Quartiere Esquilino

Il Quartiere Esquilino nel 1876


Dopo la Breccia di Porta Pia e la proclamazione di Roma a Capitale d'Italia sorse presto per il Municipio il problema della realizzazione di nuove abitazioni per la popolazione della città, che sarebbe stata in continua crescita negli anni a venire. 
La Giunta Comunale del Sindaco Filippo Doria Pamphilj il 6 marzo 1871 affrontò l'argomento con una relazione che prevedeva "la costruzione di un solo quartiere abitabile cui vada affidata buona parte dei terreni rustici dentro le mura". Si trattava dunque di lasciare la città barocca così com'era ed espandere la nuova Roma, la Terza Roma, sui colli, seguendo il processo già iniziato sotto il Pontificato di Pio IX, con la costruzione della nuova Stazione Termini sul colle Esquilino, e la limitrofa lottizzazione de Mérode, espansione appoggiata anche dal Ministro Quintino Sella, che volle la costruzione del Ministero delle Finanze lungo Via XX Settembre, la strada lungo la quale si affacciava il Quirinale.
La zona prescelta fu identificata quindi nel colle Esquilino, compresa oggi nei Rioni Castro Pretorio ed Esquilino, all'epoca completamente occupato da vigne e ville, nella proposta venne incluso anche il terreno di lottizzazione di Monsignor de Mérode.
A realizzare il piano particolareggiato per il nuovo Quartiere dell'Esquilino furono gli architetti Pietro Camporese, Antonio Cipolla e l' ingegnere Alessandro Viviani.

Progetto del Quartiere Esquilino di Pietro Camporese, 1871

Il Camporese previde un'espansione della città ispirata all'urbanistica barocca, con la presenza di due tridenti. Il primo originava dal piazzale dalla Stazione Termini, con tre assi: uno portava verso Santa Maria Maggiore, l'altro verso il centro della città, l'attuale Via Cavour,  il terzo diretto verso la Via Strozzi e il Viminale. 
Sull'Esquilino si ricalcavano le strade realizzate da Sisto V: Via Merulana e Via Felice, odierna Via di Santa Croce in Gerusalemme; veniva creato un secondo tridente che originava da Piazza Vittorio Emanuele II, al centro vi era Via di Santa Croce in Gerusalemme e ai lati le nuove Vie Emanuele Filiberto e di Porta Maggiore.
Nel mezzo del quartiere sarebbe sorta un' enorme piazza pubblica, la più grande di Roma, dedicata al Re Vittorio Emanuele II.
Il 14 settembre 1871 il Consiglio Comunale approvò la proposta di giunta per il nuovo quartiere da costruirsi sull'Esquilino, della superficie complessiva di 66 ettari, progettato per alloggiare 28.000 abitanti. 
Una volta approvato il piano bisognava trovare il modo di metterlo in pratica in tempi rapidi, il sindaco Francesco Crispigni decise di effettuare l'espropriazione per pubblica utilità di tutti i terreni ricadenti nel perimetro del piano, ai sensi della legge 2359/1865. 

L'area del nuovo quartiere nella mappa del Nolli del 1748, le ville maggiori sono la Peretti Montalto, Palombara, Caetani e Altieri

Nel novembre del 1871 ai proprietari dei 22 fondi venne notificato l'avviso di esproprio, molti furono i ricorsi, che in tutti casi vennero respinti. Al Principe Massimo venivano espropriate Villa Peretti Montalto e Villa Palombara, Villa Altieri di proprietà di Monsignor de Mérode veniva in parte interessata, mentre Villa Caserta che apparteneva ai Liguorini, era completamente espropriata.
Il 25 febbraio del 1872 fu emesso il decreto di pubblica utilità che permise al Comune di Roma l'esproprio, con il termine di un anno per iniziare i lavori e ultimarli in quattro anni. 

Le tre zone di espansione dell'Esquilino 

Per iniziare subito i cantieri il grandioso piano fu diviso in tre zone di espansione, da lottizzare in diverse convenzioni urbanistiche.
Nel 1872 venne stipulato un contratto di convenzione per la I zona dell'Esquilino con un consorzio formato dalla Compagnia Commerciale Italiana, la Banca Italiana di Costruzioni e la Compagnia Fondiaria Italiana, che si fusero nel dicembre del 1872 dando vita all'Impresa dell'Esquilino.
Intanto veniva approvata la variante del piano realizzata dall'ingegnere Alessandro Viviani, che eliminava il tridente della Stazione Termini e lasciava solamente la via centrale cioè l'attuale Via Cavour.
I cantieri iniziarono nel novembre del 1872 ma andarono a rilento, e nel 1875 il Comune concedette una serie di proroghe alla data del completamento degli isolati, con l'ultima data di consegna di alcuni lotti al 1890. La crisi edilizia del 1887 toccò anche l'Impresa dell'Esquilino che pur avendo realizzato quasi l'intero quartiere della I zona, fallì nel 1890.
Per l'infrastrutturazione della II e III zona dell'Esquilino il Comune di Roma previde un'asta pubblica che venne aggiudicata dall' appaltatore Filippo Antonelli, nell'agosto del 1873, con la clausola di terminare i lavori nel 1875.

Resti delle Mura Serviane lungo Via Merulana nel 1874

Nel 1877 il Senatore Alessandro Rossi di Schio ottenne dal Municipio una concessione di 25.000 metri quadri di terreno nella II e nella III zona dell'Esquilino per realizzare piccole case economiche da affittare e con possibilità di riscatto, le case saranno realizzate nel 1888 nei nove isolati posti lungo le Vie Ferruccio, Tasso e Galilei. Nonostante le buone intenzioni, l'operazione non andò a buon fine e gli edifici vennero ceduti poi al Comune, che provvide alla loro vendita, con progressiva demolizione e ricostruzione. 
Nel 1878 il Comune di Roma affidò alla Società Veneta la costruzione di edifici lungo Via Merulana, negli isolati XXIX, XXXIV e XXXV, terminati nel 1881. 

Quartiere Esquilino nel 1882, la zona I è quasi completata, nella zona II e III sono in costruzione gli edifici di Piazza Vittorio, mentre sono completi i palazzi lungo Via Merulana e le case del Senatore Rossi

Negli anni Ottanta la costruzione dei fabbricati nella II e nella III zona procedeva a rilento, con molti lotti inedificati.
Fondamentale fu l'edificazione della Piazza Vittorio Emanuele, elemento cardine del quartiere, che avvenne con gli accordi del 1881 tra il Comune e la Marotti & Frontini e Geisser, per la realizzazione degli otto grandi isolati della piazza, progettati da Gaetano Koch, Giulio Podesti e Giovanni Riggi. 

Piazza Vittorio Emanuele II in costruzione nel 1884 

Gli edifici monumentali erano pressoché terminati nel 1886, mentre la piazza, con il nuovo parco fu inaugurata nel 1888.
Il 1883 la giunta di Leopoldo Torlonia cedette parte dell'isolato XXXVI a Filippo Annibaldi per realizzarvi edifici residenziali. Sempre nello stesso lotto l'amministrazione vendette piccoli lotti per invogliare la costruzione di edifici di minore dimensioni; altre assegnazioni furono affidate a Francesco Annibaldi e alla Compagnia Fondiaria Italiana.

Il quartiere nel 1888, durante la crisi edilizia

La crisi edilizia del 1887 bloccò completamente tutti i cantieri e cominciano presto i fallimenti delle banche: nel 1890 furono liquidate l'Impresa dell'Esquilino e la Banca Tiberina, nel 1891 la Compagnia Fondiaria Italiana. L'intero patrimonio edilizio di tutte queste banche fallite passò alla Banca d'Italia, che per gestire questi edifici creò l'Istituto Romano di Beni Stabili nel 1904. L'unica banca a resistere fu la Società Generale Immobiliare che, con una ricapitalizzazione nel 1894, manteneva un grande patrimonio immobiliare soprattutto all'Esquilino.
L'edificazione dei lotti mancanti ricominciò ai primi del Novecento, con la realizzazione del Mercato Esquilino (1902), per erbe e frutta, nei lotti XXI e XXII, l'edificazione della I Cooperativa Luzzatti (1909), lotto XVII, la costruzione del Palazzo delle Casse Postali (1912), lotto XXXII, del Palazzo della Zecca dello Stato (1911), lotto IX, e le scuole Manin e Galilei.

Il quartiere nel 1911






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