Piazza Copernico


Piazza Copernico si trova nel Quartiere Prenestino-Labicano, lungo Via Fra' Mauro, nella zona nota come Villa Serventi. Tale piazza è stata istituita nel 1921, quando nacque la zona in cui si trova. La zona di Villa Serventi, infatti, venne urbanizzata tra il 1921 e il 1924, quando la Compagnia Termini per i Ferrovieri ottenne la licenza per costruire 250 alloggi per i ferrovieri e le loro famiglie.
La piazza venne dunque dedicata all'astronomo polacco Nicolò Copernico (Torun 1473 - Frombork 1543), in linea con la toponomastica della zona che vede le strade dedicate a geografi e, con essi, astronomi e cartografi.
La nuova zona, caratterizzata da villini e abitazioni semirurali, aveva in Piazza Copernico il suo centro, e qui si decise di sopraelevare e restaurare un casale preesistente, che oggi risulta essere elemento centrale e caratteristico della piazza, facendone l'attuale cosiddetta "torretta", che fu sede della stessa cooperativa dei ferrovieri.

Villino Alatri




Il villino Alatri si trova in Via Paisiello n. 38 ad angolo con Via Vincenzo Bellini, nel Quartiere Pinciano.
Fu commissionato al giovane architetto Vittorio Morpurgo nel 1924 da Giovanni Alatri, esponente di una ricca famiglia ebraica romana.
Morpurgo progettò un elegante edificio di due piani in stile eclettico con forti richiami al seicento toscano, con pianta a L, in cui la parte più sviluppata era quella lungo Via Paisiello.
Nella facciata su Via Paisiello si aprivano varie arcate strombate su lesene, che inquadravano le finestre del pianterreno, dotate di balcone con balaustri, il primo piano aveva tre semplici finestre mentre all'angolo tra le due vie spuntava una loggia dorica dotata di balconata con balaustri mistilinei. Oltrepassato il cancello d'ingresso si apriva un bel portico sormontato da balconi e vasi ornamentali.


Il lato lungo Via Bellini era occupato da tre finestre per piano.
Sul tetto a spioventi, ricoperto in coppi, si aprivano degli abbaini, l'edificio culminava in una magnifica altana a tre arcate, sul cui attico erano posti degli obelischetti.
Terminata la guerra gli Alatri decisero di ampliare il villino, la sopraelevazione dell'edificio fu condotta da Mario Ridolfi e il giovane Mario Fiorentino. Essi elaborarono il progetto nel 1948, i lavori iniziarono nel 1949 e terminarono nel 1952.

Il progetto di sopraelevazione di Ridolfi, 1948

Il linguaggio adottato fu quello dell'architettura organica, in aperto contrasto con l'architettura tradizionale preesistente; la violenza usata sull'edificio di Morpurgo fu enorme, nessun dialogo fu instaurato tra il vecchio e il nuovo. Si trattò di un oltraggio vero e proprio all'accademismo, una provocazione architettonica che si inseriva nel dibattito sull'architettura del dopoguerra, in aperto contrasto con il tradizionale monumentalismo imperante negli ultimi anni del regime fascista.


L'edificio precedente venne considerato come un semplice basamento su cui costruire i tre nuovi piani.
Il villino fu dunque allargato assumendo una pianta quadrata, a spese del giardino, del portico d'ingresso, della fontana ninfeo.

Particolare dell'ampliamento del villino in stile dell'ala Nord


Il portico d'ingresso è stato murato e soprelevato in stile

Il portico fu soprelevato, il bel cornicione di coronamento venne demolito e sostituito da una piastra di cemento, fu dunque negata al vecchio villino la trabeazione che si meritava, umiliata la proporzione degli ordini architettonici classici; l'attico venne raso al suolo con la sua bella altana.



Nonostante l'aggressività dell'intervento resta magistrale comunque il progetto dei nuovi  piani: secondo e terzo identici, mentre l' attico è molto articolato, con due terrazze simmetriche su Via Bellini per alleggerire le volumetrie del piano. Molto interessanti sono le nuove facciate caratterizzate da pilastri e travi di cemento armato a vista, balconate continue dotate di parapetti trasparenti di vetro, con un risultato di grande leggerezza e trasparenza.



La distribuzione interna degli ambienti è stata attuata rispettando attentamente le esigenze dei committenti: le famiglie Bonetti, Golinelli e Guavento.
Sebbene dunque la qualità dell'intervento di Ridolfi sia elevata, la sopraelevazione del villino Alatri rappresenta la prima spia di un odioso fenomeno che prenderà corpo alla fine degli anni cinquanta e durante gli anni sessanta: la demolizione progressiva dei villini per costruire moderne palazzine.
Tristi anni sarebbero arrivati per gli edifici costruiti nell'ultimo secolo a Roma, il loro stile eclettico sarebbe stato considerato con disprezzo banale, lezioso, vuoto, anonimo, sarebbe stata rinnegata completamente, in ambiente accademico, la tradizione e tutto ciò che a questa apparteneva.
Presto iniziarono le tragiche demolizioni di ville e villini, con meri fini speculativi, per cui dagli intellettuali e dagli architetti non fu spesa una parola, anzi, si gioiva sadicamente nella cancellazione delle odiate architetture eclettiche, viste come una presenza imbarazzante e superflua. Per gli speculatori romani, da sempre padroni della città, iniziò un banchetto senza fine, che portò molto denaro nelle loro volgari tasche. Per la città di Roma un oltraggio incredibile, una vergogna immensa, senza che alcuna istituzione dello Stato intervenisse in alcun modo.

Villino Fraschetti




Il villino Fraschetti era un villino che si trovava in Piazza Pitagora, angolo Via Antonio Stoppani, nel Quartiere Pinciano, oggi distrutto.
Fu costruito da Giovanni Battista Milani nel 1920 quando ancora la piazza non esisteva, Via Stoppani si chiamava Vicolo dei Parioli, ed era una semplice traversa di Viale Parioli.
Il villino dunque si trovava in un'ambiente rustico e agreste, ma, nonostante questo,  era in uno stile molto raffinato.



Un torrino ottagonale, con tetto in coppi alla romana, esteso per tre piani, si apriva sull'angolo della piazza, al piano terra una balconata lo cingeva su tre lati, sopra le finestre si aprivano delle nicchie tonde.
Ai lati della torre si trovavano i piccoli corpi di fabbrica, di due piani con due finestre architravate per lato, con pareti decorate a riquadri di intonaco grezzo modanati, al piano terra delle bugne erano timidamente accennate, accanto si apriva la cancellata d'ingresso.
Il giardino, confinava con i terreni di Villa Villegas.
Negli anni sessanta fu barbaramente demolito per costruire al suo posto una palazzina.


Villa Aloisi




Villa Aloisi era una villa che si trovava in Via Flaminia n. 499, nel Quartiere Tor di Quinto, oggi non più esistente.


Fu costruita nel 1926 per il diplomatico Barone Pompeo Aloisi con progetto di Armando Brasini, su un lotto collinare adiacente alle proprietà dello stesso architetto, che aveva appena costruito la sua Villa Flaminia.

Villa Aloisi nella mappa di Marino e Gigli del 1934

I coniugi Aloisi erano amanti dell'arte, Pompeo era stato molti anni a Parigi come addetto d'ambasciata ed aveva sviluppato un gusto raffinato per l'arte francese. Brasini costruì una maestosa villa di forme neobarocche.
Dal bel portale sulla Via Flaminia un viale conduceva alla collina su cui sorgeva la villa.



Aveva una facciata concava con finestre modanate e architravate al piano terra e ovali avvolte in cartigli al mezzanino, la porta d'ingresso era preceduta da un grande arco arricchito di volute in stucco. L'attico era occupato da una balaustra su cui erano poste delle statue.
Il lato posteriore si sviluppava su tre piani poichè si trovava lungo il crinale della collina, un'altana originava dall'attico e permetteva di ammirare la vista sulle colline circostanti.

Facciata meridionale di Villa Aloisi

L'interno era decorato con stucchi di gusto barocco, gli Aloisi avevano una collezione di dipinti francesi esposta nei salotti.
Alla morte di Pompeo Aliotti (1949) e della moglie Federica di Florestano (1948) la villa passò in eredità al figlio Foloco, che la vendette nel 1955.
Nel 1956 la villa fu vergognosamente demolita per permettere la costruzione di alcune palazzine e della clinica Villa del Rosario.



Villa Mascagni



Villa Mascagni era una villa che si trovava in Via Po al n. 21 nel Quartiere Pinciano, oggi non più esistente.
Fu costruita nel 1909 per il compositore Pietro Mascagni su progetto dell'ingegnere Giovanni Sleiter dalla ditta di Angelo Giuseppe Rossellini.
Il maestro andò ad abitarvi con la famiglia nel 1910, quando anche gli interni furono completati.



Si trattava di un elegante edificio in stile settecentesco, di quattro piani e con cinque finestre sulla facciata principale.
Una bugnatura liscia rivestiva il pian terreno, che era dotato di tre ampie finestre ad arco con balaustra, le finestre del piano nobile erano invece architravate con un timpano spezzato contenente una nicchia, mentre in basso si trovava una balaustra, le tre centrali si aprivano su un lungo balcone poggiante su grandi mensole. Paraste corinzie decoravano i due piani superiori sia agli angoli che al centro, sdoppiate, dove inquadravano le tre finestre centrali in asse con la balconata. L'ultimo piano era dotato di una bugnatura liscia e di fasce di intonaco che erano la prosecuzione delle paraste sottostanti.
Gli interni erano stati affrescati dal pittore perugino Annibale Brugnoli, uno dei decoratori più in voga in quegli anni, ed erano caratterizzati da un susseguirsi di salotti, arredati con molti quadri e opere d'arte.
Un grande salone era decorato in stile siciliano, in omaggio alla Cavalleria Rusticana. Un altro salotto conteneva un grande pianoforte, quì il maestro riceveva gli amici e suonava le sue ultime novità.
Ogni dettaglio delle decorazioni era stato curato da Mascagni, riflettendo la grandiosa immagine che aveva di se stesso: ad esempio aveva fatto eseguire delle copie fedeli degli arredi napoleonici di Versailles, in cui, al posto della N, era posta una M.
In un piccolo salottino, posto vicino alla camera da letto, si trovava il pianoforte con cui il maestro aveva composto la Cavalleria Rusticana, che usava per comporre.
Dal settembre del 1927, al ritorno da Livorno, Mascagni prese l'abitudine di dimorare all'Hotel Plaza in Via del Corso.
Nel 1936 il maestro lasciò definitivamente il villino e si trasferi all'Hotel Plaza, dove visse fino al 1945, anno della morte. Proprio sulla facciata di tale albergo sono stati posti un busto e una targa che ricordano il grande compositore.
Negli anni sessanta la villa fu barbaramente demolita per costruire una palazzina che oggi ospita la sede nazionale della CISL.

Santa Passera



Santa Passera è una Chiesa situata in Via di Santa Passera all'angolo col Vicolo di Santa Passera, nel Quartiere Portuense. Il nome di questa Chiesa suscita inevitabilmente una certa sorpresa e ilarità, oltre che curiosità, soprattutto perché una Santa con questo nome non risulta essere mai esistita. E la storia del nome di questa Chiesa è infatti più complesso.
L'origine della Chiesa risale al V Secolo e venne realizzata nel luogo in cui secondo la tradizione vennero fatti sbarcare i resti dei Santi di Alessandria Ciro e Giovanni. La Chiesa sorge infatti in un luogo estremamente vicino al Tevere che veniva, secondo diverse testimonianze, usato per diversi approdi. Legata ai resti dei due Santi, la Chiesa prese il nome di San Ciro o San Ciro e Giovanni: è infatti ricordata nei primi documenti come Sancti Abbacyri o Sancti Cyri et Iohannis. Nel 1317, tuttavia, la Chiesa è ricordata come "Sancta Pacera", da cui si è arrivati a Santa Passera. Ma come si è arrivati, di preciso, da San Ciro a Santa Passera? Si tratta di un lungo e laborioso caso di corruzione popolare del nome. La Chiesa di San Ciro era infatti chiamata Sant'Abbaciro come abbiamo visto, dovuto alla locuzione Abbas Cyrus (Padre Ciro): da qui si è dunque arrivati nel corso degli anni ad Appaciro, Appacero, Pacero, Pacera e, infine, Passera.
A rendere ancora più confusa la situazione c'è poi il fatto che, per similitudine, ha voluta avvicinare la mai esistita Santa Passera a Santa Prassede e, per questo, si iniziò a festeggiare presso la Chiesa la memoria liturgica di quest'ultima Santa, celebrata il 21 Luglio.
Al di là delle vicende legate al nome, la Chiesa ha origini molto antiche, ma l'aspetto attuale risale al XIV Secolo, quando venne sopraelevata. L'aspetto attuale ricorda in parte il cenotafio di Annia Regilla, un monumento Romano che ha notevolmente influenzato numerose opere successive.


La Chiesa è strutturata su tre livelli: quello più alto rappresentato dalla Chiesa superiore, posta al livello sopra quello dell'Oratorio. Un terzo livello, posto in posizione ipogea, è invece quello della cripta.


La parte superiore della chiesa è costituita da un’unica navata con un'abside decorata con affreschi del 1300. 
Sull’arco esterno si trova un Agnello con Santi mentre nel catino absidale sono raffigurati Cristo, tra San Paolo, San Pietro, San Giovanni  Battista e San Giovanni Evangelista. Nella fascia inferiore è dipinto un Cristo Pantocratore collocato tra San Ciro e San Giovanni e una Madonna con Bambino.

Villa Testasecca




Villa Testasecca era una villa progettata da Marcello Piacentini e oggi demolita, si trovava nel vasto isolato compreso tra Via Saverio Mercadante, Via Giovanni Battista Pergolesi, Via Pietro Raimondi e Via Gerolamo Frescobaldi, nel Quartiere Pinciano, era la perla del Quartiere Sebastiani.
Il Conte Vincenzo Testasecca decise di costruire una sontuosa villa nel Quartiere Sebastiani, ne affidò la progettazione al giovane Marcello Piacentini, che redasse un primo progetto nel 1915. Il sopraggiungere della guerra bloccò il cantiere, che fu ripreso solo nel 1919.

Villa Testasecca nella mappa di Marino e Gigli del 1934 

La grande villa aveva una pianta quadrangolare, la facciata occidentale aveva cinque finestre per tre piani, all'ultimo centralmente, si apriva una loggia con tre archi. Al piano nobile, la porta finestra del balcone centrale, sovrastata da un timpano curvilineo, era affiancata da due nicchie contenenti statue.
Due portici simmetrici si trovavano alle estremità dell'edificio.
La villa era arricchita di affreschi e stucchi.
Anche il giardino era molto curato, ricco di fontane, statue e balaustre.
Negli anni sessanta la Marchesa Rossi, la proprietaria, ne decise la demolizione per costruirvi un teatro. Fu dunque barbaramente demolita e, dopo essere stata venduta all'imprenditore Fernandes, al suo posto fu edificato l'Hotel Parco dei Principi.
Nel giardino dell'Hotel permangono alcune fontane originali della vecchia villa.


Villa Nobili




Villa Nobili era una villa costruita da Marcello Piacentini nel 1918 ed ora distrutta. Si trovava in Viale Parioli n. 40 nel tratto divenuto oggi Viale Liegi, compresa nel Quartiere Parioli, tra le odierne Via Montevideo e Via Lovanio.

Villa Nobili compresa tra Via Montevideo e Via Lovanio nella mappa di Marino e Gigli del 1934

Si trattava di un complesso costruito in stile rustico, tipico del dibattito architettonico degli anni dieci, con citazioni dello stile secessione viennese, come villa di campagna per Cleto Nobili, fu progettata nel 1916.
Le soluzioni adottate dall'architetto anticipava in parte lo stile degli anni venti.
La facciata era tripartita, il corpo di fabbrica principale era avanzato e conteneva l'ingresso al pianterreno, tre finestre per i due piani superiori; era ornato da semplici bugne sulle spigolature,  al primo piano si trovava un bow window contenente una finestra che terminava in un balcone all'ultimo piano, sopra la porta finestra del balcone si trovava una cimasa in cui era contenuta una nicchia con un busto.
I due corpi laterali erano occupati solamente da una finestra e si sviluppavano su due piani, terminando in un tetto a spioventi in coppi alla romana.


La facciata laterale era anch'essa tripartita con un corpo centrale, contenente le scale, che terminava in tre grandi finestre ad arco. Al primo piano si apriva una terrazza sormontata da un pergolato.
Nel 1920 lo stesso Piacentini realizzò nel giardino di Villa Nobili la palazzina di Viale Liegi n. 42, all'epoca ancora chiamata Viale dei Parioli.
La villa fu lottizzata a partire dal 1924 e sul suo terreno fu tracciata Via Montevideo.
Circondata completamente dalle nuove costruzioni, fu demolita alla fine degli anni trenta.

Villa Cavaglieri




Villa Cavaglieri era una villa costruita nel 1918 da Pio e Marcello Piacentini e si trovava in Via Po, angolo Via Tevere, nel Quartiere Pinciano.
Nel 1914 Guido Cavaglieri acquistò il terreno su cui voleva costruire la propria villa. La commissione fu affidata a Pio Piacentini ma il progetto, redatto nel 1914, risulta molto influenzato dal giovane Marcello, che vi introdusse richiami dello stille secessione, di cui era grande entusiasta.
Più che una villa si trattava quasi di una palazzina, era dotata di tre piani con otto finestre su Via Tevere e sei su Via Po.
Piccole bugne rustiche occupavano gli angoli dell'edificio e parte della facciata. Su Via Po, al primo piano, si trovava un bow window sorretto da un'arcata ricoperta di bugne.
Sull'attico si apriva una edicola contenente una finestra ovale affiancata da due comignoli.
In Via Po si trovava l'ingresso carrabile con un cancello sorretto da pilastri bugnati, sormontati da sfere decorative. Due finestre ovali sormontate da uno stretto architrave decoravano il muro di cinta lungo Via Po.
Il bel giardino occupava l'angolo posteriore dell'edificio. Una scalinata ricurva portava ad una fontana occupata da una statua e inquadrata da un'edicola decorata con volute stilizzate. Nel giardino, lungo Via Tevere si sviluppava un'altra scalinata che terminava in un ninfeo addossato al muro di cinta che aveva una grande finestra sormontata da un'architrave ricoperto di coppi e affiancata da due sfere decorative.

La fontana del giardino di villa Cavaglieri

La vergognosa speculazione edilizia che ha devastato Via Po si è abbattuta sulla villa nel 1972 e non ha lasciato traccia di questo capolavoro, al suo posto infatti oggi sorgono due moderni edifici per uffici terminati nel 1977.

Villa San Francesco



Villa San Francesco è un convento situato nel Quartiere Pinciano di Roma, tra Via Gramsci, Via dei Monti Parioli e Viale Bruno Buozzi. Oggi ospita la Curia Generalizia delle Suore Serve di Gesù della Carità. È uno dei conventi più importanti e monumentali dei Parioli.

Villa San Francesco nel 1934, ancora non è stato realizzato il prolungamento di Viale dei Martiri Fascisti fino a Viale delle Belle arti

Su terreni appartenenti a Villa Whitaker fu costruito nel 1927 un grande edificio per la Curia Francescana con progetto dell'ingegnere Luigi Bastianoni, in stile barocchetto romano.


L'ingresso era posto su Vicolo dei Monti Parioli, mentre a Sud il terrapieno della villa si affacciava su Vicolo dell'Arco Oscuro, poi diventato Via dell'Acqua Acetosa, in seguito ampliato come Viale dei Martiri Fascisti e oggi Viale Bruno Buozzi.

Villa San Francesco, fra i prati dei Monti Parioli

Al'epoca la zona era ancora poco edificata e si trovava quasi in aperta campagna, il luogo fu scelto per la salubrità dell'aria e per il magnifico panorama che si aveva su Roma e sulla cupola di San Pietro.
La villa fu intitolata a San Francesco, fondatore dell'ordine francescano e patrono d'Italia. Il primo direttore del convento fu il francescano frate Fedele Haack.


Il complesso è costituito da un grande blocco di quattro piani, con pianta a ferro di cavallo, che all'epoca si affacciava direttamente sulla Valle Giulia e su Villa Borghese. L'edificio era preceduto da un terrapieno decorato alle estremità da vasi ornamentali, che si elevava sui prati incolti di Via dell'Acqua Acetosa.


I primi due piani sono rivestiti di una semplice fascia bugnata in stucco, le finestre del mezzanino si trovano nelle arcate che si aprono nella bugnatura.
Due massicce torri ottagonali, decorate da bugne angolari, cingono le estremità della facciata principale, occupata da quattro grandi paraste doppie, con capitello ionico, poste tra le finestre.


Le torri terminano, sull'attico, con otto arcate sostenenti un tetto a spioventi in coppi alla romana, culminante in una sfera. Le finestre al terzo piano delle torri sono decorate di un timpano spezzato contenente un vaso di fiori. Sui pilastrini della balaustra mistilinea del coronamento erano presenti quattro grandi vasi ornamentali per ogni lato, poi sostituiti da statue di putti.


Il vasto giardino affaccia su Viale Bruno Buozzi attraverso un terrazzamento, costruito nel 1929, riducendo quello originale, poiche Via dell'Acqua Acetosa fu allargata a spese del giardino del convento.

Il nuovo ingresso realizzato nel 1929

Nella stessa occasione l'ingegner Bastianoni progettò il nuovo portale in Via dei Monti Parioli, che fu ampliata, e la rampa d'ingresso scavata nel terreno.
Nei primi anni di vita oltre ad ospitare i frati francescani funzionò anche come pensionato per turisti e pellegrini.

L'ingresso a Villa San Francesco in Via dei Monti Parioli

Dal 1980 il convento è la Casa Generalizia delle Suore Serve di Gesù della Carità, fondate da Santa Maria Josefa, ed ospita anche una casa di riposo per anziane.

Via della Fermata Ostiense


Via della Fermata Ostiense era una strada del Quartiere Ostiense, corrispondente all'attuale Via della Stazione Ostiense
La via venne istituita nel 1920, per collegare la Via Ostiense alla piccolissima stazione del treno chiamata "Fermata Ostiense", perché appunto era poco più che una fermata coperta del treno. La fermata era stata realizzata nel 1910 ed era caratterizzata da un fabbricato a pianta quadrata, ancora esistente. 

Il fabbricato della Fermata Ostiense, risalente al 1910

Il complesso faceva parte del nuovo assetto ferroviario previsto per le celebrazioni del 1911, che comprendevano la nuova Stazione Trastevere e un nuovo ponte ferroviario sul Tevere.
La strada si diramava dall'Ostiense per raggiungere questa stazione.
Nel 1922 la fermata Ostiense venne implementata e fu elevata a Stazione, anche la via cambiò nome in Via della Stazione Ostiense.

Via del Tiro delle Barche

La Via del Tiro delle Barche - individuabile nella strada che costeggia il Tevere - in una mappa del 1870
Via del Tiro delle Barche era una strada del Quartiere Portuense, corrispondente grossomodo all'attuale Riva di Pian Due Torri. La strada costeggiava dunque il Tevere lungo l'ansa di Pian Due Torri, e doveva il nome al fatto che qui avvenivano attività di tiro delle barche, come è anche nota la pratica dell'alaggio, ovvero il traino di un'imbarcazione da una postazione sulla terraferma, postazione che era proprio la Via del Tiro delle Barche, vista la sua posizione vicina al Tevere e funzionale a questa pratica.
Nel 1937 la strada venne sostituita dall'odierna Riva Pian Due Torri.

Strade scomparse del Quartiere Parioli

A seguire un elenco delle strade del Quartiere Parioli oggi non più esistenti. Per le strade attualmente esistenti del quartiere, rimandiamo a quest'altro elenco.

Via Silvano Abba

Via Mario Pichi

Via della Scala



Via della Scala è una strada del Rione Trastevere, compresa tra Piazza di Sant'Egidio e Via Garibaldi. 
Le origini di questa strada risalgono al XVI Secolo quando in una casa che si trovava lungo questa via una levatrice di nome Cornelia iniziò a pregare di fronte a un'Immagine della Madonna che si trovava sotto a una scala. In quel momento sua figlia, nata muta, iniziò a parlare.


L'evento fu visto come un miracolo e questa zona divenne oggetto di pellegrinaggi da tutta Roma, tanto che Papa Clemente VIII decise di costruirvi una Chiesa, Santa Maria della Scala, che si trova in Piazza della Scala, una piazza che si trova lungo Via della Scala. Queste sono le ragioni che hanno portato alla nascita di questo nome per questa strada.
Lungo la strada vi è un Edicola Sacra risalente al XIX Secolo e vi sono molti edifici degni di nota. Oltre a una casa della Confraternita dell'Orto, sono visibili i resti di un portico medievale e una casa del XVII Secolo. Altro palazzo degno di nota è quello degli Stabilimenti Spagnoli.
La strada è oggi un asse pedonale molto percorso, perché collega Santa Maria in Trastevere a Via di Santa Dorotea da cui si può raggiungere poi Ponte Sisto.

Via Silvano Abba

Via Silvano Abba è una strada non più esistente che si trovava nel Quartiere Parioli, nell'area del Villaggio Olimpico. Essa venne istituita formalmente nel 1960, in vista delle Olimpiadi, quando venne realizzata la rete stradale tra il nuovo Villaggio Olimpico e le vicine strutture sportive appena realizzate come lo Stadio Flaminio e il Palazzetto dello Sport, dedicandole ai Paesi che prendevano parte alle Olimpiadi e a grandi atleti e sportivi della storia. Tra questi fu ricordato anche Silvano Abba, pentatleta vincitore di una medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Berlino del 1936, poi inviato militare in Russia nella Seconda Guerra Mondiale e morto nel 1942 nella carica di Isbuscenskij. Venne insignito della Medaglia d'Oro al Valore Militare.
Nel 1998 quest'area fu interessata dalla realizzazione dell'Auditorium - Parco della Musica, che portò alla soppressione delle strade che sorgevano nell'area destinata alla nuova struttura. Venne dunque soppressa parte di Via Dorando Pietri e l'intera Via Silvano Abba, che così cessò di esistere. A Silvano Abba non sono per il momento state dedicate altre strade.

La mappa allegata al verbale della soppressione di Via Silvano Abba ci mostra precisamente la sua collocazione

Via Lucio Sergio Catilina

Cicerone accusa Catilina, affresco di Cesare Maccari del 1880
Via Lucio Sergio Catilina è una strada che sarebbe dovuta esistere nel Quartiere Tuscolano, partendo da Via Scribonio Curione senza uscita.
Tuttavia, nonostante la strada sia stata formalmente proposta e inserita regolarmente nella delibera sulla toponomastica nel 1965, essa venne due mesi dopo esclusa dal gruppo di strade approvato su segnalazione della Società Romana di Storia Patria. A latere di detto verbale è infatti presente una successiva delibera della Prefettura che ritiene esclusa tale intitolazione.

L'annotazione a margine del verbale del 1965 in cui si sconsiglia di dedicare una strada a Catilina
Sulla figura del senatore romano Catilina (Roma 108 avanti Cristo - Pistoia 62 avanti Cristo) pesavano ancora le accuse di congiura mosse contro di lui da Marco Tullio Cicerone, che lo portarono poi a morire da ribelle nella battaglia di Pistoia. Su Catilina la toponomastica si è comportata in maniera simile a quanto avvenuto con Marco Antonio, che non a caso non ha una strada a lui dedicata a Roma. Nel caso di Catilina, tuttavia, si è andati molto vicini a dedicargli una strada, come abbiamo visto.

Via Enrico Pallini

Via Enrico Pallini è una strada del Quartiere Portuense, compresa tra Via Pietro Frattini e Via Pietro Maroncelli. La vicenda toponomastica di questa strada è molto travagliata, e inizia nel 1887, quando vennero dati i nomi delle strade del nuovo Quartiere di San Cosimato e vennero dedicate a figure del Risorgimento e della Repubblica Romana, tra cui Enrico Pallini. Tale quartiere, tuttavia, vide la realizzazione interrotta e in piccola parte alterata per via della crisi edilizia che colpì Roma alla fine del XIX Secolo.
Nonostante questo, la strada rimase formalmente istituita, al punto che nel 1920 si volle puntualizzare il suo nome, originariamente Via Pallini, in Via Enrico Pallini.
L'area identificata per Via Enrico Pallini nel 1935 in una mappa del 1943
Nel 1935, tuttavia, la strada esisteva de iure ma non de facto: era formalmente istituita ma non era stata edificata. Si decise perciò di attribuirla a una nuova strada del Quartiere Gianicolense, compresa tra Piazzale dei Quattro Venti e Piazza Stefano Canzio. Tuttavia, anche la nuova collocazione vide vicende urbanistiche non proprio lineari: la parte del Quartiere Gianicolense nota come Monteverde vide a partire dagli anni '30 uno sviluppo non sempre regolare, interrotto anche dalla Seconda Guerra Mondiale, che porta ancora oggi a visibili complessità urbanistiche in un quadro apparentemente unitario. Anche questa volta, Via Pallini pur esistendo formalmente non esisteva fisicamente.
Nel 1958, dopo 71 anni di esistenza negli atti comunali ma non nella città, il nome di Via Enrico Pallini fu finalmente attribuito a una nuova strada - l'attuale - nel Quartiere Portuense, ponendo fine all'insolita vicenda.

Stazione di Roma Porta San Paolo




La stazione di Porta San Paolo è il capolinea di Roma della linea ferroviaria Roma Lido, in origine Roma Ostia Mare, situata in Piazzale Ostiense, nel Quartiere Ostiense.
Fu progettata da Marcello Piacentini nel 1920, dopo aver vinto il concorso per entrambe le stazioni di testa della nuova linea in costruzione, una a Roma, l'altra ad Ostia.
Il giovane architetto adottò una sintesi tra il linguaggio stilistico della secessione viennese, che ammirava particolarmente, con quello rurale italico, che stava caratterizzando il dibattito architettonico di quegli anni, e la monumentalità classica.
Le due stazioni erano pressoché identiche, avendo la stessa pianta, differivano solo per il coronamento: mentre quella di porta San Paolo era sormontata da un timpano, quella di Ostia terminava con un'architrave orizzontale raccordato da volute e sormontato da una torretta su cui era posto un orologio.
I lavori di costruzione iniziarono il 28 Gennaio 1921, riguardarono prima il fabbricato viaggiatori, furono poi estesi alle banchine con la successiva costruzione delle pensiline. Il pittore Giulio Rosso intanto provvedeva a decorare le pareti dell'atrio della biglietteria.

Il cantiere della stazione nel 1922

Il 10 Maggio 1922 il primo ministro Giovanni Giolitti visitò il cantiere della stazione arrivato a buon punto. Nel giugno del 1923 l'ente SMIR (Sviluppo Marittimo e Industriale  di Roma), che aveva in carico la realizzazione della linea ferroviaria e delle stazioni, fu liquidato e i lavori furono sospesi fino al 1924, anno in cui furono ripresi dalla SEFI (Società Elettro Ferroviaria Italiana). Le due stazioni erano comunque complete, mancavano solo l'armamento e la linea aerea elettrica.

Il fabbricato viaggiatori in costruzione nel 1923

Molte furono le innovazioni apportate da Piacentini nella progettazione della stazione: l'altezza delle banchine allo stesso livello dei treni, la mancanza di un settore per le partenze e uno per gli arrivi, la biglietteria unificata e la costruzione delle pensiline in cemento armato, le prime della storia Italiana.

La stazione di Porta San Paolo nella pianta IGM del 1924

La stazione ospitava dodici binari disposti a coppie, di cui sei arrivavano fino al fabbricato viaggiatori coperti dalle quattro pensiline.
Con l'arrivo della SEFI furono rapidamente conclusi gli ultimi ritocchi quali l'installazione dell'orologio nel tondo apposito, e la realizzazione della scritta SOCIETÀ ELETTRO FERROVIARIA ITALIANA, e sotto FERROVIA ROMA-OSTIA nel timpano. L'inaugurazione della nuova linea ferroviaria fucelebrata il 10 agosto 1924 da Mussolini in persona, che si recò in treno ad Ostia Mare e prese parte al ricevimento svoltosi allo stabilimento Roma.


Nonostante i terribili bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, che colpirono anche parte della stazione, i danni furono minimi ed oggi, dopo un restauro filologico eseguito nel 1995, è tornata al suo splendore originario.



La facciata su Piazzale Ostiense è caratterizzata da un avancorpo contenente l'ampio portico sostenuto da quattro pilastri quadrangolari in stile secessione con la base in travertino bugnato decorato da sfere a terra. Ai lati dell'ingresso vi è un'unica grande finestra al pian terreno, mentre in quello superiore la facciata subisce una rientranza, occupata da una terraza, le pareti sono decorate ad intonaco rustico modellato a piccole line tratteggiate, in basso invece sono contornate da una fascia in travertino a bugnato.

Particolare del portico della stazione

Sopra al portico dei semplici riquadri conducono al cornicione sormontato dal grande timpano che ospita l'orologio. Il tetto è a spioventi in coppi alla romana.



L'interno è occupato dal grande atrio monumentale, con soffitto a cassettoni in stucco, su cui si affaccia la biglietteria, dotata un'ampia volta a botte decorata a riquadri esagonali, di ispirazione classica. Sulla parete di fondo si apre una grande finestra semicircolare che affaccia sui binari.
La biglietteria originale, in noce e di aspetto mistilineo, è stata perduta, sostituita da una di forme più semplici nel 1996. Il pavimento è rivestito di fasce di marmo bianco e nero alternate in motivi regolari ad angoli acuti.
Le decorazioni interne furono ispirate a temi di ambientazione marina che rimandavano alla destinazione cui portava la ferrovia.



Sulla cornice modanata del soffitto si appoggiano granchi di stucco, il grande arco che sovrasta la biglietteria è decorato da una fascia di stucco che rappresenta una rete da pesca su cui si trovano dei medaglioni contenenti conchiglie, polipi, pesci e crostacei.



Le pareti sono occupate da splendide decorazioni a graffito eseguite dal pittore Giulio Rosso nel 1922 e restaurate nel 1995. Il giovane artista fiorentino si era da poco trasferito a Roma, e aveva lavorato alle decorazioni pittoriche e a graffito del quartiere Coppedè, conosciuto Marcello Piacentini, iniziò con lui una collaborazione che durò molti anni.
Si tratta di quindici graffiti a stucco bicromo di cui undici sono nell'atrio e quattro nei corridoi che portano ai binari.



Il largo pannello sopra l'ingresso rappresenta Nettuno contornato da animali marini e putti che portano ceste colme di frutta e pesci.



Sopra le porte d'ingresso laterali sono raffigurati una Nereide su Pistrice, un mostro marino, e il fratello Nerite, che gioca con una creatura marina.



Le pareti laterali sono occupate da  raffigurazioni di due pescatori in piedi, con una sirena intrappolata in una rete, sul lato sinistro e seduti, uno dormiente e l'altro con un pesce infilzato nell'asta, sul lato destro.



Quattro riquadri più piccoli completano le decorazioni dell'atrio, vi sono raffigurati dei putti: in uno tengono una rete piena di pesci, in un'altro portano un pescespada, un'altro ancora in cui portano modelli di navi, nell'ultimo sfruttano il vento tenendo con le mani una vela annodata alla caviglia.



Nei due corridoi che conducono ai binari si trovano quattro pregevoli grandi graffiti.



Nel corridoio di sinistra sono raffigurate tre sirene che fuggono tra i flutti dall'aurora, rappresentata da un putto che sorregge una torcia.



Sull'altra parete tre ragazze, stese su tre navi a vela, navigano sospinte dai venti, in un mare pieno di pesci.



Nel corridoio di destra, da un lato, una sirena fugge inseguita da un tritone, dall'altro un tritone sostiene una grande conchiglia piena di frutti di mare e pesci, accompagnato da piccoli tritoni.