Targa in memoria di Giacomo Matteotti (PSDI)


La targa in questione si trova in Lungotevere Arnaldo da Brescia, nel Quartiere Flaminio, e ricorda il parlamentare socialista Giacomo Matteotti (Fratta Polesine 1885 - Roma 1924) nel luogo in cui venne prelevato da un gruppo di squadristi che lo ha successivamente ucciso.
Tale targa è stata posta nel 2004, a 80 anni dall'assassinio di Matteotti, dal Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI).

Targa in memoria di Giacomo Matteotti (Circolo Saragat-Matteotti)


La targa in questione si trova in Lungotevere Arnaldo da Brescia, nel Quartiere Flaminio, e ricorda il parlamentare socialista Giacomo Matteotti (Fratta Polesine 1885 - Roma 1924) nel luogo in cui venne prelevato da un gruppo di squadristi che lo ha successivamente ucciso.
Tale targa è stata posta nel 2009, il 10 Giugno, nell'85esimo anniversario dell'uccisione di Matteotti, dal Circolo culturale "Saragat - Matteotti".

Monumento a Giacomo Matteotti


Il monumento a Giacomo Matteotti si trova in Lungotevere Arnaldo da Brescia, nel Quartiere Flaminio, nel luogo in cui l'uomo politico socialista venne caricato di forza su un'auto da un gruppo di squadristi che di lì a poco lo avrebbero ucciso.
Matteotti abitava in una palazzina nella vicina Via Pisanelli, come una targa ricorda.
L'opera è stata realizzata nel 1974, in occasione del 50esimo anniversario della morte di Matteotti, dallo scultore Iorio Vivarelli. Per via della forma della scultura, slanciata verso il cielo simile a una fiamma, i romani presto ribattezzarono tale monumento "Il Fiammifero".

Il Faro del Gianicolo



Il Gianicolo ospita un faro, posto lungo la passeggiata omonima, in Piazza del Faro, nel Rione Trastevere.
Il faro fu costruito nel 1911, per il cinquantenario dell'unità d'Italia, con i fondi raccolti dagli Italiani emigrati in Argentina.
Ne fu decisa la collocazione sul colle che aveva ospitato la difesa di Roma nel 1849 ed era già stato sfruttato per realizzare il grande monumento a Garibaldi.
All'architetto Manfredo Manfredi fu affidata la progettazione del manufatto, egli aveva raggiunto la notorietà realizzando la tomba del re Vittorio Emanuele II nel Pantheon. Lo stile adoperato è quello eclettico ellenistico già inaugurato da Giuseppe Sacconi nel Vittoriano.


Il faro ha un'altezza di venti metri ed è costituito da una grande colonna dorica scanalata, in marmo botticino, posta su una base circolare a gradoni, su cui si apre l'ingresso.


Questo è caratterizzato da un'apertura strombata accompagnata da una spessa cornice, sormontata da un cornicione decorato con acroteri e un medaglione centrale.
Sullo stilobate sono poste quattro edicole su volute che illuminano le scale interne.
L'echino è decorato da dentelli e ovoli, mentre sull'abaco è incisa la dedica del faro: A ROMA CAPITALE GLI ITALIANI D'ARGENTINA MCMXI.


Sul capitello è posta un'ara, decorata da festoni posti fra quattro volute sormontate da protomi leonine, che sorregge la lanterna circolare.
Un fascio tricolore illumina la città di Roma quando il faro è acceso.
Dal faro si gode un panorama magnifico sulla città di Roma.



Piazza dei Cavalieri di Malta



Piazza dei Cavalieri di Malta si trova nel Rione Ripa, sul Colle Aventino, compresa tra Via di Santa Sabina e Via di Porta Lavernale.
Questo spiazzo, che fino al 1925 era dal punto di vista toponomastico uno slargo di Via di Santa Sabina, rappresenta un'opera dall'importante valore architettonico.
Nel Medioevo l'Aventino, scarsamente abitato, rappresentò un punto strategico per realizzare molte fortificazioni: vi sorse così ad esempio la Rocca Savella, oggi trasformato nel Giardino degli Aranci, e questo punto, affacciato sui resti dell'Emporium di Testaccio che permetteva di controllare il guado del fiume, fu sede originariamente di una fortificazione in cui sorgeva Monastero Benedettino, donato ai Cluniacensi da Alberico II di Spoletonel X Secolo, che divenne poi una fortificazione dei Templari nel XII Secolo e poi, nel 1312, dei Cavalieri Gerosolimitani, divenuti poi noti come Cavalieri di Malta. Qui sorgeva inoltre la Chiesa di San Basilio, divenuta poi Santa Maria in Aventino e quindi Santa Maria del Priorato, che venne affidata anch'essa prima ai Templari e poi ai Cavalieri di Malta.

La lapide dedicatoria del Cardinale Rezzonico

La storia di questo slargo di Via di Santa Sabina cambia radicalmente tra il 1764 e il 1765, quando il Cardinale Giovanni Battista Rezzonico, nipote di Papa Clemente XIII Rezzonico, ordina il rifacimento della Chiesa di Santa Maria del Priorato, affidandone il progetto a Giovanni Battista Piranesi.


Piranesi all'epoca era un architetto amato da alcuni ma fortemente osteggiato da altri teorici del settore seguaci delle idee di Johann Joachim Winckelmann, il quale vedeva nell'architettura greca una superiorità su quella romana, che ne sarebbe stata per lui solo un'emanazione. Diversamente, il Piranesi riteneva superiore l'architettura romana e quella etrusca su quella greca. Al di là dei dibattiti di cui fu protagonista, Piranesi era stato fino a quel momento principalmente uno stimato teorico e un'incisore di capricci e di luoghi ideali, attraverso i quali manifestò le sue idee di superiorità dell'architettura romana anche attraverso una nostalgia che ha voluto raccontare attraverso le immagini di rovine.
Nel caso del restauro di Santa Maria del Priorato, Piranesi riesce però a mettere in pratica le sue idee. A questo va aggiunto un altro fatto: il ritrovamento durante i lavori di sistemazione dei resti del Vicus Armilustrii, una strada percorsa dai soldati romani in occasione dell'Armilustrium, una festività Romana che si celebrava il 19 Ottobre e che era dedicata a Marte, in cui i soldati, sul Colle Aventino, deponevano le armi per sottoportle alla lustratio, una sorta di purificazione, prima di essere riposte in vista dell'inverno.

Progetto originale di Piranesi dell'ingresso al Priorato

Piranesi, in primo luogo, trasforma le forme della Chiesa di Santa Maria del Priorato, donandole una facciata a capanna con elementi tipici dell'architettura romana come le lesene e il timpano e motivi decorativi in rilievo che richiamano le grottesche, ma il grosso del lavoro con cui in qualche modo rivoluziona l'architettura del tempo, anticipando molto dell'urbanistica a lui successiva, lo fa nella piazza, su cui la Chiesa tecnicamente non si affaccia essendo all'interno del complesso dei Cavalieri di Malta.

L'ingresso al complesso del Priorato è dotato di finestre cieche

La piazza realizzata dal Piranesi è scandita da diversi pannelli, priva di edifici che vi si affaccino direttamente: la cosa più simile è l'ingresso al complesso della Villa del Priorato, di fatto un monumentale ingresso.

La croce di Malta è inquadrata da festoni flauti e un'arpa

Una serie di pannelli ed elementi architettonici, come rilievi e obelischi, delimitano la piazza: il vuoto prevale sul pieno, la piazza è estraniata dal contesto urbano, complice il fatto che all'epoca l'Aventino quasi non era urbanizzato. I riferimenti nei rilievi sono alle armi, all'Armilustrium, ai Cavalieri di Malta e alla famiglia Rezzonico.


A coronare il tutto, il buco della serratura della villa dei Cavalieri di Malta, dal quale si vede, posta in rettilineo seppur molto distante, la Cupola di San Pietro. Un'illusione ottica che fa sembrare uno dei simboli del Cattolicesimo mondiale ancora più vicino a questo luogo.


Nel 1896 venne costruita sul Colle la grande Abbazia di Sant'Anselmo dell'Ordine Benedettino, il cui ingresso si apriva su un lato della piazza, accanto al muro piranesiano, da quel momento gli edifici neoromanici fanno da sfondo alla piazza settecentesca.
Nel 1925, mentre l'Aventino veniva maggiormente urbanizzato, si decise di dare un nuovo nome a questo spazio che divenne ufficialmente Piazza dei Cavalieri di Malta.

Altri siti che ne parlano:
 - Piranesi e l'Aventino: la Piazza dei Cavalieri e la Chiesa di Santa Maria del Priorato - in Roma Felix

I danni del bombardamento di Porta Pia


Il 20 settembre 1870 durante l'assalto di Roma Porta Pia fu colpita da duri cannoneggiamenti da parte delle artiglierie dell'esercito Italiano.
Gli zuavi Pontifici guidati dal Generale Kanzler avevano realizzato una batteria difensiva di artiglieria davanti alla porta, che alloggiava due cannoni lisci di bronzo da campagna.
Con l'inizio del cannoneggiamento Italiano, all'alba, la batteria pontificia fu colpita in parte dalle batterie posizionate dietro Villa Macciolini, in patre da quattro cannoni posti lungo la Via Nomentana, che poi avanzarono fino a Villa Torlonia. La batteria rispose al fuoco bersagliandone le artiglierie, ma non era facile per gli zuavi manovrare i pezzi perché erano continuamente travolti dalle scheggie delle mura in frantumi.
Molte palle di cannone e molte granate danneggiarono la retrostante porta, completata da Virginio Vespignani appena nel 1869 per volontà di Pio IX.

Lo stato della porta e della breccia il 20 settembre 1870
Il bombardamento terminò alle dieci di mattina, quando dal pennone della porta fu ammainata la bandiera Pontificia e issata quella bianca.


I danni a Porta Pia furono molteplici: gli angoli del fornice furono molto deteriorati, le due colonne e i capitelli accanto al portone d'ingresso furono scheggiati, il pilastro della colonna destra fu completamente danneggiato. Le due statue di Sant'Agnese e Sant'Alessandro vennero decapitate, e una perse la mano, il timpano distrutto nella parte sommitale, mentre l'iscrizione dell'attico fu colpita ed era annerita dal fumo dei cannoni.


L'immagine della Madonna con bambino realizzata in mosaico e posta sul retro del coronamento della facciata michelangiolesca fu colpita da tre palle di cannone che fortunatamente risparmiarono la Vergine.
Anche le mura adiacenti alla porta erano crivellate dai colpi, e alcuni merli furono distrutti.



Dopo i bombardamenti, alle 10.00 partì l'attacco a Porta Pia da parte del 39° reggimento di fanteria e del 40° reggimento fanteria, guidato dal tenente Valenzani, al comando del Generale Angelino, che superarono la batteria d'artiglieria ed entrarono a Roma attraverso Porta Pia. Il tenente Valenzani, giunto sotto la porta, fu colpito mortalmente alla testa, e il patriota Nino Costa, che partecipava all'assalto, appoggiò il corpo esanime a un pilastro della porta.

L'assalto del 39° e 40° reggimento di fanteria a Porta Pia

Edmondo De Amicis, ufficiale dell'Esercito Italiano, così scrisse nel libro Le tre Capitali: "La Porta Pia era tutta sfracellata; la sola Immagine della Madonna, che le sorge dietro, era rimasta intatta; le statue a destra e a sinistra non avevano più testa; il suolo intorno era sparso di mucchi di terra; di materasse fumanti, di berretti di Zuavi, d'armi, di travi, di sassi."

Negli anni ottanta dell'Ottocento la porta fu restaurata sostituendo le parti danneggiate. Le due statue di Sant'Agnese e Sant'Alessandro rimasero per anni nei magazzini della Basilica di San Paolo e furono reintegrate e ricollocate solamente nel 1929, dopo la stipula dei Patti Lateranensi.

Apple Store a Roma


L'azienda statunitense Apple è una delle più note al mondo e produce numerosi dispositivi tecnologici, dall'iPhone all'iPad fino ai computer Mac. Dispositivi richiesti e diffusi in tutto il mondo che vengono venduti, in modo particolare, negli Apple Store ufficiali, oltre che in altri rivenditori autorizzati.
Ma dove si trovano gli Apple Store a Roma?

Ecco un elenco:

Apple Euroma2 - Presso il Centro commerciale Euroma2
Apple Porta di Roma - Presso il centro commerciale Porta di Roma
Apple Roma Est - Presso il centro commerciale Roma Est

Per qualsiasi ulteriore informazione, vi invitiamo a consultare il sito ufficiale di Apple.

Fontana del Mascherone di Santa Sabina


La fontana del Mascherone di Santa Sabina si trova in Piazza Pietro d'Illiria, nella parte del Rione Ripa che sorge sul colle Aventino.
Tale fontana risale al 1936 quando, nella sistemazione della piazza su cui affacciano l'ingresso di Santa Sabina nonché quello del Giardino degli Aranci, l'architetto Antonio Muñoz decise di realizzare una pregevole fontana e un portale d'accesso al Parco Savello, per abbellire ulteriormente la piazza, assemblando pezzi d'antichità che si trovavano nei magazzini comunali.


Il mascherone della fontana è infatti un'opera dello scalpellino Bartolomeo Bassi, che lo realizzò nel 1593 su disegni di Giacomo della Porta, ed era posto nel Campo Vaccino, proprio sopra la vasca termale in granito su cui è attualmente collocato, dove aveva funzione di abbeveratoio per le mandrie che vi pascolavano.

La fontana nella sistemazione originale al Foro Romano

All'inizio del XIX Secolo, Papa Pio VII Chiaramonti (1800-1823) fece trasferire la vasca in granito a Montecavallo, come fontana sotto le statue dei Dioscuri. Il mascherone, dunque, venne trasferito al Porto Leonino, dove fu collocato nella fontana dell'Acqua Lancisiana, rimanendovi fino al 1897, anno in cui la struttura venne smantellata per l'apertura dei lungotevere.
Nel 1936, dunque, Muñoz riassemblò i due manufatti in una sola struttura che venne collocata in una nicchia lungo le mura del Giardino degli Aranci.

Palazzo degli uffici dell'ENI


Il palazzo per gli uffici dell'ENI si trova in Piazzale Enrico Mattei n. 1, nel Quartiere Europa altrimenti noto come EUR.
Il grattacielo fu costruito per volontà di Enrico Mattei, presidente dell'ENI, nel nuovo centro direzionale della Capitale, non in un lotto lungo la Via Cristoforo Colombo ma direttamente ai piedi del laghetto dell'EUR, nel quartiere infatti  erano da poco state inaugurate le sedi di alcuni importanti ministeri. Il duello per la scelta della sede e l'altezza dell'edificio fu combattuto strenuamente, e vinto, da Mattei con il Presidente dell'Ente EUR Virgilio Testa, che si opponeva alla realizzazione di un edificio così alto.

Il palazzo dell'ENI in costruzione nella primavera del 1961

Il progetto architettonico fu elaborato nel 1960 da Ugo Ratti e Marco Bacigalupo, che adottarono il linguaggio dello stile internazionale. Il complesso si articola nel palazzo per gli uffici, posto al limite del lago, e il basso edificio della mensa, di forma triangolare, posto a Sud, il resto del terreno è occupato dal parcheggio per le macchine e dai giardini.
I lavori iniziarono nel 1961 e terminarono nel 1962, con il trasferimento di tutti gli uffici dell'ENI e l'inaugurazione solenne dell'edificio simbolo del miracolo economico Italiano, da parte del presidente Mattei nell'agosto del 1962.

Lo stato dei lavori nell'ottobre del 1961

Il grattacielo si sviluppa 21 piani fuori terra, e due interrati, la struttura è in acciaio, formata da 12 telai posti a un interasse di 7,2 m. Con un'altezza di 85,5 metri è stato per anni uno dei grattacieli più alti di Roma.
La planimetria del piano tipo del palazzo
è realizzata per ottenere grandi spazi aperti per la sistemazione degli uffici.

Enrico Mattei entra nel palazzo dall'ingresso d'onore il 17 ottobre 1962

Gli ingressi principali sono due: uno di rappresentanza impostato su una passerella soprelevata, coperta da una pensilina in ferro, che porta direttamente al primo piano dal parcheggio, l'altro al pian terreno, per l'entrata ordinaria degli impiegati.


Le due facciate principali sono in curtain wall con vetri di colore verde azzurro e infissi in alluminio.

Il palazzo in una foto degli anni sessanta

Al piano terreno si trovano una grande sala conferenze e gli uffici per il pubblico. Gli altri piani sono occupati dagli uffici che ospitano 1900 impiegati. Gli ultimi due piani sono riservati alla foresteria e agli uffici della presidenza.

Particolare della facciata laterale con le scale di emergenza

Negli anni ottanta furono realizzate le scale di emergenza ai lati dell'edificio, che ne hanno alterato leggermente la simmetria.
Nel complesso il palazzo rimane uno dei migliori esempi di grattacielo in stile internazionale d'Italia.

Il palazzo dell'ENI illuminato con il simbolo dell'azienda



Garbatella Lotto XXVIIA Casa a Scala


La Casa a Scala del lotto XXVIIA della Garbatella, nel Quartiere Ostiense, si trova su Piazza Nicola Longobardi, all'incrocio con Via Rocco da Cesinale e Via Giannantonio Cavazzi. 
Si tratta di uno dei numerosi lotti abitativi della zona della Garbatella, ed è stato realizzato nel 1931 dall'architetto Giuseppe Nicolosi nel primo dei tre lotti XXVII, distinti in A, B e C. 


Tale edificio risulta molto diverso rispetto agli altri del quartiere, anche da quello del lotto LI realizzato dallo stesso Nicolosi appena tre anni prima. 
Il linguaggio della città giardino della Garbatella era stato fino a quel momento nel tipico "barocchetto" romano, caratterizzato da modanature ed elementi decorativi, e in stile neorinascimentale, mentre questo edificio ha, per la prima volta nel quartiere, linee e linguaggi puramente razionalisti.

L'edificio visto dal giardino interno

L'edificio, di per sé, parte dalla necessità di risolvere il problema del dislivello del terreno, per il quale Nicolosi opta per una struttura che si sviluppa lungo una rampa di scale, che dal giardino interno arriva all'ingresso, posto in una posizione più elevata. 
L'ingresso è definito da due torrette laterali, unite da un portico in travertino, che delimita il cortile interno, l'edificio si sviluppa su tre piani, diotati di terrazze e logge.


Ogni elemento decorativo è rimosso in favore di linee rette e geometrie lineari, in un segno di come il razionalismo stesse prendendo piede nell'architettura italiana anche in contesti, come quello della Garbatella, che usavano un linguaggio differente.


Infatti appena due anni prima, Mario De Renzi aveva appena realizzato la sua famosa "Casa Modello", divenuta uno dei simboli dell'architettura moderna a Roma.

Pianta dell'edificio


Altri siti che ne parlano:
Lotto XXVII, casa a scala - in ArchiDiAp


Cinema nel Rione Campo Marzio

A seguire un elenco delle sale cinematografiche, i cineclub, i cinema d'essai esistiti nel Rione Campo Marzio. Dopo il nome di ogni sala è segnalato se queste sono attualmente in funzione o meno ed ove noto con cosa sono state sostituite.

Bernini, Via Borgognona. Chiuso
Corso, Piazza San Lorenzo in Lucina. Successivamente cambia nome in Etoile, quindi diviene uno spazio espositivo e passa alla maison di moda Louis Vitton
Nuovo Olimpia, Via in Lucina

Come raggiungere Roma dal resto d'Italia

Come raggiungere Roma dalla Sardegna

Come raggiungere Roma

Come raggiungere Roma dal resto d'Italia

Cinema Corso


Il cinema teatro Corso, oggi non più in attività, si trova in Piazza San Lorenzo in Lucina n. 41 nel Rione Campo Marzio.
Fu costruito tra il 1914 e il 1917 dalla ditta di costruzioni di Angelo Giuseppe Rossellini, su progetto di Marcello Piacentini al posto della prima sala cinematografica di Roma 'Lux et Umbra', e venne inaugurato nel 1918.


Il giovane e promettente architetto si espresse in un audace stile 'secessione viennese', per il quale nutriva molta ammirazione, tale da colpire profondamente l'opinione pubblica, che si divise subito tra gli ammiratori, entusiasti di un'opera così moderna, e i detrattori  tradizionalisti, scandalizzati dall'affronto di usare un'arte così austriacheggiante nel pieno centro storico di Roma, accanto al rinascimentale Palazzo Ruspoli.


La facciata era semplice ma rivoluzionaria, era rivestita di intonaco rustico e scandita da quattro porte d'ingresso ad arco, sormontate da altrettante finestre quadrangolari con una spessa cornice a bugne stondate. I vetri policromi delle finestre erano e saldati a piombo in forma di mandorla.
Tra le finestre erano posti mascheroni avvolti in volute, superiormente si trovava una cornice continua sormontata da un fregio in stucco con volute e cartigli, alternati a putti e coppie di animali, pappagalli e scimmie, realizzati da Alfredo Biagini. Alle estremità erano infine presenti due semplici bow window. Una grande pensilina in ferro e vetro era posta sopra gli ingressi.

Le finestre e gli elaborati stucchi della facciata originale

Anche gli interni si presentavano in rivoluzionarie forme moderne, con una struttura in cemento armato priva di pilastri e colonne per le due gallerie, di cui la prima aveva un interessante profilo sinuoso.


Il proscenio era occupato da due palchetti circolari impreziositi con bassorilievi di Biagini. L'arcoscenico era decorato da stravaganti stucchi con bassorilievi avvolti in volute asimmetriche.

L'interno della sala era completamente in stile 'secessione'
Il soffitto della grande sala da milletrecento posti aveva degli cassettoni appena abbozzati in stucco, e terminava inferiormente con una bordatura irregolare. Al centro si trovava l'ampia cupola apribile decorata da pannelli di Arturo Dazzi.


Le enormi polemiche suscitate dall'edificio portarono la Commissione Edilizia alla sorprendente decisione di far ricostruire la facciata al Piacentini a proprie spese, in forme più classiche.
Nel 1970 la sala subì dei restauri che alterarono gli stucchi interni e fu ribattezzata cinema Etoile.
La sala chiuse definitivamente nel 1991.
Nel 2011 l'interno è stato riconvertito ad uso espositivo per Luis Vitton.

Nel XIII Secolo esistevano sei imperi che si definivano "Impero Romano"

I Crociati conquistano Costantinopoli durante la Quarta Crociata
Può sembrare strano, ma nel XIII Secolo sono esistiti non uno, non due, non tre...ma ben sei entità statali che si definivano "Impero Romano", magari con un nome diverso ma che richiamava più o meno esplicitamente a questo. Ma la cosa che rende tutto ciò ancora più insolito è che nessuno di questi imperi era l'Impero Romano che viene abitualmente chiamato così, quello della Roma Antica, per intenderci.
Fino alla Quarta Crociata, combattuta tra il 1202 e il 1204 e in cui i Crociati invasero Costantinopoli, esistevano tre imperi che si definivano "Impero Romano": il Sacro Romano Impero, che controllava la Germania e una parte consistente dell'Europa, l'Impero Bizantino, che anche se noi chiamiamo in questo modo si è sempre definito Impero Romano, e il Sultanato di Rum. Quest'ultimo stato ha un nome apparentemente curioso che letteralmente significa "Sultanato di Roma" e controllava un territorio nella penisola dell'Anatolia (tale regno sopravvisse fino all'inizio del XIV Secolo). Il nome deriva dal fatto che i turchi chiamano Rum i greci della penisola anatolica, fatto che spiega il nome.
Con la Quarta Crociata, i Crociati presero il controllo della città di Costantinopoli e vi instaurarono il Regno Latino di Costantinopoli, che di fatto andò a sostituire l'Impero Romano d'Oriente, e il cui nome ufficiale era Imperium Romaniae, ovvero "Impero di Romania", perché questo era il nome con cui veniva chiamato l'Impero Romano d'Oriente in Occidente, e poteva considerarsi per questo una variante del nome "Impero Romano".
La caduta di Costantinopoli portò alla nascita di diversi regni fondati dai greci che reggevano l'Impero Romano d'Oriente: nacquero così l'Impero di Nicea, l'Impero di Trebisonda ed il Despotato d'Epiro: i sovrani di tutti e tre questi stati si fecero chiamare "Imperatore dei Romani" o "Imperatore e  autocrate dei Romani", a sottolineare il fatto che si consideravano a tutti gli effetti un "Impero Romano", successore di quello esistente. Quando il Despotato d'Epiro venne assorbito dall'Impero di Tessalonica, tale definizione non cambiò. Nel 1241 l'Impero di Tessalonica fu sottomesso a quello di Nicea che, nel 1261, riprese il controllo di Costantinopoli, ripristinando di fatto quello che conosciamo come Impero Bizantino.

The gladiatrices

In ancient Rome, as we well know, combat shows between gladiators were widespread throughout the Empire. These performances were very popular among the people, many gladiators reached notable levels of popularity, and they were divided into different categories, different for armaments and fighting style. A spontaneous question, also arising from the way in which the collective imagination has evolved around these shows, is whether only men were fighting or even gladiators existed: the answer is that women also fought, as evidenced by different testimonies, which vague and limited in number they provide us with important information on this phenomenon.

 A very important testimony in this sense dates back to the 19th after Christ, when the Emperor Tiberius issued the Senatus consultum of Larinum, in which he forbade men and women linked by kinship to senators or equites to appear on the scene with gladiatorial robes. This fact in itself shows us how the possibility of a woman being a gladiator was contemplated.

 In addition to this document, there are also other testimonies in important Latin texts: Suetonius in the Life of the Caesars tells how Domitian had organized night fights between gladiators both between men and women, an episode that would also be confirmed by Martial and Stazio.

A funerary inscription found at Ostia Antica - and now preserved in the Lapidarium of the excavations - recalls instead a certain Hostilianus who in the epigraph is proud of having been the first to bring the shows between gladiators in Ostia. This testimony dates back to the II Century after Christ and as such makes us understand how these fights were a niche phenomenon compared to the male ones.

 But how much of a niche? This we cannot know. On the one hand the writer Amy Zoll has noticed how the Roman authors speak - albeit little - very naturally of the phenomenon of the gladiatrici, and for this reason one might think that it was a fact much more common than one thinks. On the other hand, even without contradicting this thesis, the historian Mark Vesley noted how the gladiatorial schools that existed in the main centers of the Empire were not for the time to be particularly suitable places for women: here they studied above all the young people from the upper classes who were trained in martial arts, while women tended to be followed by a tutor. Despite this, testimonies of women who have studied in these places are not lacking, like Valeria Iucunda, who died at 17 years old.


The bas-relief Alicarnasso
The most famous testimony in this regard, in any case, is the bas-relief of Halicarnassus, dating back to the I or II Century after Christ, which shows two gladiators fighting each other. The two women have the names of Amazon and Achillia and it says that after the fight they received the missio, or suspension, for having both fought with value.

 This bas-relief is very important for us because it gives us a testimony about the clothing of gladiators: in fact the two women wear subligacum - a loincloth widespread in Ancient Rome - and numerous elements typical of gladiators, such as greaves and sleeves, but neither of them wears the helmet and both are bare-breasted. In the art of the time, the Amazonomachies were widespread, which depicted fights between the Amazons with naked breasts: we are not able to know if the gladiatorial shows wanted to recall this image or, otherwise, this was a way to exalt the qualities of the gladiatrici of Alicarnasso.

Poster of the 1974 movie The Arena
The theme of gladiators has however aroused interest over time, has become present in the collective imagination and as such has entered popular culture: for this reason gladiatrices have appeared in numerous works of fiction such as films or books.

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