di loro è attualmente così, mentre altri giacciono in disuso.

Particolare dell'interno del Forte Braschi.

Anche se caratterizzati da un'architettura prettamente militare e funzionale, che comunque ha un suo particolare interesse, trovano maggiore monumentalità nel grande portale d'ingresso, inquadrato da lesene di vario tipo e sormontato da elaborati stemmi sabaudi.

L'ingresso bugnato di Forte Antenne.

Oggi alcuni forti sono ancora di proprietà demaniale ed utilizzati dal Ministero della Difesa, tra questi i Forti Ostiense e Pietralata sono stati alterati per la costruzione di caserme; il Forte Braschi, dal 1925 ha ospitato l'intelligence italiana, fino al 2007 il SISDE, ed oggi l'AISE.

Forte Portuense dall'alto.

Altri  forti giacciono  inutilizzati e versano in stato di abbandono, con la vegetazione spontanea che ormai ne occupa i terrapieni da anni. Il Forte Prenestino, invece, è un centro sociale occupato.




Abbacchiaro

Abbacchio servito al ristorante "Da Teo"
 L'abbacchiaro era un lavoro esistente nella Roma di un tempo, e oggi di fatto esercitato in maniera più generica dai macellai. L'abbacchio è un tipo di carne molto diffusa a Roma: si tratta del figlio della pecora ucciso da lattante, ad appena venti giorni dalla nascita. Il nome "abbacchio" deriva dal fatto che l'animale era ucciso con un colpo di bacchio, un lungo e grosso bastone.
L'abbacchiaro spesso, oltre all'abbacchio, vendeva anche pollame, uova e cacciagione. Nel 1600 avevano l'obbligo di vendere ai battiloro - ovvero i lavoratori di lamine d'oro - le budella degli abbacchi macellati, che usavano per la battitura del metallo che gli permetteva di ottenere la foglia d'oro.
Un antico abbacchista, ancora attivo fino a pochi decenni fa, fu Augusto Serpilli, macellaio specializzato in abbacchi e polli che aveva la propria bottega in Via di Ripetta, nel Rione Campo Marzio, fondata dal padre Pietro Serpilli. Oggi la bottega non esiste più ma c'è ancora il ristorante che Augusto e la madre Palmira vollero realizzare nel 1936 accanto alla macelleria: Dal Pollarolo.

Via di Monte Fiore

Il pittoresco ingresso di un edificio di Via di Monte Fiore

Via di Monte Fiore è una strada del Rione Trastevere compresa tra Piazza del Drago e Via della VII Coorte


Il nome della strada è dovuto al fatto che qui, un tempo, era presente un parziale rialzamento del terreno dovuto alla presenza delle rovine dell'Excubitorium, l'antica caserma della VII Coorte dei Vigiles dell'Antica Roma. Questa struttura tornò alla luce in una serie di scavi tra il 1865 e il 1866.
La strada attualmente presenta due lati completamente diversi tra di loro: se il lato verso Viale Trastevere è composto da palazzi costruiti negli anni Trenta, l'altro vede ancora numerosi edifici tradizionali trasteverini.

Edifici caratteristici in Via di Monte Fiore

Delibera sulla Toponomastica di Roma del 6 Novembre 1885

Nella delibera sulla Toponomastica di Roma del 6 Novembre 1885, preso atto che il precedente 28 Ottobre il Consiglio Comunale aveva stabilito di dare al nuovo ponte tra la zona di Via dell'Orso ae i Prati di Castello il nome di "Ponte Umberto I", si decide di dare i nomi ad altri due ponti in costruzione in quegli anni: quello tra Piazza del Popolo e Piazza della Libertà e quello tra Regola e Trastevere.
Al primo si decide di dare il nome di Ponte Regina Margherita, e al secondo di Ponte Garibaldi.

прозрения

Защо Рим се нарича Вечен град?

български

прозрения

Forti di Roma

Storia dei Forti di Roma

Colonie feline di Roma

Animali a Roma

Защо Рим се нарича Вечен град?



По целия свят, Рим, нашият град, когато не се нарича с името си, се нарича "Вечния град". Как така? Нека да разберем защо Рим се нарича Вечен град. Това алтернативно име на Рим е широко разпространено за много дълго време, влизайки в общия език толкова много, за да направи причината и произхода на това име почти пред очите на мнозина.

Също така, защото за един град, който с императорите и папите, в древността, както и в епохата на Възраждането, за изкуство или за политика, от основаването до наши дни винаги е бил герой, това е прякор, който се вписва перфектно. с историята на града. Често, който иска да разбере защо Рим се нарича Вечен град, може погрешно да мисли за парче от творбата на Маргерит Yourcenar, Мемоари на Адриан.

В това произведение, в което френският писател си представя дълга послание на император Адриан, чрез което той проследява периода на Древния Рим, в който той самият водил империята, в която в определен момент се произнася тази присъда: \ t "Друг Рим ще дойде и аз не мога да си представя лицето му, но аз ще помогна да го оформя ... Рим ще живее, Рим ще загине само с последния град на хората".

Фразата, колкото и емоционална, и за колко докосва ръката на вечността на Рим, не е причината, която обяснява защо Рим се нарича Вечен град. Романът на Yourcenar, всъщност, датира от 1951 г., когато в продължение на векове се използваше определението за Вечния град за Рим.
Поетът Тибуло в картина от 1866 г. на Лорънс Алма-Тадема
Но защо тогава Рим се нарича Вечен град?

Първият автор, който говореше за Рим в този смисъл, е живял много векове по-рано от Вашия Ценар. Това е Албио Тибуло, елегически латински поет, който е живял между 54 и 19 г. пр. Хр. В своята II Книга на елегиите, в V пише: 

"Romulus Aeternae nondum formaverat Urbis moenia", traducibile in Italiano come "Né ancora aveva Romolo innalzato le mura dell'Eterna Urbe".

Понастоящем това е най-старото свидетелство на Рим, определено като вечен град и следователно вероятно е фразата, която търсим, ако искаме да знаем защо Рим се нарича Вечен град.

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Via Baccina


Via Baccina è una strada del Rione Monti, compresa tra Via Tor de' Conti e Via dei Serpenti. La strada deve il nome alla famiglia fiorentina Baccini, che qui aveva il proprio palazzo voluto da Andrea Baccini, che morì nel 1614. Nella strada sorse anche l'albergo Ad Crucem Militensem, il cui nome ricordava il simbolo dei Cavalieri di Malta che hanno una sede adiacente.
Sulla strada sono inoltre presenti un'importante Edicola Sacra raffigurante la Madonna col Bambino e l'Oratorio della Santissima Vergine Addolorata, oggi sconsacrato.
Nel 1666 Papa Alessandro VII Chigi progettò un prolungamento della strada per renderla un unico rettifilo con Via degli Zingari: tale progetto non andò in porto, ma venne ripreso dal Piano Viviani del 1873, in cui era previsto un allargamento della strada per renderla maggiormente in asse con la strada limitrofa. In quest'occasione, tuttavia, quando nel 1878 si scoprì che una gran parte dei fabbricati di Via Baccina erano privi di fondamenta, fatto che costrinse a realizzare grandi archi di sostegno che portarono a una notevole spesa e all'interruzione del progetto originario.

Il progetto di ampliamento di Via Baccina nel Piano Viviani del 1873
Fino al 1943 esistette nella strada un giardino di proprietà degli Agostiniani, che venne però esprorpiato per la costruzione del mercato rionale di Monti, ancora esistente seppur attivo solo con un numero limitato di banchi.
Nella strada abitò inoltre il grande attore e drammaturgo Ettore Petrolini, come una targa ricorda.
Dalla Guida Monaci del 1895 risultano in questa strada ben tre venditori di abiti e calzature usati (su circa 30 presenti in tutta Roma), oltre ad alcuni commercianti di categorie merceologiche simili quali bustaie e materassai, oltre a un decoratore, che ci danno un'idea di quella che era la realtà sociale ed economica della strada alla fine del XIX Secolo.
Una parola sui venditori di abiti usati: chi avrebbe detto che poco più di un secolo più tardi, la stessa zona sarebbe diventata uno dei punti di riferimento per l'abbigliamento vintage.

Vicolo dell'Arcaccio


Vicolo dell'Arcaccio è una strada del Rione Regola, che parte da Piazza San Vincenzo Pallotti e non ha uscita. La strada deve il nome probabilmente a un arco oggi non più esistente che non doveva versare in condizioni particolarmente buone.
Sulla strada è presente un nasone e, all'angolo con Via Giulia, il ristorante vietnamita Thien Kim.

"Ho trovato una città di mattoni, ve la restituisco di marmo"


"Ho trovato una città di mattoni, ve la restituisco di marmo": a pronunciare questa frase fu Ottaviano Augusto.

Warum wird Rom Ewige Stadt genannt?


Überall auf der Welt wird Rom, unsere Stadt, wenn sie nicht mit ihrem eigenen Namen bezeichnet wird, "die Ewige Stadt" genannt. Wie kommt das Lassen Sie uns herausfinden, warum Rom die Ewige Stadt genannt wird.

 Dieser alternative Name Roms ist seit langem weit verbreitet und hat sich so sehr in die gebräuchliche Sprache eingearbeitet, um den Grund und Ursprung dieses Namens fast für viele zu schaffen. Auch weil für eine Stadt, die bei den Kaisern und den Päpsten, in der Antike wie in der Renaissance, für Kunst oder Politik von der Gründung bis heute immer ein Protagonist war, ein Spitzname, der perfekt passt mit der Geschichte der Stadt.

Wer wissen will, warum Rom die Ewige Stadt genannt wird, kann irrtümlicherweise an ein Stück aus dem Werk von Marguerite Yourcenar, Memoirs of Hadrian denken. In diesem Werk, in dem sich der französische Schriftsteller einen langen Brief Kaiser Hadrians vorstellt, verfolgt er die Zeit des antiken Roms, in der er selbst das Reich führte, in dem zu einem bestimmten Zeitpunkt dieser Satz ausgesprochen wird: "Anderes Rom wird kommen, und ich kann mir sein Gesicht nicht vorstellen, aber ich habe mitgeholfen, es zu gestalten ... Rom wird leben, Rom wird nur mit der letzten Stadt der Männer zugrunde gehen." Der Satz, so evokativ er auch ist und für wie viel er die Hand der Ewigkeit Roms berührt, ist nicht der Grund, warum Rom die Ewige Stadt genannt wird. Der Roman von Yourcenar stammt aus dem Jahr 1951, als jahrhundertelang die Definition der Ewigen Stadt für Rom verwendet wurde.

Der Dichter Tibullo in einem Gemälde von Lawrence Alma-Tadema von 1866
 Aber warum wird Rom die Ewige Stadt genannt?

 Der erste Autor, der in dieser Hinsicht von Rom sprach, hat viele Jahrhunderte früher gelebt als der Yourcenar. Dies ist Albio Tibullo, ein elegischer lateinischer Dichter, der zwischen 54 und 19 v. Chr. Lebte. In seinem II. Buch der Elegien schreibt der Dichter im V. die folgenden Verse:

"Romulus Aeternae nondum formaverat Urbis moenia", traducibile in Italiano come "Né ancora aveva Romolo innalzato le mura dell'Eterna Urbe".

Dies ist derzeit das älteste Zeugnis von Rom, definiert als ewige Stadt, und daher ist es wahrscheinlich der Ausdruck, nach dem wir suchen, wenn wir wissen wollen, warum Rom die Ewige Stadt genannt wird.

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Targa in memoria di Pio XII


La targa in questione si trova nell'androne di Palazzo Pediconi, in Via degli Orsini, nel Rione Ponte, e ricorda il Papa Pio XII Pacelli (1939-1958), qui nato con il nome di Eugenio Pacelli (1876-1958).

Targa in memoria del Beato Alvaro Del Portillo


La targa in questione si trova nell'androne di un palazzo di Corso Rinascimento, nella parte compresa nel Rione Parione, e ricorda il Beato Alvaro Del Portillo (Madrid 1914-Roma 1994), che qui abitò appena arrivato a Roma tra il 28 Febbraio e il 15 Giugno 1946.
La targa è stata qui posta dall'Obra Pia-Stabilimenti Spagnoli in Italia.

Targa in memoria del Pontificio Istituto Ecclesiastico Ungherese


La targa in questione si trova all'interno di Palazzo Falconieri, sede dell'Accademia d'Ungheria, in Via Giulia, nel Rione Regola, e ricorda il Pontificio Istituto Ecclesiastico Ungherese, che qui ebbe sede sin dal 1928, creando le fondamenta istituzionali a Roma per la formazione scientifica dei sacerdoti ungheresi e formando così diverse generazioni di personalità ecclesiastiche.
La targa è stata qui collocata dalla Conferenza Episcopale Ungherese nel 2013.

Targa in memoria degli 80 anni dalla fondazione dell'Accademia d'Ungheria


La targa in questione si trova all'interno di Palazzo Falconieri, sede dell'Accademia d'Ungheria, in Via Giulia, nel Rione Regola, ed è stata qui posta nel 2007 per celebrare gli 80 anni dalla fondazione dell'Accademia stessa.

Targa in memoria di Kuno Klebelsberg


La targa in questione si trova all'interno di Palazzo Falconieri, sede dell'Accademia d'Ungheria, in Via Giulia, nel Rione Regola, e ricorda Kuno Klebelsberg (Peckska 1875 - Budapest 1932), Ministro del Culto e della Pubblica Istruzione, continuatore dell'opera del Vescovo Vilmos Fraknoi e fondatore dell'Accademia d'Ungheria in Roma da lui istituita.
La targa è stata qui posta nel 2000 dal Ministero del Patrimonio Culturale d'Ungheria in occasione del primo millenario della fondazione dello stato ungherese.

Targa in memoria degli artisti ungheresi della "Scuola Romana"


La targa in questione si trova all'interno di Palazzo Falconieri, sede dell'Accademia d'Ungheria, in ia Giulia, nel Rione Regola, e ricorda i 129 artisti ungheresi, ex borsisti dell'Accademia d'Ungheria che furono a Roma tra il 1928 e il 1943 divenendo membri della "Scuola Romana".
Nello specifico sono ricordati in modo particolare Vilmos Aba-Novak (1894-1941), Pal Molnar C.- (1894-1981) e Istvan Szonyi (1894-1960).
La targa, scritta sia in lingua ungherese che in lingua italiana, è stata qui posta dal Ministero della Pubblica Amministrazione e della Giustizia ungherese in occasione dell'anno culturale Ungheria-Italia del 2013.

Collegamenti tra Roma e la Sardegna

Roma e la Sardegna sono separate dal Mar Tirreno, fatto che rende necessario l'uso di un aereo o di un traghetto come collegamento per raggiungere la Sardegna da Roma e Roma dalla Sardegna. Questi trasporti sono particolarmente importanti per la vasta comunità sarda storicamente presente a Roma, per i numerosi romani che scelgono la Sardegna come meta delle loro vacanze e per i sardi che scelgono di visitare Roma. Molti sardi lamentano storicamente la mancanza di prezzi agevolati per coloro che, pur residenti in Sardegna, vivono per ragioni di lavoro o di studio "in continente", come amano chiamare la penisola italiana.

Ma adesso andiamo a vedere quali sono i collegamenti tra Roma e la Sardegna.

In aereo

La Sardegna ha tre aeroporti aperti ai voli civili: Cagliari-Elmas (CAG), Olbia-Costa Smeralda (OLB) e Alghero-Fertilia (AHO). Tutti e tre sono collegati con almeno uno dei due aeroporti di Roma, Fiumicino (FCO) e Ciampino (CIA).

Cagliari-Elmas (CAG)
L'aeroporto di Elmas è collegato sia con Roma Fiumicino - grazie ai voli Alitalia - che con Roma Ciampino - grazie ai voli Ryanair.

Olbia-Costa Smeralda (OLB)
L'aeroporto di Olbia è collegato all'aeroporto Roma Fiumicino grazie ai voli Air Italy.

Alghero-Fertilia (AHO)
L'aeroporto di Alghero è collegato all'aeroporto Roma Fiumicino grazie ai voli Blue Air.

In nave

Il porto di Olbia
La Sardegna ha numerosi porti, molti dei quali si affacciano sulla sponda tirrenica e sono perciò ben collegati a quelli del litorale laziale. Il traghetto permette di viaggiare tra Roma e la Sardegna anche portando con sé l'automobile. Il principale porto vicino a Roma per viaggiare in nave verso la Sardegna è Civitavecchia, collegato a Olbia, Golfo Aranci, Cagliari e Porto Torres.
Il porto tuttavia più vicino a Roma collegato con la Sardegna è Fiumicino, che tuttavia è collegato con meno rotte.
A operare queste rotte sono, tra le altre, le linee Grimaldi Lines, Moby e Tirrenia.

Civitavecchia-Porto Torres
Civitavecchia-Olbia
Civitavecchia-Arbatax
Civitavecchia-Cagliari
Fiumicino-Golfo Aranci

Siti delle linee aeree che operano voli tra Roma e la Sardegna:
Air Italy
Alitalia
Blue Air

Targa in memoria della costruzione del nuovo edificio del Pontificio Collegio Croato di San Girolamo


La targa in questione si trova in Via Tomacelli, nel Rione Campo Marzio, e ricorda la costruzione del nuovo edificio del Pontificio Collegio Croato di San Girolamo, avvenuta nel 1938.

Cappella di Nostra Signora di Lourdes a S. Rocco all'Augusteo




La prima cappella di sinistra della chiesa di San Rocco all'Augusteo, nel Rione Campo Marzio, è dedicata alla Vergine di Lourdes.
In origine era consacrata a San Vincenzo Ferreri, di cui era posto sull'altare un quadro del Grecolini, ed ospitava il fonte battesimale della chiesa.
Fu il parroco Frediani a iniziare la devozione all'Immacolata dopo la proclamazione del dogma facendo eseguire, nel 1860, dal pittore Pietro Gagliardi, un'Immagine della Vergine Immacolata, che fu posta nella terza cappella di destra della chiesa, che fu dedicata all'Immacolata.
Nel 1899 il parroco Romolo Allegrini decise di favorire la devozione a Nostra Signora di Lourdeds facendo erigere una riproduzione della Grotta di Massabielle tale da occupare tutta la superficie della cappella. I lavori iniziarono presto e sia la grotta che l'altare di marmo frono terminati nel 1900, anno del Giubileo, cosicchè la cappella fu inaugurata nello stesso Anno Santo.
L'altare, costituito da marmi pregiati, è decorato da due altorilievi in marmo bianco che affiancano il tabernacolo scolpiti da Ascanio Angeloni: a destra Gesù al pozzo con la Samaritana, a sinistra un miracolo della Madonna di Lourdes davanti alla Basilica del Rosario. Il tabernacolo culmina in un tempietto su colonnine di bronzo con tetto a pagoda.
Nella nicchia fu posta una tela dipinta da Giovanni Gagliardi rappresentante la Vergine di Lourdes, dall'altro lato un'altra rappresentante Bernadette inginocchiata.
L'immagine della Madonna presente nella cappella fu incoronata una prima volta nel 1912 e nuovamente nel 1915.



Nel 1956 il rettore Mons. Romita fece sostituire i dipinti nella grotta con delle statue, attualmente in sacrestia. Nello stesso anno Gianfranco Spagnesi disegnò le nuove balaustre per tutte le cappelle in marmo verde.
Infine negli anni Ottanta, con il contributo dei fedeli, fu realizzata l'attuale statua della Vergine dotata di particolare suggestione.







Colonna in memoria dell'apertura di Via dell'Impero


La targa in questione si trova in Via dei Fori Imperiali, nella parte compresa nel Rione Campitelli, e ricorda l'apertura di Via dell'Impero, avvenuta nell'Ottobre del 1930 sotto il regno di Vittorio Emanuele III, con Benito Mussolini capo del Governo e Francesco Boncompagni Ludovisi Governatore di Roma, come scritto sulla targa.
Durante il Ventennio fascista, in occasione di importanti opere pubbliche era abitudine porre come targa commemorativa una colonna come in questo caso.

Via degli Annibaldi


Via degli Annibaldi è una strada del Rione Monti compresa tra Via Cavour e Via Nicola Salvi. 
Le origini della strada risalgono al PRG del 1883 quando, nell'ambito dei cambiamenti urbanistici della zona, che avevano portato alla progettazione della vicina Via Cavour, si decise di prolungare Via dei Serpenti oltre la nuova strada fino a raggiungere il Colosseo.
I lavori iniziarono nel 1895, e comportarono lo scavo del Colle Oppio, nella ex Villa Mattei, per raggiungere il livello stradale più basso di Via Cavour. 

Il tracciato della futura Via degli Annibaldi sulla mappa di Roma del Marré del 1876

Durante la costruzione della strada vennero in luce i resti di un ninfeo del I secolo A.C., in parte sezionato dalla nuova arteria, l'antica Torre degli Annibaldi invece venne risparmiata, e ancora oggi lambisce la strada sul versante di San Pietro in Vincoli. Furono costruiti due grandi muraglioni di contenimento lungo il colle, rivestiti in tufo e quadrature in travertino e dotati di un parapetto.

La strada nel 1903

Nel 1906 prese il nome di Via degli Annibaldi, in memoria della famiglia che nel Medioevo controllava il Colosseo.
In occasione del Giubileo del 2000 è stato realizzato sopra l'arteria un ponte pedonale, che ripercorre così il tracciato della vecchia Via della Polveriera, interrotta proprio dalla realizzazione dei muraglioni di Via degli Annibaldi, e permette di godere un magnifico affaccio sul Colosseo.






Via dell'Amba Aradam



Via dell'Amba Aradam è una strada del Rione Monti compresa tra Piazza di San Giovanni in Laterano e Largo dell'Amba Aradam.
Tale strada è l'antica Via della Ferratella, cui nel 1936 il Governatorato di Roma volle conferire il nome di Via dell'Amba Aradam per commemorare la decisiva vittoria italiana nella Guerra d'Etiopia, combattutasi presso l'omonimo monte nel febbraio 1936.

Un reparto di truppe Italiane di fronte all'Amba Aradam nel 1936

Contemporaneamente, una strada nel Rione Trastevere, di fronte all'edificio della GIL,  prese il nome di Via Ascianghi, in memoria della battaglia del Lago Ascianghi, combattutasi nella stessa guerra.

Via della Ferratella, attuale Via dell'Amba Aradam, in una mappa del 1930 dell'Istituto Geografico De Agostini

Sempre nel 1936, il Governatorato decise di "risarcire" la storia Via della Ferratella con una nuova strada, parallela a Via dell'Amba Aradam, ovvero l'attuale Via della Ferratella in Laterano.
Negli anni trenta la strada era in gran parte non urbanizzata, e si presentava come una stretta via che si concludeva alla Basilica di San Giovanni in Laterano. Dai primi anni del XX Secolo vi furono collocate alcune delle casette provvisorie volute dal sindaco Ernesto Nathan, ma negli anni trenta vennero rimosse.

Lavori in Via della Ferratella nell'aprile del 1936

Nel 1936 il Governatorato di Roma promosse dei lavori di allargamento per aumentarne il traffico, dai quartieri Ostiense all'Appio Latino. Furono attuati degli sventramenti di edifici in prossimità di San Giovanni in Laterano.
Il 21 Aprile 1936 lo stesso Mussolini inaugurò la strada con il nuovo nome di Via dell'Amba Aradam.
Tra il 1932 e il 1937 l'architetto Giuseppe Momo fu incaricato di costruire, a ridosso di questa strada, la nuova sede della Pontificia Università Lateranense.
Negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale sorsero lungo l'arteria i nuovi edifici dell'Ospedale San Giovanni - Addolorata, realizzato a partire dal 1958, e del palazzo dell'INPS, risalente al 1959.

Un'immagine di Via dell'Amba Aradam

Proprio sotto questo palazzo è nascosto un importante complesso archeologico, la Domus Faustae, scoperta proprio durante i lavori di costruzione dell'edificio. Si tratta di due edifici di età Giulio-Claudia identificati come le case dei Laterani e dei Pisoni.

Soldati Italiani durante la battaglia dell'Amba Aradam

Riguardo il nome della strada, va chiarito che nel linguaggio comune italiano il termine "Amba Aradam", o, per crasi, un "Ambaradan", indica spesso una situazione confusionaria. Questo non c'entra con la strada, ma con la battaglia: le truppe italiane, infatti, erano alleate ad alcune tribù locali che, in base alle situazioni, più volte avevano cambiato fronte in vista della battaglia, creando una situazione caotica.
Da lì molti soldati che avevano combattuto in Etiopia iniziarono, tornati in patria, a usare tale termine, facendolo entrare nel linguaggio comune.